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Nicaragua a ferro e fuoco. Le ultime news da una crisi che merita attenzione

Daniel Ortega

Il Nicaragua sta vivendo momenti di altissima tensione. Se da ormai diversi mesi manifestazioni pacifiche contro il governo di Daniel Ortega continuano a susseguirsi nel Paese, ieri la polizia ha condotto un’operazione per riprendere il controllo del quartiere ribelle di Monibo, a Masaya, città simbolo della resistenza al presidente. Un’operazione portata a termine attraverso aspri scontri, durati più di sette ore e sfociati in una violenza che è costata la vita, secondo una prima stima a circa tre persone e ha causato diversi feriti.

Secondo le dichiarazioni di Alvaro Leiva, dirigente dell’Associazione nicaraguense dei diritti dell’uomo, i manifestanti sono stati vittima di un “uso eccessivo della forza” da parte della polizia e delle milizie irregolari. In questo complicato puzzle si aggiunge, inoltre, un altro tassello: in settimana è stata varata la legge anti-terrorismo, proposta dal presidente Ortega, che prevede pene fino a 20 anni di carcere. La pubblicazione della legge ha sollevato diverse proteste nelle fila dell’opposizione, secondo cui si è trattato di un pacchetto di misure pensato ad oc per condannare gli autori delle proteste “pacifiche” che si stanno tenendo in queste ore nel Paese.

Dal governo del Nicaragua, però, è giunta “un’energica protesta” nei confronti dell’ufficio dell’Alto Commissariato dei diritti umani delle Nazioni Unite per i commenti fatti sulla legge. “Respingiamo energicamente questa grossolana manipolazione del diritto sovrano del Nicaragua di legiferare su temi come quello della lotta al terrorismo”. Mettendo in discussione la legge, l’Alto commissario diventerebbe dunque, per Managua “complice delle azioni che la nostra legislazione come Stato responsabile condanna e che abbiamo approvato in accordo con i trattati e gli strumenti internazionali”.

E se il Consiglio permanente dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) torna a riunirsi in sessione straordinaria per “continuare a discutere la situazione nella Repubblica del Nicaragua”, la situazione, comunque, continua a muoversi sul filo del rasoio. Anche dal mondo cattolico, d’altronde, arrivano gli appelli per una tregua e per l’inizio di un dialogo. Il nunzio apostolico del Vaticano, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag si è rivolto alla coscienza di tutti “affinché si ristabilisca il dialogo nazionale e si risolva la crisi” in cui versa il Paese a ormai tre mesi. Parlando anche a nome di papa Francesco preoccupato per quanto accade, il nunzio ha aggiunto che “logicamente non è accettabile pensare che i morti e le vittime della violenza possano risolvere la crisi politica e garantire un futuro di pace e prosperità al Nicaragua”.

Per il cardinale Leopoldo Josè Brenes Solorzano, arcivescovo di Managua, “è un momento molto difficile per il Paese. Esercitate pressioni sul governo affinché abbia rispetto per i vescovi, per i sacerdoti e per la popolazione”. E poi ha aggiunto: “La città è stata inondata da una pioggia di proiettili e assediata per mano di oltre mille tra militari e agenti di polizia”, ha dichiarato.

Agli appelli si aggiunge anche la voce italiana, attraverso la dichiarazioni di Maurizio Lupi, coordinatore nazionale di Noi con L’talia: “In Nicaragua la situazione è sempre più grave. Da ieri, come riferisce il cardinale Leopoldo Josè Brenes Solorzano, arcivescovo di Managua, la cittadina di Masaya, a 30 km dalla capitale, è assediata da oltre mille militari e agenti di polizia. Non si ha per ora notizia di morti, ma ci sarebbero numerosi feriti. Faccio mio l’appello del cardinal Brenes e invito il ministro degli Esteri ha prendere iniziativa in tale senso”.

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