Chissà se in questi giorni Matteo Salvini si sta ponendo una domanda: voglio vincere o stravincere? Fino al Consiglio europeo dei giorni scorsi le scelte e le dichiarazioni sull’immigrazione del ministro dell’Interno, che è anche vicepresidente del Consiglio, hanno monopolizzato il dibattito italiano e influito su quello europeo. In casa nostra almeno una volta al giorno aveva spaziato anche su altri temi: dai 10 vaccini inutili e dannosi alle forze dell’ordine davanti alle scuole in funzione antidroga, dalla necessità di rivedere le scorte al condono per le cartelle esattoriali sotto i 100mila euro. Poi aveva preso fiato.
Da un lato aveva messo in seria difficoltà il Movimento 5 stelle e Luigi Di Maio, costretto a rincorrerlo con proposte tipo il “decreto dignità”, un misto di interventi sui contratti a tempo determinato e di norme contro le scommesse sportive su cui non ci sono ancora le coperture finanziarie; dall’altro aveva ricevuto una doccia fredda dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, secondo il quale solo con il contrasto all’illegalità sarà possibile recuperare risorse per abbassare la pressione fiscale. Addio flat tax. Nonostante questo, i sondaggi dimostrano un successo enorme: il sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera il 30 giugno certifica una Lega al 31,3 per cento che supera il M5s al 29,5, l’ulteriore calo di Forza Italia all’8,3 e un quasi dimezzamento di Fratelli d’Italia rispetto al 4 marzo, oggi al 2,3.
Dunque, da oggi all’autunno Salvini dovrà forse prendere decisioni fondamentali per il suo futuro. Tutti sanno che la Legge di bilancio sarà un punto di svolta: i soldi sono pochi e innanzitutto dovranno servire a evitare l’aumento dell’Iva da gennaio, quindi i margini di manovra per Lega e M5s sono minimi. Tria sente sul collo il fiato di Mario Draghi (ottimo amico di Giancarlo Giorgetti) che lancia continui avvertimenti perché non si aumenti il debito pubblico. I limiti di spesa, poi, si sposano con i veri ostacoli sul fronte dell’immigrazione emersi in tutta chiarezza dal Consiglio europeo: se finora Salvini ha goduto di un largo consenso sia per la fermezza, qualche volta eccessiva, con cui ha affrontato il tema, sia per aver aperto una franca discussione a Bruxelles, le conclusioni lasciano in mano all’Italia un cerino che pare un incendio.
Quando l’elettorato leghista realizzerà che non possiamo mandare in Europa i richiedenti asilo né rimandare in Africa quelli che stanno già qui, forse comincerà a innervosirsi: alla violazione degli accordi sulle ricollocazioni si sono aggiunte conclusioni ancor più punitive, mentre i Paesi africani continueranno a non riconoscere (gratis) come propri connazionali tanti immigrati presenti in Italia. Non a caso Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni cominciano a fare le pulci a Salvini, anche se finora i sondaggi danno loro torto.
A questa complicata situazione si aggiunge un problema di fondo: una democrazia solida si fonda su pesi e contrappesi, c’è chi governa e chi fa opposizione. Oggi l’opposizione non c’è, Paolo Gentiloni ha annunciato di voler lavorare a favore di un’“alleanza per l’alternativa” e ha criticato bonariamente Carlo Calenda che punta a un “movimento repubblicano”. Il caos è discreto, anche se il Pd secondo quel sondaggio riesce a crescere di qualche briciola rispetto a marzo, ma se l’Italia non recupererà un’opposizione solida di centrosinistra sarà una democrazia molto debole.
Alle difficoltà della sinistra si uniscono quelle del Movimento 5 stelle, nel quale riaffiorano le linee anti Di Maio: Beppe Grillo lancia l’elezione diretta dei parlamentari, che è come buttarla in caciara e rimpiangere i bei tempi dell’opposizione, mentre il presidente della Camera, Roberto Fico, ufficializza la linea che nella maggioranza di governo si oppone a Salvini sostenendo sostenendo che i porti non vanno chiusi alle ong.
Tornando alla domanda iniziale, se Salvini volesse soltanto vincere gli converrebbero le elezioni anticipate nella primavera prossima puntando magari a una coalizione di centrodestra destinata a trasformarsi in un partito conservatore di cui sarebbe il leader. Se invece pensasse di stravincere, convincendosi di ottenere risultati veri sul fronte dell’immigrazione e di dimostrare al suo elettorato di esserne capace, rischierebbe brutte sorprese.