Vento in poppa e vele spiegate. Con qualche incognita sulla rotta. Francia e Italia navigano compatte verso l’alleanza industriale sul militare tra Fincantieri e Naval Group, il costruttore transalpino di navi militari. Un traguardo importante con il quale cementare il precedente asse sul civile, sancito lo scorso autunno dallo storico accordo tra il gruppo di Trieste e Stx, per il controllo italiano dei cantieri atlantici di Saint-Nazaire, nella Loira.
Era necessario che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, incontrasse questa mattina il suo omologo francese, Bruno Le Maire, (in foto con il ministro), per immettere nuova linfa in quello che è a tutti gli effetti uno dei più grandi progetti di cooperazione industriale (9 miliardi il fatturato del nascente polo italo-francese) degli ultimi trent’anni. Le Maire, che di buon mattino aveva fatto visita al ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, ha ribadito con Tria essenzialmente un concetto. Il cantiere militare tra Italia e Francia deve andare avanti perché l’occasione è troppo ghiotta per farsela sfuggire. Per competere a livello globale sul navale-militare con le marine di Cina e Stati Uniti, servono le spalle grosse e Francia e Italia, da sole, non possono farcela.
Il primo segnale della rafforzata intesa tra Roma e Parigi, è arrivato dallo stesso Le Maire, che su Twitter ha parlato di “scambi molto utili stamattina con Giovanni Tria per portare avanti le nostre priorità per l’Europa, la Francia e l’Italia: tassazione digitale, convergenza fiscale, bilancio dell’Eurozona, Stx-Fincantieri!”.
Maggiore chiarezza è arrivata poi dallo stesso dicastero di Via XX Settembre. “Per quanto riguarda il lavoro intrapreso da Naval Group e Fincantieri i due ministri ribadiscono l’impegno ad attuare la alliance roadmap definita a settembre 2017. In base ai dettagli forniti recentemente ai due governi sul loro progetto industriale da Naval Group e da Fincantieri, il cui importante lavoro è stato accolto favorevolmente, i due ministri, insieme al ministro italiano per lo Sviluppo economico e ai ministri della Difesa italiano e francese, faranno il punto sullo stato di avanzamento”.
Il senso industriale è chiaro. Ad oggi vale solo ed esclusivamente la road map tracciata a settembre 2017 dal presidente Macron con l’allora premier Gentiloni. E cioè, dopo l’intesa sul civile, mani libere al comitato scientifico che sta studiando la fattibilità finanziaria dell’intera operazione (i risultati sono attesi tra qualche settimana). Lo stesso Le Maire ha chiarito a margine dell’incontro come l’Eliseo condivida “la stessa volontà di portare a termine, nei prossimi mesi e dopo che le autorità Antitrust avranno dato il loro parere definitivo sull’operazione, questo progetto”.
L’architrave sarebbe comunque, per ammissione dello stesso ministro francese, lo scambio azionario Fincantieri-Naval, in un range compreso tra il 5 e il 10%. Vale a dire, azioni Naval in pancia a Fincantieri e viceversa. Tutto questo per cementare la joint venture sul militare anche da un punto di vista del capitale.
Eppure c’è un’incognita e l’incognita si chiama Leonardo. Il gruppo dell’aerospazio vuole a tutti i costi essere della partita (qui l’approfondimento della settimana scorsa), assicurandosi un ruolo da fornitore per i sistemi di difesa da montare sugli scafi italo-francesi. Il fatto è che Thales, colosso della difesa francese al pari dell’ex Finmeccanica per l’Italia, è anche azionista forte di Naval (35%) e questo apre di fatto una corsia preferenziale per l’installazione di sistemi francesi. L’esito però non è scontato e il ceo Alessandro Profumo, secondo un’autorevole fonte vicina al dossier, ha ancora qualche asso da calare.
Il mercato, viene fatto notare, potrebbe non apprezzare navi precostituite, che montano cioè sistemi di un’azienda che fa parte, come nel caso di Thales, del capitale di una delle due parti, Naval. Per esempio, qualora si vendesse una nave Fincantieri-Naval a un cliente, egli potrebbe scegliere per i sistemi di difesa un’azienda a lui vicina.