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Mentre Hamas discute di una tregua, il primo ministro al-Hamdallah parla dell’altra Palestina

Hamas

Rami al-Hamdallah, primo ministro dell’Anp, ha parlato ieri a una conferenza stampa, enunciando i traguardi economici e i piani futuri dell’Anp. I titoli dei giornali palestinesi al-Hayat al-Jadida e di Wafa News riportano la sua frase: “Non scambieremo le nostre posizioni politiche e le nostre aspirazioni nazionali per denaro”, riferendosi alla proposta americana.

Al-Hamdallah ha elencato una serie di traguardi della dirigenza Anp nel settore scolastico, medico e nelle infrastrutture. L’Anp ha costruito 25 nuove scuole nel 2018, di cui 10 a Gaza, introducendo programmi digitali per la scolarizzazione di allievi ricoverati negli ospedali. Nonostante i grandi investimenti nel settore educativo, la disoccupazione regna tra i laureati, con il 4% a Ramallah e il 14,5% nella West Bank, per questo il primo ministro ha annunciato riforme anche nel settore universitario, con una diversa struttura dei piani accademici che siano più orientati al mercato del lavoro.

Nel settore agricolo anche sono stati annunciati successi: 17mila dunam di terra bonificata, 1.8 milioni di alberi piantati e 900 km di strade trafficabili con mezzi agricoli, mentre altri investimenti riguarderanno l’energia rinnovabile, in particolare l’energia solare che sostiene il primo ministro coprirà il 13% del fabbisogno di West Bank e Gaza. Un nuovo piano per la desalinizzazione dell’acqua, del costo di 640 milioni di dollari sta per esser avviato.

Infine, la questione del sistema sanitario. Il 70% delle spese sanitarie coprono i costi dei trasferimenti da West Bank e Gaza agli ospedali di Gerusalemme, così un progetto pilota con la facoltà di medicina di Hebron porterà alla professionalizzazione delle strutture sanitarie palestinesi per diminuire l’outsourcing.

Il ministro delle Finanze Shukri Bishara ha detto che il nuovo sistema di raccolta tasse, che migliora l’efficienza abbassando i costi di gestione, sta dando risultati positivi, soprattutto in vista di una continua diminuzione degli aiuti internazionali.

Il conflitto con Hamas è stato parzialmente discusso. “Hamas deve riconoscere l’autorità e smettere di usare la resistenza come scusa per mantenere il controllo militare”. Al Hamdallah si aspetta che Hamas ceda il controllo dei punti di entrata a Gaza, dei tribunali, delle milizie e delle finanze. “Parlano di sanzioni, ma non sono sanzioni”, chiarisce al-Hamdallah quando si riferisce agli stipendi che l’Anp non paga ai dipendenti pubblici della Striscia, “si tratta di misure temporanee”, in vista di una corda con Hamas “che si occupa di raccogliere fondi e tasse in ogni caso”.

Dopo i ringraziamenti ad Arabia Saudita e Algeria, per il continuo sostegno, al-Hamdallah si rivolge a quegli Stati che hanno tagliato il flusso finanziario verso l’Anp, chiedendo loro di prendere esempio dalla Ue, che non ha mai smesso si sostenere i palestinesi, diversamente dagli Stati Uniti. L’attacco alla politica statunitense e israeliana è diretto: “Nessun palestinese cederebbe mai su Gerusalemme e il ritorno dei profughi”. In particolare il primo ministro palestinese attacca Israele per la decisione di decurtare il trasferimento dei rimborsi Iva all’autorità per l’ammontare pari al sostegno finanziario alle famiglie di “martiri”. Al-Hamdallah ha chiarito che “abbiamo un dovere umanitario e morale di sostenere chi ha passato più di cinque anni in prigionia e le loro famiglie”, puntando il dito anche agli Stati Uniti.

“Stiamo combattendo una battaglia per la sopravvivenza… e stiamo coinvolgendo tutti i settori sociali e politici per contribuire alla resistenza contro l’occupazione e le sue pratiche, anche a fronte del diminuito sostegno [internazionale] e dell’assedio finanziario”.

La conferenza stampa è stata indetta lo stesso giorno in cui a Gaza la dirigenza di Hamas discute di un possibile piano di tregua duratura con Israele, che dovrebbe prevedere secondo il quotidiano libanese al-Akhbar l’apertura dei valichi per Gaza, compreso il confine con l’Egitto, la fine delle sanzioni, l’accesso al porto di Isamiliya in Egitto e a un aeroporto in Sinai per servire la popolazione di Gaza. Hamas richiede la fine delle sanzioni imposte dall’autorità (in particolare la questione degli stipendi e dell’elettricità), in cambio porrebbe fine agli scontri al confine. Il piano sarebbe a varie fasi e includerebbe cinque anni.

Anp, Israele ed Egitto hanno un comune interesse: creare dei meccanismi di monitoraggio per impedire che il piano pluriennale si trasformi in un’opportunità per Hamas di riorganizzarsi e riprendere la guerra nel giro di poco tempo. Per ora pare chiaro che in questo accordo l’Anp vuole riprendere il controllo di Gaza e solo dopo saranno nuovamente pagati gli stipendi.

Hamas non può permettersi di uscire da un accordo come “traditore della resistenza”, cioè non può stringere un accordo con il nemico Israele, che infatti rimane in disparte: non può farlo di fronte agli altri gruppi terroristici che a tratti fa difficoltà a gestire e soprattutto non può farlo di fronte al sostenitore numero uno, l’Iran. Anche se un tale accordo potrebbe esser presentato come un’intesa con l’Egitto e non con Israele, Hamas dovrà fare i conti con la propria dirigenza, con i finanziatori e con gli altri partner che già in passato si sono ribellati alle linee di apertura verso possibili tregue.

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