“Più che cercare occasioni di conflitto e di attrito, bisogna cercare opportunità di soluzione dei problemi”. La presidenza della Rai affidata dal consiglio d’amministrazione a Marcello Foa, ma non confermata dalla commissione di vigilanza, continua a tenere banco nel dibattito pubblico, con posizioni contrapposte – soprattutto tra Lega e Forza Italia – in cui a prevalere sono le occasioni di conflitto.
Giuridicamente, però, ci sono delle procedure da rispettare, una legge che regolamenta la nomina dei vertici Rai e per capire di più su questo tema Formiche.net ha intervistato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, nonché consigliere generale presso lo Stato della Città del Vaticano.
Presidente, da cosa deriva il caos attorno alla nomina del presidente della Rai?
Vediamo i fondamentali, c’è una particolarità di procedura per la nomina del presidente di un consiglio di amministrazione di una società che è sottoposta a regole comuni, ma che ha anche regole speciali. La regola comune è che sia il cda a nominare il presidente del consiglio stesso nel suo seno, la diversità che prevede la legge, e che prevede lo statuto della Rai in ossequio alla legge, è che l’elezione non ha effetto se non vi è la valutazione positiva della commissione parlamentale. Diviene efficace solo col parere favorevole espresso dalla commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi con la maggioranza qualificata dei 2/3. Mi concentrerei su due elementi.
Quali?
Uno, l’intervento parlamentare di una commissione che è destinata a dare garanzie e indirizzi sulla radiotelevisione, e poi una maggioranza così ampia che significa una valutazione positiva non solamente della maggioranza governativa. Le nomine del cda e l’assemblea dei soci è dominata dal governo, dall’esecutivo, e allora per questa ragione c’è la necessità di questo bilanciamento.
Come mai questo intervento esterno alla società è così forte?
Perché il cda della Rai, oltre che organo di amministrazione della società, svolge anche funzioni di controllo e di garanzia del corretto adempimento degli obblighi del servizio pubblico. Ha una veste complessa. Non deve solo badare ai conti, ma controllare e garantire che sia adempiuta la funzione del servizio pubblico. Rispetto dei principi fondamentali in un settore strategico per il funzionamento della democrazia, come quello della comunicazione: libertà, pluralismo, imparzialità, dignità della persona. Per questo c’è un intervento esterno, parlamentare, che bilancia i poteri governativi sulla società e garantisce determinate finalità.
Che cosa accade se il presidente è eletto dal cda e non ha il voto favorevole della commissione?
La sua nomina non è efficace, perciò si chiude così la procedura. Che ha un aspetto interno e uno esterno, quest’ultimo espresso a livello istituzionale elevatissimo, perché la commissione parlamentare, cioè il Parlamento, che si esprime. E tra l’altro la connotazione di imparzialità dei componenti e la funzione di controllo e di garanzia che il consiglio di amministrazione deve esercitare, oltre quella di gestione amministrativa, è data anche dalle caratteristiche di coloro che possono far parte del consiglio, che sono due tipi di categoria, uno addirittura coloro che hanno i requisiti per la nomina a giudici costituzionali, come prevede l’articolo 135 della Costituzione, due chi ha particolari competenze nel settore. Perciò è una funzione che non è solamente di amministrazione societaria, ma di garanzia del rispetto dei principi essenziali. Ecco perché c’è questo intervento esterno che condiziona l’efficacia dell’assemblea.
Cosa accade se non avviene?
Siamo in questa situazione: l’elezione fatta dal cda è priva di efficacia. Può essere sostituita da una pseudo efficacia, cioè che la stessa persona ne svolga le funzioni a titolo diverso. Anche qui lo statuto aiuta a capire, anche se è terreno di scontro giuridico, oltre che politico. Lo statuto dice che ci può essere anche un vicepresidente, ma che può essere nominato solo quando la la nomina del presidente è divenuta efficace. E quando il vicepresidente non c’è, in sua mancanza, i poteri del presidente possono essere esercitati dal consigliere anziano, ma tutto questo – vicepresidente e consigliere anziano – nel caso di impedimento, di assenza, del presidente, di vacanza della carica. Ora, si può considerare vacanza della carica la situazione attuale, quando neanche ci potrebbe essere un vicepresidente, perciò chi può sostituire il vicepresidente può sostituire un soggetto che non potrebbe neanche esserci, ossia il vicepresidente? La catena è bloccata perché è essenziale la nomina del presidente che sia efficace. Ecco il punto di impasse giuridico. Poi politicamente è altra cosa perché sono le forze politiche che mi pare stanno combattendo su questo fronte e mi pare mostrino una presenza delle formazioni politiche dei partiti molto forte sulla Rai.
Cosa avrebbe dovuto fare Foa?
Si può autosostituire cambiando cappello, certamente dal punto di vista sostanziale è una ipotesi bizzarra: esercitare gli stessi poteri del presidente quando la sua nomina non è efficace. Si potrebbe dire che in questa veste, può svolgere le funzioni un atto urgente e necessario, perché anche qui gli organi amministrativi di una società non possono mancare, c’è continuità. Se fossero atti cogenti dal punto di vista societario, che sono di competenza del consiglio di amministrazione e non del direttore generale che ha amplissimi poteri di gestione, allora forse sarebbe necessariamente possibile che il consigliere anziano operi, ma per questi atti non con poteri naturali, generali del presidente.
La Lega pensa di ripresentare Foa davanti alla commissione. Si può fare?
Dipende come, deve ripartire daccapo la procedura dall’inizio: dovrebbe far rieleggere Foa dal cda, poi di nuovo votazione in commissione vigilanza. Insomma, si deve cancellare la lavagna e riniziare a scrivere.
Cosa può fare il Mef, in questa situazione?
Il ruolo è mediato dall’assemblea dei soci. C’è un ruolo politico, che può essere esercitato invitando a compiere determinati atti, e un ruolo giuridico, ma che è esercitato dall’assemblea. Lo pongo in termini di domanda: si può prefigurare il caso che l’organo amministrativo non funziona e non è in grado di funzionare e quindi l’assemblea viene convocata per far decadere l’intero consiglio?
E la risposta? Si può?
Se si impantanano in maniera da recare danno alla società, certamente, ma credo che queste cose si risolvano con un pizzico di saggezza e di responsabilità. Mi pare che questa sia la stessa linea indicata, tra le righe, dal Presidente della Repubblica Mattarella quando ha affermato che non vi è competenza di intervento presidenziale in questo. Attenzione che di fronte all’inerzia del cda, oppure al non funzionamento del cda, ci potrebbe essere un conflitto con la commissione parlamentare della Rai. Ma ripeto, più che cercare occasioni di conflitto e di attrito, bisogna cercare opportunità di soluzione dei problemi.
Molte forze politiche si sono lamentate dell’inadeguatezza della legge che disciplina il settore…
Il Parlamento ha tutti i poteri per modificare la legge: dolersi per inerzia propria non ha senso. Lo spirito della legge, anche nelle intuizioni che si manifestavano quando è stata approvata, aveva l’intento di rafforzare da una parte alcuni poteri del governo, ma dall’altra non rimettere la Rai sotto il potere del governo – e su questo ci son già sentenze della Corte Costituzionale che escludono che la Rai sia uno strumento del governo -. L’intervento parlamentare di un qualche bilanciamento tra poteri del governo e poteri del Parlamento attraverso l’apposita commissione serve a garantire il pluralismo nell’attività della Rai, che è uno snodo di particolare rilievo e importanza. Incide talmente tanto anche sulla formazione dell’opinione pubblica che è necessario garantire libertà, imparzialità, pluralismo, una serie di principi che la legge indica con grande enfasi. Allora bilanciamento di questi poteri, con queste modalità: si può fare qualcosa di diverso? Certamente, se la legge fosse cambiata.
Ad esempio?
Ci sono dei modelli nei quali c’è addirittura un arretramento forte della politica dalla radiotelevisione pubblica, attraverso la creazione di una fondazione, di una istituzione indipendente, della nomina degli organi amministrativi da parte di istituzione imparziali, ma ripeto, se la legge non va bene il Parlamento ha tutti i poteri per modificarla. Lo può fare. Non può, il Parlamento, pretendere in qualche modo di non rispettarla.
Insomma, per uscire dall’impasse bisogna seguire la legge…
A me pare chiara nella struttura e nelle modalità. È bene evitare forzature che possono condurre a una sua scorretta applicazione. Capisco che è oggetto di una contesa politica forte, ma questo non giova a dare una immagine di indipendenza e di imparzialità della Rai, anche come effetto sul sentire comune.