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Flat tax, debito e infrastrutture (e anche Mps). La road map di Giovanni Tria

L’obiettivo è e rimane quello: rassicurare i mercati. Lo era a maggio, lo è ora. Giovanni Tria ancora una volta ha ribadito la natura del suo incarico. Quello di essere a tutti gli effetti il garante supremo dei conti italiani. Tria in questio giorni di agosto è impegnato, insieme al premier Conte e ai due azionisti di maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini, nella stesura preliminare (qui il focus di ieri) della manovra d’autunno.

La quale sarà a tutti gli effetti il vero banco di prova per il governo gialloverde. Un gigantesco stress test grazie al quale si capirà se davvero l’esecutivo legastellato sarà stato capace di accontentare tutti: elettori, imprese e l’Europa. Le garanzie però, ci sono già. Le ha fornite questa mattina lo stesso responsabile del Tesoro in una lunga intervista al Sole 24 Ore, a poche ore dal nuovo round a Palazzo Chigi, proprio sulla manovra.

La filosofia è sempre la stessa: piccoli passi silenziosi ma concreti. A cominciare dai due capisaldi del contratto gialloverde, flat tax e reddito di cittadinanza. “Su riforma fiscale e reddito bisogna partire davvero e tracciare un calendario che indichi in modo nitido le misure da attuare nel 2019 e i progressi da compiere negli anni successivi. Comunque l’avvio delle misure principali del contratto di governo è compatibile con i vincoli di finanza pubblica e non viceversa”.

L’avvio di tali misure non deve far rima con rinvio. E qui il ministro gioca di sponda con Salvini e Di Maio, chiamando direttamente in causa i mercati. “A spaventare gli investitori non è il programma di governo, ma l’incertezza sulle prospettive, e traccheggiare aumenta le incognite, certo non le riduce”. Tria ha spiegato che con l’avvio della flat tax “va inteso un percorso progressivo di convergenza verso l’obiettivo indicato dal programma di governo. Su quest’ultimo aspetto, l’aumento delle soglie per il regime forfettario è sicuramente un passo possibile, che produce anche un rilevante effetto di semplificazione degli adempimenti a carico delle attività economiche più piccole”.

Naturalmente al Tesoro sanno bene che nessuna economia può dirsi robusta solo perché tranquillizza i mercati o rispetta le regole europee. Senza la crescita non può esserci abbassamento delle tasse né tantomeno taglio del debito pubblico. Ma la stessa crescita non può esistere senza un cospicuo stock di investimenti.

“L’Italia, ha continuato poi il ministro, deve dimostrare che è in grado di crescere e per questo è decisivo il rilancio degli investimenti pubblici e l’avvio effettivo degli interventi su fisco e reddito di cittadinanza, che sono compatibili con i vincoli di finanza pubblica”. In questo senso al Tesoro sono al lavoro anche per “un grande piano per mobilitare tutte le risorse esistenti già nel bilancio pubblico ma incagliate per una delle tante cause possibili”. Secondo Tria, occorre ricostruire “una struttura che rappresenti una sorta di versione aggiornata del Genio Civile che sia in grado di fornire progetti definitivi agli enti che devono costruire o ristrutturare case, scuole oppure ospedali”.

Gli ultimi due capitoli sono forse quelli più delicati, se non altro perché stanno particolarmente a cuore all’Europa. Tria lo sa bene, per questo prende la questione con le pinze anche perché sono argomenti che saranno al centro del vertice di questo pomeriggio. Le pensioni, prima di tutto, ovvero l’attacco al sistema basato sulla Legge Fornero. Ma la cautela è d’obbligo. Il governo sta studiando “interventi previdenziali, con il vincolo che non incidano in modo troppo pesante sulla curva della spesa a medio e lungo termine”.

In ultima istanza, il padre di tutti i guai italiani, il debito pubblico. Un ministro che sa fare bene i conti sa bene quanto sia difficile combattere contro un mostro da 2.300 miliardi. Il percorso di riduzione del debito “non viene messo in discussione: stiamo però dialogando con la commissione Ue per evitare una correzione che sarebbe troppo pro-ciclica, cioè che favorirebbe il rallentamento dell’economia”. Tria indica poi “programmi possibili di ulteriori privatizzazioni, che in questi anni si sono fermate anche per problemi di capitalizzazione, oggi superati”.

Una postilla la merita certamente Mps, la banca finita a un passo dal crack e salvata dallo Stato a mezzo nazionalizzazione. La Lega vorrebbe tenerla sotto il cappello pubblico ma per Tria non è il caso. Rocca Salimbeni deve tornare al mercato perché questo è quello che vuole l’Europa e gli stessi investitori. Non è più tempo di banche pubbliche.



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