“L’incontro tra Trump e Putin è una bella notizia, ma la prossima volta bisogna coinvolgere l’Europa”. Così Giovanni Castellaneta, diplomatico, attuale segretario generale dell’Iniziativa adriatico-ionica (Iai), presidente di doBank e ambasciatore d’Italia a Washington dal 2005 al 2009, commenta l’attesissimo bilaterale tra i due presidenti svoltosi oggi nel Palazzo presidenziale di una Helsinki bollente, dove il termometro segnava 30 gradi come mai da dieci anni a questa parte. Prima del meeting, il solito show via Twitter di Trump, questa volta diretto contro la “follia e stupidità degli Stati Uniti” e la “caccia alle streghe” delle precedenti amministrazioni, colpevoli per il pessimo stato dei rapporti tra Washington e Mosca. “Ma ora è tutto cambiato – chiosava poi il tycoon nella conferenza stampa post-meeting – perché quattro ore fa ci siamo incontrati”.
Tanti i dossier affrontati: la Siria, il disarmo nucleare, le interferenze russe nelle elezioni americane – “nessuna interferenza russa sul voto Usa” ha scandito più volte il capo del Cremlino in conferenza stampa – e l’accordo con l’Iran sul nucleare, il tutto in un clima di rispetto e cordialità tra due leader che non hanno mai nascosto la loro stima reciproca.
Ambasciatore Castellaneta, gli osservatori si aspettavano, e alcuni anche temevano, un’ampia convergenza tra i due leader. I toni in effetti sono stati molto concilianti, da entrambe le parti. Qual è la sua impressione?
Mi sono sembrati due leader coscienti delle proprie forze e delle proprie responsabilità. Credo inoltre che entrambi condividano la percezione che tale responsabilità debba essere condivisa in un mondo che non è più bipolare ma piuttosto multipolare, a causa dell’ascesa di altri attori, in primis la Cina ma anche l’Ue. Per questo penso che, per essere duraturi, i risultati di questo incontro vadano condivisi.
Uno dei temi caldi affrontati è stato quello della Siria. Putin ha parlato di possibile “leadership proattiva” delle due potenze nella crisi e ha ribadito che “solo con la cooperazione si può raggiungere un successo”. Da parte sua Trump, così come Israele, vuole prima di tutto l’Iran fuori dalla Siria. Su questo punto riusciranno a trovare un accordo?
Sicuramente la Russia ha un ruolo importante da svolgere in Siria, ma anche lì serve il ruolo dell’Occidente, lasciare la Russia sola a fare il broker sarebbe un errore imperdonabile, così come quello di tagliare fuori l’Europa in un momento nel quale è impegnata a tenere in vita l’accordo sul nucleare.
La questione non è tanto il rapporto di Usa e Israele con l’Iran, quanto piuttosto il rapporto di questo con l’intero mondo occidentale. Si deve creare un tavolo negoziale in cui tutti i problemi della regione vengono trattati, sicurezza di Israele compresa. In ogni caso un ritiro degli Usa dalla Siria sarebbe deleterio, non bisogna delegare in nessun modo la gestione della crisi, sarebbe un passo indietro rispetto a quanto fatto sinora.
Rimanendo nell’ambito dello spazio di cooperazione tra Washington e Mosca, sia prima sia durante il summit Trump ha citato il tema della non proliferazione e del disarmo nucleare, dove in ballo c’è il trattato New Start, in scadenza nel 2021, che mette al bando i missili a gittata intermedia. Putin da parte sua ha affermato che “i negoziati di oggi sono stati cruciali per frenare la proliferazione delle armi nucleari”, si aspetta dei progressi in merito?
Su questo tema sì, Trump è cosciente di essere, insieme a Putin, detentore di una grande capacità nucleare, il problema è che il discorso non può fermarsi qui. Occorre affrontare anche il tema delle armi a più bassa intensità. Sarebbe riduttivo pensare che parlare dei missili e delle testate nucleari possa bastare nell’attuale ambiente di sicurezza, dove le minacce sono in larga parte non-nucleari, e toccano l’ambiente, il commercio, l’universo cyber e il digitale.
Impossibile non chiederle del tema delle interferenze russe sulle elezioni Usa. Putin, come prevedibile, ha negato tutto. Trump ha detto che nel colloquio se ne è parlato molto e che “Putin ha molto a cuore l’argomento”, negando per l’ennesima volta qualsiasi ipotesi di collusione tra Mosca e la sua campagna elettorale. Tutto come previsto?
L’obiettivo di Trump è chiaramente quello di difendersi dalle accuse di collusione, non solo per motivi giudiziari ma anche politici, per avere mani libere e riprendere il rapporto con la Russia, sinora frenato dalle accuse che potevano essere ritorte contro di lui. Per lo stesso motivo sul piano interno accusa gli apparati giudiziari e amministrativi di voler delegittimare la sua vittoria contro la Clinton per indebolirlo. Non penso comunque che su questo fronte ci saranno novità a breve, a meno che non spuntino prove incontrovertibili contro di lui a livello giudiziario.
Per concludere, Trump è stato eletto con la promessa di marcare una nota decisiva di discontinuità nei rapporti con Mosca. Il summit di oggi è un passo verso questa direzione?
Penso di sì, ma tengo a ribadire che il confronto tra Usa e Russia senza coinvolgere l’Unione europea è destinato a indebolire gli stessi Stati Uniti. Il bilaterale di oggi non deve essere un incontro nostalgico del mondo bipolare tra Usa e Urss. Ovviamente spetta anche all’Ue prodigarsi per influire di più sulle dinamiche internazionali. Paghiamo ancora una divisione politica ed economica, alcuni Paesi vedono nella Russia nient’altro che un nemico, altri invece un’opportunità economica: manca, anche nel rapporto con Mosca, una strategia coerente.