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Affari in Cina. La missione di Tria e il precedente di Padoan nel 2014

Secondo giorno per la missione cinese di Giovanni Tria. Il ministro dell’Economia, accompagnato dal sottosegretario Michele Geraci e da una folta delegazione di imprenditori e banchieri, fra cui il vicedirettore generale della Banca d’Italia Fabio Panetta, l’ad di Cassa Depositi e Prestiti Fabrizio Palermo e l’ad di Snam Marco Alverà, incontrerà oggi a Pechino il suo omologo Liu Kun e il governatore della People Bank of China, la banca centrale cinese, Yi Gang. Appena messo piede in Cina, Paese dove ha a lungo insegnato e che conosce bene, Tria ha rassicurato in un’intervista a China Radio International: l’Italia non è in cerca di acquirenti del suo debito pubblico, perché “in questo momento non abbiamo questo problema”. Ospite a una cena all’ambasciata italiana a Pechino il numero uno di via XX settembre si è mostrato ottimista sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, e sulle chances di un abbassamento dello spread nelle prossime settimane. Quel che davvero chiedono gli investitori stranieri, ha aggiunto, sono anzitutto “regole certe”.

LE PREMESSE

La visita di Tria arriva in un momento non proprio roseo per l’economia italiana. Si avvicinano le scadenze della nota di aggiornamento al Def e della legge di bilancio, due rimasti assenti dal dibattito pubblico quest’estate. Il Belpaese è peraltro in attesa del giudizio delle agenzie di rating sull’economia italiana. Moody’s ha rimandato l’esame all’indomani della revisione del Def, vuole avere chiaro il quadro delle riforme, soprattutto quelle fiscali. Il verdetto di Fitch, che attualmente per l’Italia ha un BBB con outlook stabile, è invece previsto per il 31 agosto, quando Tria sarà a Shanghai. D’altra parte però Tria sa di avere dalla sua una storia consolidata di rapporti commerciali e finanziari fra Roma e Pechino. Solo nel 2017 l’interscambio è balzato a quota 49 miliardi di dollari, di pari passo con una riduzione del deficit italiano verso il Dragone fino a 8,8 miliardi di dollari.

L’ENTUSIASMO

Le aspettative del governo gialloblu per la missione del Mef sono entusiastiche. Lo dimostrano le parole del sottosegretario Geraci, che su facebook ha scritto: “È giunto il momento per l’Italia di cavalcare l’onda cinese, invece che lasciarci travolgere da essa”. Geraci è profondo conoscitore della Cina, dove ha vissuto e insegnato per diversi anni, ed è coordinatore della task force del Mise messa in piedi da Luigi Di Maio con l’obiettivo di “potenziare i rapporti fra Cina e Italia in materia di commercio, finanza, investimenti e R&D e cooperazione in Paesi terzi, facendo sì che l’Italia possa posizionarsi come partner privilegiato e leader in Europa in progetti strategici quali la Belt and Road Initiative e Made in China 2025”.

UN PRIMO BILANCIO

Il primo giorno di Tria a Pechino si è aperto con la firma di un memorandum d’intesa fra Cdp e Intesa San Paolo per rafforzare il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane in Cina e delle imprese con sede in Cina controllate da realtà italiane. Fra le altre cose, il protocollo punta a facilitare l’accesso al credito delle imprese italiane in Cina e, per quelle clienti di Intesa San Paolo, a promuovere i servizi offerti da Sace-Simest, il polo unico dell’export di Cdp. Una parte importante della missione italiana è stata dedicata al settore della green energy. La sera, presso l’ambasciata italiana, l’ad di Snam Alverà e il presidente di SGDI Hu Yuhai hanno firmato un memorandum per “la realizzazione di impianti di biogas e biometano finalizzati alla produzione di elettricita’ da fonti rinnovabili nelle zone rurali della Cina”. Ancora Snam, questa mattina, ha firmato un altro memorandum con State Grid International Development, l’azienda controllata al 100% dalla statale State Grid Corporation of China (Fortune 500 l’ha definita la prima utility al mondo). L’azienda italiana metterà a disposizione le sue conoscenze in materia per costruire impianti di biogas e biometano nelle zone rurali del Dragone. È stato poi il turno di Cdp che ha siglato un accordo preliminare con Bank of China Limited (Boc), una delle più importanti banche commerciali cinesi, assieme all’Istituto Nazionale di Promozione italiano. Obiettivo dell’accordo, firmato dall’ad di Cdp Palermo e dal vicepresidente di Boc Lin Jinzhen all’ambasciata italiana, il sostegno dell’export nostrano e il finanziamento di progetti infrastrutturali ed ecosostenibili. Chiude il cerchio, al momento, il settore cantieristico. Oggi Fincantieri ha firmato un memorandum con il più grande conglomerato cantieristico cinese, la China State Shipbuilding Corporation, alla presenza dell’ad Giuseppe Bono e del direttore Lei Fanpei. Fra le novità previste una joint venture per costruire navi da crociera, e nuovi investimenti in ricerca e sviluppo per svariati settori.

LA CHINESE CONNECTION ITALIANA

La missione cinese di Tria, dicevamo, è stata annunciata con una certa enfasi dal governo Conte. Premesso che per il momento gli accordi presi non si spingono oltre ai memoranda of understanding, un bilancio complessivo della visita non potrà prescindere da una comparazione con la chinese connection dell’economia italiana avviata già da alcuni anni. Molte delle intese siglate in queste ore non sono infatti altro che il proseguimento, senza grandi novità, di partnership ben più pesanti celebrate con il governo di Matteo Renzi, che in tema di investimenti cinesi ha segnato una netta cesura con il passato. Nel luglio del 2014 era stato l’allora n.1 del Mef Pier Carlo Padoan a recarsi in misisone nel dragone. Lì aveva incontrato il governatore della Banca centrale cinese Zhou Xiaochuan. Il faccia a faccia ha aperto una stagione di shopping selvaggio di Bank of China in Italia. Solo in agosto, sotto gli occhi preoccupati dela Consob, aveva superato la soglia del 2% delle sue partecipazioni in asset strategici come Telecom Italia, Fiat Chrysler, Eni, Enel, Prysmian e Generali.

Per fare un altro esempio, il matrimonio fra Cdp e State Grid International risale a un’operazione di fine luglio 2014 coordinata e voluta da Franco Bassanini, allora presidente di Cdp. Per circa due miliardi di euro veniva ceduta ai cinesi il 35% di Cdp reti, il veicolo di investimento voluto da Enrico Letta che sostiene Snam, Terna e Italgas. Un’operazione che pose un tema di sicurezza non indifferente e che non mancò di sollevare voci critiche, a partire dalle colonne di questo giornale. Insomma, l’entusiasmo del sottosegretario Geraci di una “nuova onda cinese” da cavalcare deve fare i conti con una realtà di fatto: la chinese connection italiana è solida, anzi solidissima da almeno quattro anni.

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