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Aumento dell’Iva e conti pubblici. E se…

Regionalismo, province digitale, italiani, riforma costituzionale

Cominciamo dalla notizia, o, meglio, dallo stato dell’arte. Al Mef si lavora alacremente in vista del difficile autunno (quando bisognerà far quadrare i conti dello Stato) e nessuno ha la bacchetta magica per trasformare il ferro in oro. Questo è il contesto nel quale agire, sperando che turbamenti nei mercati non facciano danni tra agosto e settembre.

Allo stato però nulla può essere escluso, nemmeno l’aumento dell’Iva. Fonti autorevoli infatti ci dicono a chiare lettere che allo Stato i miliardi per evitarlo non ci sono e che per trovarli ci vorrà molto lavoro, anche perché da Bruxelles verranno concessi margini di manovra molto risicati (calcolabili in pochi, pochissimi miliardi di euro).

Se n’è avuta conferma poche settimane fa, con il provvedimento per la fatturazione elettronica dei benzinai, il cui rinvio ha provocato un mancato introito (stimato) di 50 milioni di euro, che però gli uffici hanno trovato con grande fatica per dare copertura al provvedimento.

Insomma l’aumento dell’Iva (15,7 miliardi di euro di gettito) è allo stato l’opzione più probabile, anche se naturalmente tutt’altro che decisa. E lo diventa ancora di più se il governo volesse battere un colpo significativo sui fronti oggetto del contratto di governo, vale a dire abolizione della legge Fornero, introduzione del reddito di cittadinanza e della Flat tax.

Anzi c’è chi ipotizza proprio questo “scambio” come l’unica soluzione possibile per dare esecuzione all’accordo tra Lega e M5S, poiché solo un sacrificio sull’Iva libererebbe le risorse necessarie per fare il resto, almeno in parte (è escluso per evidenti ragioni contabili anche soltanto prendere in considerazione di fare tutto insieme).

Come evidenziato a Washington martedì, la posizione del governo italiano sull’Europa e sull’immigrazione comincia a dare frutti politici, ma per contro inasprisce le relazioni con Bruxelles, Parigi e Berlino, proprio mentre l’economia del Vecchio continente sembra crescere meno del previsto (con effetti presto visibili sulla finanza pubblica) e alla vigilia della fine del mandato di Mario Draghi alla Bce.

Tutto ciò è ben noto al ministro Tria, che non a caso sta saldando il suo rapporto con il sistema bancario (e con Giuseppe Guzzetti in particolare) proprio in vista delle turbolenze autunnali.

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