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Trump ricompatta intelligence e mondo della sicurezza Usa. Contro di lui

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Tutti contro Trump, almeno negli Stati Uniti. I servizi segreti, le forze di contrasto al crimine, nonché politici e commentatori bipartisan, non hanno visto di buon occhio le generose aperture che il Presidente Usa ha fatto al suo omologo russo Vladimir Putin durante il loro incontro bilaterale di ieri a Helsinki. E non hanno mancato di segnalarlo, anche con toni duri, soprattutto per quanto riguarda una possibile collaborazione sul delicato Russiagate.

LA POSSIBILE COLLABORAZIONE

Dopo il meeting, Putin si era detto disposto a collaborare con gli Stati Uniti nell’inchiesta sulle ingerenze russe nelle elezioni americane del 2016. “Se Mueller (il procuratore speciale che guida l’indagine) ci invierà le richieste per interrogare i sospetti, la Russia li interrogherà”, aveva sottolineato il capo del Cremlino, negando ogni accusa ma invitando i funzionari americani ad andare in Russia per collaborare con le autorità del Paese sulla questione. “Ci sono state accuse che non hanno un fondo di verità, dobbiamo farci guidare dai fatti non dalle speculazioni”, ha rimarcato, aggiungendo che “analizzerà la situazione” sulla possibilità di estradizione delle 12 spie accusate di interferenze nelle presidenziali.
Proprio domenica Dan Coats, il potente capo della National Intelligence, l’organismo che coordina le 16 diverse agenzie che compongono l’intelligence community americana, aveva lanciato un allarme definendo i cyber attacchi di Mosca come una minaccia da “allarme rosso”, una situazione paragonata ai mesi precedenti all’11 settembre.

Le parole dell’altissimo funzionario non hanno però fatto presa su Trump, che alla domanda di un giornalista (“Lei crede a Putin o all’intelligence statunitense?”), Trump ha risposto: “Ho grande fiducia nella mia intelligence”, ma Putin “è stato estremamente deciso e potente nel negare” l’ingerenza russa. “Ho fiducia in entrambe le parti”.

LE REAZIONI

Frasi che hanno scioccato l’opinione pubblica e l’establishment americani. Per comprendere quanto alto sia il malumore nei confronti della Casa Bianca dopo queste dichiarazioni basta dare un’occhiata alle tante dichiarazioni critiche rilasciate in queste ore oltreatlantico.
Una delle più costruttive è senz’altro quella di Chris Painter, ex responsabile della cyber diplomacy americana (un incarico che l’ex segretario di Stato Rex Tillerson ha eliminato poco dopo il suo insediamento). “Putin”, ha twittato, “evoca il trattato di assistenza giudiziaria reciproca (Mutual legal assistance treaty) tra Stati Uniti e Russia e suggerisce a Mueller (il procuratore generale che conduce l’inchiesta sul Russiagate, ndr) di usarlo per chiedere di indagare e interrogare i testimoni (la Russia può interrogare la parte statunitense). La mia esperienza con la MLA e la Russia sul cyber non è stata così positiva”. Inoltre, in nessun modo sarebbe possibile investigare su “atti sponsorizzati dallo Stato”.

LO SDEGNO DELLA STAMPA

Molto più severi gli altri. Già durante il resoconto congiunto dei due leader, uno dei volti più noti dell’autorevole Cnn, Anderson Cooper, ha commentato la conferenza stampa definendola “una delle più vergognose performance di un presidente americano in un vertice di fronte a un leader russo”. Parole forti e assolutamente non consuete per l’emittente all news. E anche l’anchor di Fox Abby Huntsman, che oltre a lavorare per la tv di orientamento repubblicano è anche figlia dell’ambasciatore Usa a Mosca, Jon Huntsman, ha detto che non “c’è negoziato per cui valga la pena bistrattare la tua gente e la tua nazione”.
Per l’editorial board del Washington Post, Trump “ha colluso apertamente con il leader criminale di una potenza ostile”. Mentre il New York Daily News, in copertina, ha messo un’immagine in cui il Presidente Usa è mano nella mano con Putin mentre spara allo Zio Sam, uno dei simboli degli Stati Uniti.

POLITICA E INTELLIGENCE

A spingere in molti ad apostrofare Trump addirittura come un “traditore” c’è soprattutto il fatto di aver dato di fronte a un capo di Stato straniero (e per molti ostile) l’idea di un’America disunita e di una Casa Bianca che, almeno stando alle dichiarazioni pubbliche, crede tanto alla sua intelligence quanto a Putin.

Il deputato dem membro della commissione Giustizia della Camera, Eric Swalwell, sostiene che si dovrebbe “fare il possibile perché Trump venga inchiodato alle sue responsabilità.

Anche il repubblicano Paul Ryan, speaker della Camera, ha negato che la Russia sia un alleato degli Stati Uniti, dicendo che “non vi siano dubbi sul fatto che Mosca abbia interferito e che continui a minacciare le democrazie del mondo”. E altre critiche similari si sono sollevate dal leader della maggioranza in Senato, il repubblicano Mitch McConnell, da un personaggio simbolo come il senatore John McCain e, persino, da un forte sostenitore del presidente Usa, Newt Gingrich.

Le valutazioni più severe sono giunte, però, da due ex di peso, entrambi in pessime relazioni con la Casa Bianca.
L’ex numero uno dell’Fbi, James Comey, rimosso da Trump proprio con l’accusa di remargli contro nel dossier sulla Russia, ha affermato che il Presidente Usa si sarebbe schierato con un ”criminale bugiardo rifiutandosi di schierarsi con il suo Paese” e, per questo, “i patrioti devono farsi avanti e respingere il comportamento” della White House.

Il già direttore della Cia, John Brennan, ha invece accusato Trump di “tradimento” (non solo perché i suoi commenti sono stati “imbecilli” ma anche perché Putin “lo tiene in tasca”).

LE CRITICHE IN EUROPA

I rilievi sull’operato di Trump, tuttavia, non sono solo un tema a stelle e strisce. All’indomani del vertice di Helsinki, scrive il Washington Post, alcuni leader europei iniziano a preoccuparsi di non poter più fare affidamento sul sostegno di Washington per contrastare Mosca. Non è sfuggito, infatti, che il Presidente americano non abbia fatto alcun cenno alla crisi ucraina, di cui pure si era tornati a discutere pochi giorni prima a Bruxelles nel summit Nato (così come non è passato inosservato che prima dell’incontro con Putin il Presidente Usa abbia definito l’Europa “un nemico”).

Tra i più critici c’è naturalmente la Germania, Paese con il quale la Casa Bianca è ai ferri corti da tempo soprattutto su dossier commerciali. “Bisognerà rivalutare il nostro rapporto con gli Stati Uniti. Possiamo farlo solo in un’Europa fiduciosa e sovrana”, ha evidenziato il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas.​


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