Qualcuno avrà pensato all’autarchia, anche se il paragone è forse un poco forzato. Però c’è da chiedersi se quando il vicepremier del governo italiano e ministro dell’Interno parli di difesa del made in Italy attraverso il consumo di prodotti nostrani, la cosa non strida almeno un po’. Matteo Salvini questa mattina su Twitter, ha fatto un’altra sparata, prendendo di mira i prodotti alimentari importati dall’estero. “I nostri imprenditori, artigiani e agricoltori vanno difesi con le unghie e con i denti. Il riso cambogiano e la carne sudamericana li lascio agli altri, io voglio mangiare e bere italiano”, ha scritto.
Certo, un minimo di contesto è d’obbligo. Siamo in piena era Donald Trump, fatta di protezionismo del terzo millennio e dazi all’import cinese. E soprattutto è nota la simpatia di Salvini verso tale tipologia di politica commerciale. Però è anche vero che la globalizzazione è ormai una realtà quotidiana e il libero mercato è qualcosa di strutturale all’economia. L’esponente di un governo della settima economia mondiale è pacifico pensare che lo sappia benissimo.
Formiche.net ha chiesto l’opinione di Pasquale Lucio Scandizzo, economista di Tor vergata, tra i promotori del progetto per una banca del Mediterraneo, che rileva l’errore di metodo in seno all’affermazione di Salvini. L’esperto parte dal presupposto che la concorrenza tra i prodotti italiani ed esteri non avviene sul prezzo ma sulla qualità. E quelli italiani ne hanno da vendere. Dunque appare se non altro superfluo parlare di difesa dei prodotti italiani.
“Parlare di autarchia mi pare eccessivo. I prodotti italiani vivono una situazione di non competition price dove cioè il parametro è la qualità e non il il prezzo. Le nostre eccellenze all’estero si fanno valere per la loro qualità non è invocandone la preferenza che si difendono. Salvini dovrebbe chiarire il concetto, perché detta così sembra qualcosa di ambiguo. Quello che dico è che i nostri prodotti, proprio perché sinonimo di eccellenza, non necessitano di questo tipo di difesa”.