Sarah Champion, l’ex parlamentare laburista che condusse una campagna di sensibilizzazione per lo scandalo delle migliaia di bambine e ragazzine abusate sessualmente da gang islamiche su e giù per la Gran Bretagna, è di nuovo in prima pagina. La scorsa estate la donna che militava nel partito di Corbyn fu costretta alle dimissioni per volontà del suo stesso leader per essersi permessa, in un editoriale sul Sun, di sostenere che “l’Inghilterra ha un problema con i pakistani che violentano e sfruttano le ragazzine bianche”.
Bastò questo per essere bollata come una “razzista”, ma nel medesimo frangente nessuna parola fu spesa dalla classe politica per commentare il caso delle oltre 1400 ragazzine inglesi vittime di abusi sessuali, e per sedici anni tenute nascoste dalle autorità per non turbare il mito del multiculturalismo.
Sarah Champion da allora è stata costretta ad abbandonare la scena politica, ma l’attenzione su di lei non è scemata. Proprio in questi giorni Scotland Yard ha confermato che la Champion ha subito, negli ultimi mesi, numerose minacce di morte.
Just Yorkshire ha redatto un rapporto, a marzo di quest’anno, sostenendo che per colpa delle osservazioni dell’ex parlamentare, i musulmani di Rotherham “sono stati oggetto di accuse razziali”. È per questo che l’antiterrorismo inglese ha ritenuto che l’incolumità della donna è ormai al limite e le è stato consigliata “ulteriore protezione“.
Da quando nel 2014 è emerso lo scandalo di abusi sessuali, la giustizia ha iniziato a fare il suo corso mandando davanti le corti del Paese le varie gang islamiche, ma ogni cosa è andata avanti con estrema lentezza.
Tant’è vero che Sarah Champion con il suo lavoro di parlamentare aveva riaperto un capitolo della storia inglese di cui la stampa e le autorità continuavano ad occuparsi in maniera del tutto superficiale. Motivo che, tra le polemiche e le minacce di morte, ha spinto il ministro dell’Interno Sajid Javid a intraprendere nuove indagini sulle bande di pakistani che hanno distrutto città come Rotherham, Oxford, Newcastle e Manchester per oltre un decennio.
Javid, egli stesso di origini pakistane, ha chiesto, insomma, che si arrivi a saperne di più circa queste bande. Aggiungendo l’intenzione di meglio “stabilire il background, le caratteristiche e le motivazioni” dei perpetratori, compreso il modo in cui le bande si sono “formate e sostenute, e come prendono di mira i bambini”, e, soprattutto, avviare una ricerca approfondita sull’origine etnica delle bande. Per poi aggiungere, “il governo è sempre stato chiaro che lo sfruttamento sessuale dei minori non è esclusivo di una singola cultura, comunità, razza o religione, ma le sensibilità politiche o culturali non devono ostacolare e coprire gli abusi sui minori”.
Il ministro dell’Interno sembra voler scoprire perché gli uomini condannati per crimini di gruppo sono sproporzionatamente di origine pakistana, ma preferisce non fare troppo rumore. È il “modello comune di comportamento” delle gang, comunque, ad aver fatto rizzare le antenne al governo.
Intanto la politica inglese ha mostrato sostegno all’ex collega Sarah Champion per le minacce di morte. Barry Sheerman, deputato laburista di Huddersfield, ha affermato che si è trattato di una “campagna vergognosa e disgustosa contro una donna coraggiosa e straordinaria”. John Mann, un altro parlamentare laburista, ha elogiato miss Champion per “aver parlato dello scandalo di Rotherham per quello che è”. Resta curioso che sia il partito che l’ha licenziata a sostenerla.
Nel frattempo, comunque, le gang islamiche continuano ad andare a processo. L’ultima sentenza, a giugno, ha visto coinvolta l’ennesima banda islamica. In otto sono stati condannati a circa 90 anni di galera, complessivamente. Giudicati “predatori e cinici” dalla sentenza, dalle indagini è emerso che i membri della gang islamica conducevano “una sistematica e diffusa” operazione di caccia alle ragazzine.