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Hamas disconosce Israele e prepara un nuovo accordo per lo Stato palestinese

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La delegazione di Hamas arrivata a Gaza per discutere di un possibile accordo di tregua comprende Salah al-Aruri, conosciuto come l’architetto degli attacchi terroristici, Hosam Badran, il portavoce di Hamas per l’estero, e Maher Obeid, capo dell’ala militare di Hamas nella West Bank, Mussa Dudin, responsabile dei militanti di Hamas nelle carceri israeliane, e Izzat al-Risheq, membro dell’ala politica di Hamas all’estero.

Un evento storico, che avviene dopo anni passati a nascondersi da potenziali attacchi israeliani e divieti di entrare a Gaza. Anni di “esilio” da Gaza, imposto per la liberazione di quei leader che erano incarcerati nella speranza che la lontananza potesse indebolire l’organizzazione.

La delegazione è passata dal Cairo, dove ha discusso di un potenziale accordo che coinvolgerebbe direttamente l’Egitto, ed è arrivata a Gaza. Ieri la delegazione ha partecipato alle manifestazioni della “Grande Marcia del Ritorno” al confine di Gaza, con discorsi, musiche, lanci di aquiloni incendiari e una serie di infiltrazioni in territorio israeliano che hanno causato scontri e un morto palestinese.

Sul palco delle proteste, i leader di Hamas hanno pronunciato lunghi discorsi. Come riportato dal sito di Hamas, Hosam Badran ha chiarito che l’obiettivo è “di rompere l’assedio una volta per tutte e siamo pronti a qualsiasi sacrificio”. Con in mano la foto del giovane palestinese che ha accoltellato tre israeliani, di cui uno morto, nell’insediamento di Adam, Badran avrebbe elogiato il popolo palestinese che resiste all’occupazione, dicendo “non ci arrenderemo mai” specificando che il fine ultimo è “Gerusalemme e al-Aqsa”. Secondo il sito Maan News, Badran avrebbe detto anche che “la Palestina che noi conosciamo è dal fiume al mare, senza tralasciare nemmeno una spanna”. La Palestina “dal fiume” (cioè il Giordano) al mare è l’espressione che l’OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina) ha introdotto per disconoscere l’esistenza di uno Stato ebraico nel territorio che era la Palestina mandataria.

Sempre secondo il sito di Hamas, Izzat al-Risheq avrebbe dichiarato a gran voce che “l’accordo del secolo” proposto da Trump va rigettato, e rivolgendosi alla folla di manifestanti “voi siete sulla via per la liberazione e la vittoria, per la rottura dell’assedio e la liberazione di Gerusalemme”.

Abu Ammad (Mo’in) al-Rifa’i, leader del movimento Jihad Islamico in Libano, scrive sul quotidiano al-Akhbar che un eventuale accordo potrebbe esser interpretato come una concessione al nemico sionista. Secondo al-Rifa’i la resistenza e le negoziazioni sono diventate due obiettivi (di Hamas e dell’ANP rispettivamente), mentre devono essere considerate solo dei mezzi per una strategia più ampia di liberazione della Palestina che coinvolga un tipo di resistenza diffusa su tutto il territorio (riferendosi qui anche agli arabi-israeliani). Un eventuale accordo dovrebbe quindi servire per alleviare le sofferenze della popolazione, ma sarebbe un punto di partenza per una riorganizzazione strategica e tattica della lotta contro Israele.

Israele per ora sarebbe felice di avere un quinquennio di tranquillità ai confini con Gaza, ma è da vedere se gli attacchi aumenteranno dalla West Bank, dove Hamas si prepara a conquistare l’Anp.

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