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Così il governo procede sulla banda larga. Nell’attesa di decidere su Tim-Open Fiber

Connessione banda larga

Il governo avanza sulla banda larga, nell’attesa di trovare un assetto definitivo sulla proprietà che dovrà gestire l’intera infrastruttura. Luigi Di Maio questa mattina ha mandato un segnale a chi pensava che la questione fosse passata in secondo piano, sopraffatta dalle vicende Ilva e Alitalia.

Poche ore fa lo stesso capo del Movimento Cinque Stelle ha presieduto il comitato interministeriale per la Banda ultralarga. Nella riunione odierna si è provveduto a modificare le Linee guida per il Piano di comunicazione – Strategia banda ultralarga 2016-2020 al fine di assicurare lo stanziamento di risorse sufficienti per svolgere la rendicontazione, nonché i controlli di primo livello sulle opere realizzate nell’ambito del progetto aree bianche, quelle cioè sprovviste di ogni infrastruttura tlc. Il governo, nella sostanza, ha certificato il proprio impegno sulla cablatura del Paese da qui al 2020.

Adesso però resta da individuare il soggetto che, da un punto di vista operativo, dovrà gestire  e supervisionare l’intera operazione per portare la banda larga. Gli attori in campo sono essenzialmente due. Tim, proprietaria della rete in rame che rappresenta ancora oggi  il grosso dell’infrastruttura tlc e Open Fiber, il player pubblico (50% Cdp, 50% Enel) addetto alla posa della fibra. L’idea del governo precedente è sempre stata quella di creare, dopo lo spin off da parte di Tim, una specie di campione partecipato anche dallo Stato italiano, al fine di mantenere un minimo di controllo sulla rete, visto che Tim è sì partecipata al 5% da Cdp, ma controllata dal fondo Usa Elliott, nonostante il primo azionista privato sia ancora la francese Vivendi.

Con l’avvento del governo gialloverde, il ceo di Tim, Amos Genish avrebbe dovuto incontrare Di Maio, diventato ministro dello Sviluppo economico (qui l’articolo di Formiche.net), proprio per discutere di questo tema. Su cui però la convergenza di intenti va verificata. Tim infatti non ha mai fatto mistero di voler mantenere l’intera proprietà della nuova società post scorporo. Da parte sua, invece, il governo legastellato ha sempre avanzato la pretesa di assicurarsi una quota di capitale sufficiente ad avere il controllo di fatto della società.

Proprio questa mattina Di Maio è tornato a parlare della questione, lasciando intendere di non aver ancora deciso nulla in merito: se procedere cioè con una società unica, unendo rame e fibra oppure lasciare a Open Fiber piena autonomia di azione sulla banda larga, senza coinvolgere la rete in rame di Tim. “Il progetto di una unica rete mettendo insieme quella Tim e Open Fiber è allo studio del governo. Per quanto mi riguarda credo che dovremmo fare una valutazione legata a un solo principio: se quell’infrastruttura per l’Italia è strategica allora noi la vogliamo considerare tale e la vogliamo prendere anche in esame nel caso di accorpamento e quindi di inserimento ad esempio in Open Fiber della rete Tim”, ha spiegato Di Maio.

Al contrario qualora l’infrastruttura in rame di Tim non fosse più strategica, utilizzando cioè la sola fibra, ci sarà un altro tipo di valutazione. “Non dobbiamo fare un ragionamento se favorire più o meno un’azienda o un ragionamento di tipo industriale ma di sovranità dello Stato che si vuole appropriare di una infrastruttura strategica”, ha concluso Di Maio.

Di sicuro “la banda ultra larga è un’infrastruttura strategica per il Paese, per i nostri cittadini e per le imprese. Le prime priorità di questo comitato sono state quelle volte alla salvaguardia degli investimenti, appunto, in banda ultra larga per le aree dove attualmente non c’è alcuna infrastruttura. Le cosiddette aree bianche. Questa delibera permette al ministero dello Sviluppo Economico di coordinare la rendicontazione degli investimenti effettuati delle opere realizzate, aiutando concretamente le Regioni in questa attività”. Per il resto, si vedrà.

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