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La Chiesa è intervenuta per il Vangelo e non per aiutare Salvini. Parla Mogavero

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Prima che la Cei definisse l’accordo che ha portato allo sbarco dei profughi fermi da giorni a bordo della nave Diciotti i vescovi siciliani avevano pronto un loro documento comune, il primo dall’inizio della nuova Odissea, quella che si è svolta per giorni nelle acque del porto di Catania. Parte dalla stesura di quel documento il racconto di monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo.

“La redazione di quel testo non era stata semplice, anche perché molti confratelli non erano in sede, molti erano all’estero e quindi contattare, correggere, integrare non è stato semplice. Ma, sebbene tardivamente, c’eravamo arrivati. Io avevo proposto anche un sit-in di tutti noi, vescovi siciliani, al porto di Catania, per portare vicinanza e qualche conforto a tutti quei nostri fratelli, immobilizzati nella calura su quello che ormai era diventato un lager in acque italiane”, racconta Mogavero. E poi? “siamo stati fermati, ci hanno detto che erano in corso colloqui, forse si sarebbe trovata una soluzione in breve. Così oggi sono arrabbiato, deluso, perché non capisco. Se si è inteso risolvere il problema umanitario inaudito di cui noi siamo testimoni in prima fila, come vescovi siciliani, va bene, ma se si è inteso togliere le castagne dal fuoco a un ministro che di cristianesimo non ha e non sa assolutamente niente no. Salvini si era cacciato in un cul de sac senza via d’uscita, qual era il suo problema: trovare qualcuno che pagasse il conto per un centinaio di persone? Se siamo a questo… Comunque, ben venga la fine del dramma, ma non se questa è stata cercata per andare incontro a chi la pensa come Salvini. Bisogna capire bene dove siamo e quando leggo che qualcuno dice che l’85% dei cattolici la pensa come Salvini io non so se dica la verità, certo è però che sono tanti. Anche noi siciliani stiamo cambiando, l’accogliente Sicilia si sta trasformando, come se si stesse diffondendo un virus, non possiamo fingere di non saperlo. Ma in queste condizioni noi vescovi siciliani cosa abbiamo fatto? Davanti a un fatto del genere è possibile che non ci sia stata un’azione rapida, tempestiva? Certo, c’è stata qualche dichiarazione, ma davanti a un evento del genere… E poi, quando l’abbiamo presa, senza arrivare a dire nulla di roboante, ribadendo i nostri valori, le nostre scelte di fondo, ci si ferma… Ma noi siamo una conferenza episcopale regionale, abbiamo personalità giuridica!”

Sta parlando per caso della linea morbida tenuta dal vescovo di Catania, che ha demandato ogni commento al direttore della Caritas diocesana?

“È stato difficile reperirlo, lui in quei giorni non c’era, era all’estero. Ma il problema al quale mi riferisco è un altro. Arrivano lettere, anche a me, in cui si dice di smetterla con quelle parole fantasiose “ero forestiero, mi avete accolto”, e non è un caso isolato. Potrei fare altri esempi, ma dico che un conto è “il vangelo di matteo”, tutto minuscolo, e un altro è “IL VANGELO SECONDO MATTEO”, tutto maiuscolo. Il nostro è il Vangelo secondo Matteo, mentre qui sta diventando senso comune che se abbandoni un cane in autostrada la polizia deve intervenire, mentre se sequestri cento migranti su una nave non fa niente.”

Non si è sentita la solidarietà nazionale nell’iniziativa della Cei?

“Se si è sentita ne sono contento, non conosco le modalità con cui l’iniziativa è sta presa e conclusa e quindi su questo mi riservo di informarmi, di apprendere. Ma dobbiamo sapere che la molla è stata quella del Vangelo, mentre in Italia ormai se parli di Vangelo e di accoglienza, di fratellanza e di solidarietà vieni definito un orfano del Pd, vieni accusato di essere di sinistra. E quando in ballo c’è l’annuncio non si scherza”.



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