La Gran Bretagna dovrebbe schierarsi con Donald Trump piuttosto che con Bruxelles sull’Iran, è l’ambasciatore statunitense a Londra, Woody Johnson, a fare appello “all’alleato americano più stretto”. Lo scopo è tentare di invertire la posizione della May sul controverso accordo nucleare.
Scrivendo sulle pagine del Telegraph, Johnson ha sfidato il Regno Unito ad abbandonare i colleghi europei che ancora sostengono un accordo per commerciare con l’Iran e unire le forze con l’America al fine di imporre, insieme, sanzioni severe a Teheran.
Ma quello di Johnson è anche un esplicito ultimatum alle compagnie britanniche. Perché continuare a fare affari con l’Iran vuol dire affrontare “gravi conseguenze” nel futuro prossimo per il commercio con gli Usa.
Considerazioni, dunque, che suonano come una sfida diretta al governo May che ha rifiutato di aderire alle sanzioni del presidente Trump a Teheran e mantenere vivo l’accordo nucleare del 2015 negoziato con l’Iran insieme a Francia, Germania, Cina, Russia e Stati Uniti in un processo coordinato dall’Unione Europea. Ma Trump già mesi fa, ha ritirato il suo paese dall’accordo firmato dal suo predecessore, Barack Obama. E le parole dell’ambasciatore Johnson, arrivano a sei giorni di distanza dalla firma del ministro degli esteri britannico, Jeremy Hunt, che ha firmato una dichiarazione congiunta con l’Ue.
L’Europa è così di fronte al primo test sulla tenuta della relazione speciale tra Stati Uniti e Regno Unito dopo la visita di Trump, il mese scorso.
Nel suo articolo, il diplomatico scrive: “L’America sta facendo pressioni e vogliamo il Regno Unito al nostro fianco. Stiamo chiedendo al Paese di usare il suo considerevole potere diplomatico e influenza, e di unirsi a noi mentre conduciamo uno sforzo globale verso un accordo veramente completo. Insieme, possiamo contribuire a realizzare la pace e la prosperità in Iran, ciò che il mondo intero vuole vedere”.
Il diplomatico oltrepassando persino la Whitehall, sta sollecitando le imprese britanniche direttamente a tagliare i legami con l’Iran. E lo fa scrivendo, “il presidente è stato esplicito: qualsiasi azienda che metta i propri interessi commerciali in Iran prima del bene globale rischia di avere serie conseguenze con il commercio con gli Stati Uniti. Solo presentando un fronte unito possiamo esercitare la massima pressione possibile sul regime iraniano e convincerli a cambiare definitivamente rotta e mettere fine alle loro attività malvagie e spericolate sia in patria che all’estero”.
Un appello che equivale alla richiesta di vedere la Gran Bretagna rompere con i partner dell’Unione europea per diventare alleata di Trump. Il che non sarebbe qualcosa di surreale visto e considerato che tra meno di un anno il Regno Unito sarà formalmente fuori dall’Europa. È pur vero, però che il commercio del Regno Unito con l’Iran, relativamente solo al 2016, è stato di 365 milioni di sterline.
Un ministro del governo ha detto che Trump stava semplicemente gettando “carne sul fuoco”, mentre una fonte del Foreign Office ha dichiarato: “Rimaniamo fedeli all’affare e siamo aperti a parlare con l’amministrazione e il Congresso degli Stati Uniti sui modi in cui possiamo lavorare insieme per affrontare le nostre preoccupazioni condivise sull’attività regionale dell’Iran”.
Negli ultimi mesi la Gran Bretagna, infatti, ha appoggiato con ostentazione e ostinazione il cosiddetto “statuto di blocco”, attuato a Bruxelles, che proteggerà gli affari europei dalle sanzioni americane contro l’Iran.
Un tentativo di mantenere le società europee in negoziazione con l’Iran. In un comunicato firmato lunedì dal ministro degli esteri Jeremy Hunt, i suoi omologhi francesi e tedeschi, Jean-Yves Le Drian e Heiko Maas, e il capo della politica estera dell’Ue Federica Mogherini, dicono di essere “profondamente dispiaciuti” circa le sanzioni degli Stati Uniti e “sono determinati a proteggere gli operatori economici europei impegnati in affari legittimi con l’Iran”.
Quanto alla domanda su come le compagnie britanniche potrebbero essere protette dalle sanzioni statunitensi, Johnson ha aggiunto: “se un’azienda teme attività legali e di contrasto, possono essere tutelate dalla legislazione dell’Ue, ma gli aspetti pratici potrebbero essere diversi: molte aziende non ne risentiranno”.
Insomma, le questioni cavillose nei rapporti diplomatici non finiscono mai per Londra. E adesso che Johnson ha messo il cerino nelle mani della May, chissà se la relazione diplomatica con gli Usa resterà speciale ancora a lungo.