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Caro Salvini, l’immigrazione richiede risposte non occasionali

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Le imbarcazioni di richiedenti asilo continuano ad inabissarsi al largo del Mediterraneo, l’ennesima appena tre giorni fa: 114 persone sono state inghiottite dal mare. Mentre Salvini dichiara, afferma, fa comizi ogni giorno i disperati muoiono, con sconcertante assuefazione di milioni di italiani, tra cui tantissimi leghisti che non desiderano altro che essere lasciati in pace nei loro confortevoli rifugi, non pagare le tasse, reclamando con prepotenza l’autonomia fiscale e finanziaria delle regioni del nord: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, non condividere pezzi di territorio con lo “straniero”, come racconta il filosofo Bauman.

Nei confronti di un pianeta che allarga sempre più i suoi confini il leghista Salvini propone di circoscrivere al massimo i limiti territoriali, riconoscendosi nella indefinita e ignota “padania”. Con determinazione e aggressività, immagina così di affermare i suoi disegni, ma la politica non è alzare la voce o imporre, è compiere atti concreti per diffondere il bene comune. Il leghista sino ad oggi non ne ha realizzato neppure uno. Non ha ancora capito che questo tempo si sta ponendo all’attenzione dell’umanità per indifferenza e ipocrisia, soprattutto nella nostra Europa. Il Vecchio continente si avvia inesorabilmente verso il declino e l’irrilevanza. I morti che quasi ogni giorno si contano nel mare di Sicilia, sulle coste italiane e straniere sono il prodotto di un bieco cinismo, di un consapevole egoismo nazionalistico, che oggi alcuni chiamano stupidamente sovranismo, altri populismo. Conseguenza diretta della “globalizzazione”, che ancora in tanti si affannano a difenderla e a ritenerla la buona novella, perché donerà all’intera umanità benessere e prosperità. Una ricetta ritenuta miracolosa fino a qualche anno fa, ma che oggi sta mostrando i molteplici segni del fallimento. Esiste una “globalizzazione” che ha regalato vantaggi infiniti a pochi, un’altra iniqua, che ha condannato i meno fortunati all’impoverimento, alla sofferenza, alla miseria, all’emarginazione tanto da far accrescere sempre più l’umanità disperata, dello scarto.

Il pianeta sta diventando ricco di tanti sud e scarso di nord. Se non si creerà riequilibrio, se non si accorceranno le distanze tra questi estremi si continueranno a contare i morti alla frontiera tra disperazione e benessere, come oggi accade nelle acque del Mediterraneo. Paure, timori, ingiustizie, persecuzioni per la deprecabile condizione vissuta nei luoghi di provenienza sono tali che per raggiungere paesi più fortunati si è disposti anche a mettere a repentaglio l’unico bene prezioso posseduto: la vita. E allora non sono solo più gli atti disumani, i naufragi periodici che si verificano nel nostro Mediterraneo e che gonfiano di tristezza e tormento le coscienze, a sollecitare la sensibilità e l’azione degli uomini di governo dei vari paesi del benessere, ma la triste esistenza di tanta umanità che chiede adeguate risposte, non occasionali. La mondializzazione non è affare riservato ai poteri economici e finanziari per l’affermazione del Capitalismo, occorre globalizzare la povertà, il bisogno, le esigenze della gente meno fortunata.

Il pianeta, dominato dal circuito triangolare capitale, ricerca, tecnica vive una fase che porta benefici enormi a pochi, abbandonando i più deboli. Bisogna includere tutti. È oggi il “problema” del mondo. Salvini deve riconoscerlo. Non può, per mere ragioni egoistiche elettorali aggredire o alzare la voce, rendendo ancora più incandescenti situazioni ingovernabili nello scacchiere internazionale. Il capo leghista deve convincersi che da soli i governi nazionali, ancor più quelli locali, non possono farcela, è necessario che un organismo politico sovranazionale riconosciuto e legittimato guidi le popolazioni del pianeta nello spinoso e doloroso problema dei flussi migratori, perché le disuguaglianze, le disparità siano ridotte al minimo. La caduta del muro ha fatto saltare il vecchio equilibrio, rafforzando il capitalismo, che oggi spadroneggia in maniera selvaggia, al punto che il sistema della “globalizzazione”, invadendo i mercati con tutti gli strumenti a disposizione sta realizzando profitti enormi, assicurando benessere e sviluppo a pochi, senza farsi scrupolo di calpestare i diritti dei più deboli. Da qui bisogna partire per mettere pace e rendere giustizia a tutti coloro che soffrono per le condizioni di malessere che sono costretti ad affrontare.

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