Il ministro degli Esteri estone, Sven Mikser, ha confermato oggi l’esistenza di un fronte interno europeo che sta giocando le proprie carte per bloccare i lavori del Nord Stream 2: “Questa è la leva con cui la Russia vuole interferire nella politica europea”, ha detto al tedesco Die Welt. L’Estonia non è sola: alla fine dello scorso anno, per esempio, la Danimarca ha approvato una legislazione che potrebbe bloccare il progetto in costruzione nelle sue acque costiere a causa di problemi di sicurezza.
E con gli stati baltici, di cui l’estone Mikser s’è fatto portavoce aggiungendo che è nell’interesse dell’Europa fermare il progetto”, c’è anche il gruppo di Visegard (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria) oltre che l’Ucraina. Un blocco europeo che trova sponda di là dell’Atlantico, a Washington.
Oggi il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, voce diretta di Vladimir Putin, è dovuto intervenire personalmente su un aspetto tecnico della questione, dicendo alla Tass che eventuali sanzioni contro il gasdotto Nord Stream 2 sarebbero “illegali”, sottolineandone la motivazione profonda: secondo il Cremlino, infatti, il Nord Stream “è un progetto commerciale internazionale privo di fini politici”.
Il Nord Stream 2 è il gasdotto con cui la Gazprom, la statale russa del gas, dovrebbe portare il bene in Europa sfruttando la rotta settentrionale che passa per il Baltico e scende per la Germania (attualmente il progetto sta aspettando i permessi di transito tra le acque della Scandinavia). Si tratta di un’infrastruttura fortemente criticata anche dagli Stati Uniti, che un paio di mesi fa avevano apertamente parlato, attraverso il dipartimento di Stato, della possibilità di punire con misure sanzionatorie secondarie le ditte europee che vi avrebbero collaborato.
Gazprom possiede attualmente il 100 per cento di Nord Stream 2, dopo che l’Antitrust polacca aveva già imposto agli alleati europei nel 2016 un passo a lato: da quel momento le aziende tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie, l’olandese Royal Dutch Shell e l’austriaca Omv sono rimaste finanziatrici, ma non più socie.
Gli Stati Uniti da diverso tempo osteggiano il progetto di raddoppiamento delle linee di flusso del gas naturale russo seguendo la rotta tedesca, che dovrebbe garantire il passaggio di 55 miliardi di metri cubi in Germania. I motivi dell’ostruzionismo sono vari: innanzitutto temono che, aggirando la traiettoria ucraina, Mosca possa tagliare fuori Kiev dagli introiti economici derivanti dalle concessioni di passaggio, e soprattutto indebolirla dal punto di vista geopolitica; questione nevralgica con un conflitto ancora aperto nella regione orientale e dopo l’annessione della Crimea, sollevata all’unisono anche dal blocco degli stati europei dell’Est.
Poi pensano che il Nord Stream 2 sia una via di penetrazione russa in Ue, come detto da Mikser, che costituirebbe un vincolo, un ulteriore consolidamento di un legame fisico di dipendenza che potrebbe minare la sicurezza energetica dell’Europa; e infine considerano l’aspetto economico: era stato proprio Donald Trump a proporre alla tedesca Angela Merkel di uscire dal progetto filo-russo e iniziare a comprare dagli Stati Uniti il gas naturale estratto dagli shale che le navi americane potrebbero trasportare in Germania in forma liquefatta.
Incontrando Putin a Sochi a maggio, la cancelliera Merkel aveva assicurato che il progetto sarebbe andato avanti nonostante le pressioni europee e le minacce di sanzioni da parte americana. Venerdì, dal potentissimo ministero dell’Economia del governo tedesco, hanno fatto sapere di aver ricevuto rassicurazioni sul fatto che le aziende europee sarebbero comunque salvata dalle misure contro la Russia.
Ieri, Paul Corcoran, il Cfo di Nord Stream 2, in un’intervista al tedesco Welt am Sonntag, ha detto che Gazprom sarà comunque in grado di finanziare il progetto del gasdotto Nord Stream 2, anche se le sanzioni statunitensi dovessero essere imposte ai partner europei (Corcoran ha detto anche, quasi ironico, che le sanzioni contro la Russia potrebbero pure portare a maggiori opzioni di finanziamento per Nord Stream ,perché hanno contribuito ad aumentare le riserve valutarie di Mosca).
La questione del Nord Stream è una big-picture sui dossier di contatto tra Stati Uniti e Russia, perché corrisponde a un terreno di confronto commerciale, oltre che politico, tra i due Paesi; e allo stesso tempo pesa anche sulle relazioni tra Washington e Bruxelles, rese tese dall’applicazione dei dazi su acciaio e alluminio, sulla scadenza data dagli americani sull’Iran (entro il 4 novembre gli Usa vogliono gli alleati fuori dal business energetico con Teheran), e in generale arriva in un momento di scontro tra i partner storici dell’intesa transatlantica, con Berlino oggetto sovente di attacchi americani, e Washington che trova terreno per le proprie istanze tra i paesi europei che sentono più vicina la presenza russa.