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Il dossier di Viganò contro il Pontefice. I veri confini dello scandalo

vaticano

Se la fortuna deve aiutare gli audaci, la memoria non deve tradire gli autori di memoriali e l’udito non dovrebbe i reporter. Ma se la memoria tradisce e l’udito è fallace e tutto questo si appura nello stesso giorno è lecito temere che la fortuna abbia voltato le spalle agli audaci. Come può non apparire curiosa la smemoratezza dell’arcivescovo, promosso cardinale da alcuni giornalisti, Viganò, già nunzio negli Stati Uniti, il prelato che nega di essere un corvo e che sostiene che papa Benedetto XVI avrebbe comminato una punizione, rimasta però segreta, al cardinale McCarrick, poi rimosso dal collegio cardinalizio da Papa Francesco? Questa punizione segreta che obbligava il porporato a una vita di preghiera e pentimento, senza celebrazioni o eventi pubblici, ha avuto tantissime eccezioni, che forse l’allora nunzio ignorava e quindi non poteva segnalare al papa di allora.

Ma ce n’è una, di cui la collega Cindy Wooden ha postato ieri il link, che colpisce. Cominciamo dalle sanzioni. Scrive nel suo memoriale monsignor Viganò: Quello che è certo è che Papa Benedetto inflisse a McCarrick le suddette sanzioni canoniche e che esse gli furono comunicate dal Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, Pietro Sambi (deceduto, ndr)…le medesime disposizioni di Papa Benedetto furono poi comunicate anche a me dal nuovo Prefetto della Congregazione per i vescovi, Card. Marc Ouellet, nel novembre 2011 in un colloquio prima della mia partenza per Washington fra le istruzioni della medesima Congregazione al nuovo nunzio. A mia volta le ribadii al Card. McCarrick al mio primo incontro con lui in nunziatura. Il cardinale, farfugliando in modo appena comprensibile, ammise di aver forse commesso l’errore di aver dormito nello stesso letto con qualche seminarista nella sua casa al mare, ma me lo disse come se ciò non avesse alcuna importanza».

Eppure il 2 maggio 2012, cioè sei mesi dopo e ben prima delle dimissioni di Benedetto XVI, alla World Mission Dinner delle Pontifical Mission Societies negli Stati Uniti, tenutasi in un hotel di Manhattan, accadde qualcosa di strano. Ha scritto Andrea Tornielli su Vatican Insider: «Erano trascorsi appena sei mesi da quando Viganò aveva ricevuto dal cardinale Ouellet la reiterazione dell’ordine sanzionatorio contro il cardinale molestatore. Ecco l’inizio del discorso del nunzio, messo online dal Catholic News Service: “Distinti ospiti, vescovi qui presenti, e ospiti onorati questa sera come ‘Ambasciatori Pontifici delle Missioni’, che è un bel titolo. Prima di tutti, sua eminenza il cardinale McCarrick – ‘ambasciatore’ già da diverso tempo, come prete, vescovo, arcivescovo, cardinale e a cui tutti noi vogliamo molto bene…”. Questo è il link su Twitter della collega Cindy Wooden pic.twitter.com/x1XAc0qUlS— Cindy Wooden (@Cindy_Wooden). I molti che si affrettano a intervistare il monsignor certamente gli chiederanno al riguardo.

E veniamo all’udito: è accaduto ieri, quando qualche reporter si è fatto tradire dal rumore della cronaca incombente ed ha sentito alcuni partecipanti all’udienza del mercoledì con Papa Francesco scandire il nome del presule contestatore. In piazza San Pietro questo gruppetto avrebbe infatti gridato “Viganò, Viganò”. Come documentato però da altri siti e dal documento audio-video pubblicato da Panorama in realtà si trattava di fedeli giunti da Lucca e che scandivano “Italo, Italo”, riferendosi al loro vescovo, monsignor Italo Castellano.

In questo contesto si capisce bene perché il cardinale Angelo Becciu abbia affermato di sentirsi ancora più vicino a Francesco. Il clima velenoso che si è creato intorno al Papa e allo spirito del Concilio che lui oggi rappresenta e incarna può giocare brutti scherzi all’udito, ma alla memoria sembra un po’ troppo. Così appare fondata la sensazione che coloro, in primis americani, che in questi giorni hanno chiesto al Papa di chiarire dovrebbero chiarire loro tante cose, anche i motivi di questa richiesta.



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