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La guerra contro l’Isis non è (ancora) finita. Ecco perché

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La sconfitta militare dell’Isis è oggettiva, anche se non definitiva, eppure oggi non si sa quanti siano ancora i combattenti in Siria e in Iraq e anzi la contraddizione sulle cifre negli ultimi mesi è stata tragicomica, considerando che non parliamo di caramelle. Un’indicazione minimamente attendibile, tra i 20mila e i 30mila, viene dall’Analytical Support and Sanctions Monitoring Team dell’Onu che analizza l’attività dell’Isis, di al Qaeda e dei gruppi collegati come stabilito da alcune risoluzioni del Consiglio di sicurezza e che fornisce numerosi elementi che non lasciano tranquilli.

NUMERI CONFUSI

L’ultimo report del Soufan Center di New York riassume i tanti numeri contraddittori diffusi in un recente passato. Nel dicembre scorso, per esempio, un portavoce dell’operazione Inherent Resolve disse che tra Siria e Iraq c’erano 1.000 combattenti. Oggi il Dipartimento della Difesa americano stima tra i 15.500 e i 17.100 combattenti in Iraq e circa 14mila in Siria mentre in passato ha parlato di 25mila membri, di averne uccisi altrettanti e di altri 25mila che erano ancora sul terreno… L’unica cosa certa, come sottolinea il Soufan, è che i combattenti per l’Isis sono più di quanti si pensi e a maggior ragione è difficile indicare un numero corretto di foreign fighter che sono comunque molte migliaia.

UNA MINACCIA PERSISTENTE

L’Isis è un osso più duro nella Siria orientale mentre in Iraq è più avanzato il ritorno da embrione di struttura statale a rete nascosta. Soprattutto, al netto delle sconfitte, le informazioni disponibili indicano che le strutture finanziaria, logistica e di disciplina sono intatte e che, pur se probabilmente ferito, Abu Bakr al Baghdadi continua a comandare. Una minaccia seria resta quella di al Qaeda, al cui interno continua a emergere la figura di Hamza bin Laden, che attraverso gruppi affiliati è più pericolosa dell’Isis in Somalia, Yemen, Sahel e Asia meridionale. L’Isis, dal canto suo, prevale in Afghanistan, Libia, Africa Occidentale e Asia Sud orientale.

LE AREE CHE INTERESSANO L’ITALIA

Le stime dell’Onu indicano da 3mila a 4mila combattenti dell’Isis in Libia il cui comando centrale si trova nel triangolo tra Bani Walid, la parte meridionale di Sirte e il distretto di Giofra. Cellule sono presenti intorno a Tripoli, Misurata e Sabratha, ma anche nel Sud a Ghat e al Auenat e nella parte orientale a Derna e Agedabia. In alcune di queste aree continua a crescere al Qaeda. In Afghanistan l’Isis conta su un numero che varia dai 3.500 ai 4mila combattenti, compreso un migliaio nel nord, tra i quali numerosi foreign fighter provenienti da Algeria, Francia, Russia, Tunisia e Asia centrale. L’importanza della presenza occidentale in Afghanistan è confermata dalle informazioni che uno Stato ha fornito al Monitoring Team dell’Onu secondo cui alcuni attentati sventati in Europa hanno avuto origine dall’Isis in Afghanistan. Nonostante gli scontri con la coalizione internazionale, con le forze di sicurezza afghane e con i talebani, l’Isis intende espandersi in zone dove ora non è presente e nel frattempo ha cellule dormienti a Kabul, Herat e Jalalabad. Com’è noto, in Afghanistan è presente anche al Qaeda, tanto che leader come Hamza bin Laden e Ayman al Zawahiri sarebbero nelle regioni di confine tra Afghanistan e Pakistan. Gruppi connessi come l’Islamic Movement of Uzbekistan e l’Eastern Turkistan Islamic Movement avrebbero un migliaia di uomini in varie zone afghane.

Nel complesso, una situazione rischiosa che conferma un’enorme instabilità nel Medio Oriente e nel Nord Africa con ulteriori sacche a macchia di leopardo, dalle centinaia di jihadisti nello Yemen a combattenti presenti tra le decine di migliaia di profughi ospitati nel campo siriano di Rukban ai confini con la Giordania.

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