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L’Ilva? Una palla avvelenata. La versione del sindacato

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“Altro che scaricabarile, questa è una vera e propria palla avvelenata”. Marco Bentivogli, leader dei metalmeccanici della Cisl, non usa mezzi termini per descrivere la spirale infernale dentro la quale è finita l’Ilva di Taranto. L’acciaieria più grande d’Europa rischia ancora una volta di finire nelle sabbie mobili della politica inattiva e dell’incertezza industriale (qui l’intervista di ieri all’ex ministro Corrado Clini, autore della prima legge sul risanamento del 2012).

C’è tanta rabbia e forse un goccio di rassegnazione tra in sindacati dell’acciaieria. “Sa cosa è questa? Una sagra del ridicolo, bella e buona. E anche una palla avvelenata. In quattordici mesi non abbiamo assisitito ad altro che rimpalli tra Ue, Antitrust, governo, Mittal, Anac. Che cosa vogliamo fare, andare anche dall’Onu o alla corte dell’Aia, ci mancano solo loro”, attacca Bentivogli, raggiunto in mattinata da Formiche.net. “Voglio dire anche un’altra cosa. Il ministro Di Maio mi sembra si stia comportando come Emiliano (Michele, governatore della Puglia, ndr), vuole distruggere tutto”.

Ma adesso che cosa succederà? La gara verrà fatta saltare? “Non lo so, il rischio concreto c’è, ma io non sono un tecnico. Dico però che le irregolarità denunciare dall’Anac non bastano secondo la normativa vigente ad annullare tutto. La decisione spetta solo all’amministrazione, cioè al ministero dello Sviluppo Economico. Il quale ieri ha detto che l’offerta di Jindal, dentro la quale c’era anche Cdp, era migliore. Ma non lo era affatto, perché il prezzo era più basso”. Una certezza per Bentivogli. “Lotteremo fino alla fine per conservate 11mila posti di lavoro”.

Non meno velenoso il commento di Rosario Rappa, leader della Fiom dentro l’acciaieria e tra le prime linee nel confronto sull’Ilva con l’ex ministro Carlo Calenda. “Sono ormai quasi due anni di psicodramma, non se ne può più. La nostra preoccupazione principale è che le risorse stanno finendo. E poi? Come lo lavoriamo l’acciaio”. Per il sindacalista c’è però un elemento positivo in questa storia industriale dai toni surreali. “Mettiamola così. Ai tempi di Calenda con Mittal non si poteva negoziare, rimanevano sulle barricate. Ora, con lo stop dell’Anac e l’ipotesi di un annullamento della gara, l’acquirente o potenziale tale dovrà modificare la sua proposta industriale. Diciamo che l’attuale situazione, paradossalmente, ha modificato in meglio il clima negoziale”.

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