Giorni da eroe druido per il vicepresidente del Consiglio Salvini! Digrignamento di denti sulle navi delle ong, direzione politica (di fatto) del governo gialloverde – da ora, parrebbe, gialloblu -, produzione industriale di tweet che Trump, fulgido esempio di twittatore “late comer”, se la sogna, apoteosi di Pontida, esondazioni in tutti i tg, talk show e condiscendenti pulpiti televisivi dalla squisita sensibilità “band wagoning” e, inoltre: fiere, mercati, battesimi, comunioni,funerali, feste comandate, Palio di Siena compreso, persino qualche gridolino on line per salutare il successo delle ragazze italiane di colore ai giochi del Mediterraneo e sondaggi elettorali alle stelle.
Non quelle di Di Maio, perché non ai pentastellati, ma alla Lega, infatti, andrebbe il gradimento assoluto degli italiani. Se non fosse irrimediabilmente padano diremmo che sicuramente è lui “er mejo fico der bigonzo”. Ma, con l’aspirazione ormai sovranazionale che ha messo in mostra nel teatro di Pontida, candidandosi a leader della nuova onda populista europea, un po’ di romanesco lo potrà pure accettare! Naturalmente le analisi antropologiche, politologiche, condite con un po’ di sociologia e psicologia pret a porter, ci stanno tutte. E per un momento le lasciamo ai dotti commentatori.
Più modestamente ci domandiamo: ma davvero potrà durare il trentennio promesso alla folla di Pontida? La politica del tempo odierno è un arco breve, poco più di un baluginamento in sintonia col ritmo fulmineo del messaggio sullo smartphone. Che non a caso è diventato lo strumento principe della comunicazione di chi agisce sulla scena pubblica. Siamo alla terza fase della comunicazione politica: dopo la lunga stagione della carta stampata e delle fonti istituzionali, il tempo di mezzo della televisione, che diede accesso, da Berlusconi in poi, alla rivoluzione del marketing commerciale travasato pie’ pari in politica, oggi è il tempo dell’on line. Virale ma fugace. La Rete convive in simbiosi organica con la tv, quando questa non la contraddice: insieme diventano armi di persuasione insuperabili. Ma fragili, com’è fragile uno spot pubblicitario.
È finita per sempre la stagione dei grandi partiti che non avevano al vertice un “capo assoluto” ma un gruppo dirigente intercambiabile e fortemente insediato nel territorio, garantendo così una tenuta elettorale che poteva prescindere dal carisma del conducator. Oggi è la durata stessa dei partiti ad essere breve. Dalla caduta della Prima Repubblica non meno di 70 sigle si sono avvicendate in Parlamento, durando come i loro capi: lo spazio di qualche mattino. E non devo aprire il catalogo degli esempi che ognuno può pescare nella sua anche recente memoria. Insomma: il Salvini style sembra inventato per fare campagne elettorali che, si sa, hanno un loro tempo definito. Sul governo di durata avrei dei dubbi. Scommettere sul voto nella prossima primavera non mi sembrerebbe, allora, un grande azzardo. Come diceva il Maestro: a pensar male si farà pure peccato ma qualche volta si indovina. Era Tex Willer, autore Bonelli.