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Ma Google ha sbagliato davvero? Quei (troppi) dubbi sulla multa del secolo

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Mettiamo per un attimo da parte i 4,3 miliardi che fanno della multa comminata a Google, la maggiore sanzione mai elevata dall’Ue a un’impresa. Nel maxi-provvedimento con il quale l’Europa ha certificato l’abuso di posizione dominante da parte del motore di ricerca, c’è qualcosa che forse vale di più. Per esempio il riposizionamento dei confini tra disciplina Antitrust e innovazione. Ovvero tra regole della concorrenza e progresso. Possono convivere pacificamente, senza pestarsi i piedi, oppure no? E chi è il vero sconfitto del caso Google, il libero mercato o le istituzioni europee? Non è tutto.

In ballo ci sono anche le relazioni Ue-Usa. Il siluro partito da Bruxelles con destinazione Mountain View non è piaciuto nemmeno un po’ al presidente americano Donald Trump, già ai ferri corti con l’Europa (ma non solo) sulla questione dei dazi, che ha accusato senza mezzi termini il Vecchio continente di approfittare degli Stati Uniti. Non poteva non parlarsene nel corso del dibattito Antitrust e innovazione, promosso e organizzato da I-Com (Istituto per la competitività), presieduto da Stefano Da Empoli.

Come noto la commissione europea contesta a Google di aver imposto ai produttori di smartphone il sistema Android e con esso la preinstallazione dell’applicazione Google Search e del browser Chrome come condizione per la concessione della licenza relativa al portale di vendita di applicazioni di Google. Non solo. L’azienda, secondo l’Ue, ha pagato alcuni grandi produttori e operatori di rete mobile affinché preinstallassero a titolo esclusivo l’applicazione Google Search sui loro dispositivi.

Va bene, ma la vera domanda è, era giusto condannare Google oppure no? E che effetti avrà il caso in questione sulla convivenza, non sempre facile, tra innovazione e regole della concorrenza? Queste le domande a cui ha provato a rispondere Carlo Stagnaro, dell’Istituto Bruno Leoni. “Il mercato viene accusato di fornire ai consumatori ciò che vogliono e i consumatori di non sapere che cosa vogliono. Il paradosso del caso Google vuole che, secondo la commissione Ue, è stato creato un mercato di app con tassi di crescita elevatissimi ma a costo zero per gli utenti. Ma questo è un non problema, come fa ad essere appunto un problema? Nella decisione dell’Europa manca la teoria del danno. C’è l’arma del delitto ma manca la vittima perché nessuno ha sporto denuncia contro Google. Insomma, dove sta il danno per gli utenti che hanno scelto Android?”, si è chiesto l’esperto.

Piuttosto scettico sul comportamento della commissione anche Roberto Magnifico, fondatore e partner di Lv Venture Group. “Io dico basta cercare di regolamentare l’irregolamentabile. Ora, Google avrà anche sbagliato qualcosa, ma perché per una volta non guardiamo la cosa dal punto di vista degli investimenti, della crescita, delle opportunità. C’è un atteggiamento che mira solo a mettere barriere. Ma mentre si mettono barriere, il resto del mondo ci asfalta”. Il messaggio dell’imprenditore è chiaro. Perdere tempo ad arginare il mare con uno scoglio, non porta da nessuna parte.

Non è mancato nemmeno il punto di vista della politica. Quello di Brando Benifei, europarlamentare dell’Alleanza progressista dei socialdemocratici europei. “Oggi l’economia delle app in Ue è un contraltare alla teoria della distruzione del lavoro da parte della tecnologia. L’economia delle app oggi dà lavoro a 2 milioni di persone. Questa economia però funziona in un certo modo e allora occorre valutare l’effetto di certe decisioni di Antitrust, su questo ecosistema”.

Sollecitato poi da Formiche.net sui possibili effetti nelle relazioni Usa-Ue,  l’europarlamentare ha preso con le molle la questione. “Certamente penso che Trump userà questa vicenda contro l’Ue, per attaccarla da un punto di vista della comunicazione. Però non so se francamente andrà oltre, come fatto sul commercio di alluminio e acciaio, perché il digitale, o in generale i big del web, come Google, non sono uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali, le questioni care a Trump sono altre. Credo che il presidente userà Google per mordere un po’ l’Europa nel suo stile, questo sì”.

La conclusione del dibattito è arrivata con il commissario Agcom, Antonio Nicita. “Google search è l’app più scaricata anche su sistemi Apple e questo dimostra che comunque gli utenti la vogliono. Si accusa un’azienda, si può fare, ma allora dobbiamo anche dire che la dominanza è legittima e al contempo c’è abuso di potere. Il caso Google ci può stare, ma potrebbe essere risolto da impegni precisi, senza arrivare all’estremo come la multa”.

 

 

 

 

 

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