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Caro Salvini, perché l’emergenza razzismo esiste

La morte del marocchino ad Aprilia, in provincia di Latina, inseguito nella notte e pestato da due italiani ora accusati di omicidio preterintenzionale, sembra avere delle assonanze con i gravissimi fatti di Macerata dove all’inizio di febbraio Luca Traini sparò e ferì sei nigeriani dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro. Fu una reazione pianificata, chiaramente razzista, che aprì un infinito dibattito nel quale la condanna non era unanime e c’era spesso un preoccupante “ma”: “Non si può agire così, ma non se ne può più…” era il concetto. Nel caso di Aprilia saranno le indagini dei Carabinieri a ricostruire i fatti e a verificare, per esempio, se è vero che nella zona c’erano delle ronde di cittadini, così come sarà l’autopsia a stabilire se quel marocchino è morto perché la sua auto è uscita fuori strada o in seguito all’aggressione. È vero che i cittadini di Aprilia hanno chiamato ripetutamente il 112 per segnalare l’auto, è altrettanto vero però che non si sono limitati ad aspettare la pattuglia, ma hanno inseguito il potenziale ladro e le immagini di alcune videocamere dimostrerebbero i fatti.

Ogni giorno ce n’è una. Daisy Osakue, campionessa nel getto del peso, nata a Torino da genitori nigeriani, è stata colpita a un occhio da un uovo lanciato da un’auto a Moncalieri e dovrà essere operata per la rimozione di un frammento del guscio. Lei, che sta preparando i campionati europei di atletica con la nazionale italiana, sostiene che si tratti di razzismo, i Carabinieri hanno dei dubbi. Nei giorni scorsi tutta la stampa si è occupata dei sempre più frequenti casi di immigrati feriti da armi ad aria compressa o aggrediti come il senegalese picchiato mentre lavorava in un bar di Partinico, nel Palermitano. Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto con decisione dopo il ferimento di una bambina rom: “L’Italia non può somigliare a un Far West dove un tale compra un fucile e spara dal balcone ferendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione”. Episodi di varia gravità avvengono dappertutto quasi ogni giorno e non sempre hanno la ribalta nazionale. Uno, per esempio, è avvenuto nel Teramano dove un senegalese regolare che vive e lavora a Roseto degli Abruzzi, sposato con un’italiana e padre di una figlia, è andato alla Asl per chiedere informazioni e un impiegato gli avrebbe detto: “Vattene, questo non è l’ufficio del veterinario”. Se ne stanno occupando i Carabinieri.

In questa complessa situazione la reazione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, forse è stata incompleta. “Aggredire e picchiare è un reato, a prescindere dal colore della pelle di chi lo compie, e come tale va punito. Ma accusare di razzismo tutti gli italiani e il governo in seguito ad alcuni limitati episodi è una follia”, ha detto Salvini aggiungendo che “i reati commessi ogni giorno in Italia da immigrati sono circa 700, quasi un terzo del totale, e questo è l’unico vero allarme reale contro cui da ministro sto combattendo”. E che ogni aggressione vada punita lo ha ripetuto a proposito della Osakue, augurandosi di incontrarla e di vederla gareggiare presto. Il punto non è accusare o meno gli italiani di essere razzisti, il punto è che gli episodi sono tutt’altro che limitati, che avvengono ormai ogni giorno e molti restano relegati nelle pagine di cronaca locale. Salvini, che a sostegno della propria tesi ha ricordato i 95 immigrati arrestati e i 414 denunciati dalla Polizia negli ultimi tre giorni, avrebbe dovuto fare un passo in più: va benissimo, e ci mancherebbe, garantire che va punito chiunque commetta un reato, ma, anziché deviare il discorso su quanti ne commettono gli immigrati, avrebbe potuto fare un appello pubblico e chiaro perché la si smetta di agire così, che si denunci l’immigrato che viola la legge, che si segnalino tutte le situazioni oscure, ma che non è accettabile aggredire chi sta lavorando solo perché è di colore e che la giustizia “fai da te” non è giustizia. Il ministro lo dica chiaramente perché considerare “limitati” questi episodi rischia di fargli perdere il controllo della situazione con conseguenze imprevedibili.

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