Così, anche quest’anno, ci troviamo di fronte al periodico grande show navale della Marina russa. La quale, tra navi moderne o ammodernate, sommergibili, sottomarini, armamenti missilistici di nuova generazione e sistemi aerei di appoggio, comincia davvero a non essere niente male. Certo, siamo ancora lontani dai tempi in cui ben due grandi flotte sovietiche (Sovmedron) incrociavano nel Mediterraneo. Tuttavia, da quando sono ricominciate in Mar Nero le visite di alcune unità importanti della flotta del Baltico, dopo l’annessione della Crimea e la pressione sull’Ucraina la proiettabilità russa verso i “mari caldi” è incrementata significativamente.
Non c’è da meravigliarsi piu’ di tanto, in quanto l’asse della spinta geopolitica della massa continentale russa verso il Mediterraneo è un’invariante nel corso dei secoli. Con alterne vicende, con sconfitte e successi, ci avevano provato Ivan il Terribile, lo zar Pietro, la grande Caterina, lo zar Nicola e, non ultimo, il temutissimo Stalin. Non ultimo, perché, giustamente, ora è venuto il turno dello zar Putin, che ci sta provando alla grande. Nel frattempo sono mutate le condizioni, e il cambiamento appare essersi ora evoluto in favore della Russia. In particolare, nell’ultima decade , per Mosca le occasioni favorevoli a un posizionamento mediterraneo sono fiorite l’una dopo l’altra.
Pensiamo allo “sfruttamento” delle rivolte arabe del 2011, al consolidamento delle concessioni siriane nelle aree costiere a nord del Libano, all’erratica politica occidentale nel conflitto siriano, al graduale rafforzamento del regime di Bashar al Assad, al nevrotico atteggiamento, sia per Cipro che per la Siria, di quel turbolento alleato nella Nato che è la Turchia, al corteggiamento discreto ma continuo dell’egiziano al-Sisi e dell’uomo forte libico, il generale Haftar, alle nuove scoperte di enormi giacimenti sottomarini di idrocarburi e gas naturale. Per i lettori che volessero approfondire le ragioni di questa rinnovata pressione russa e le opportunità diplomatiche (non solo a favore di Mosca) che ne potrebbero scaturire, ci sentiremmo di consigliare la lettura di un bel libro di Pietro Figuera (con un’articolata prefazione dell’ambasciatore Guido Lenzi), dal titolo “La Russia nel Mediterraneo. Ambizioni , limiti e opportunità”.
Una lunga premessa, questa, per dire che agli addetti ai lavori il lancio meridiano della Redazione Ansa di Mosca non è certo giunto inatteso. Anche perché i movimenti delle navi da guerra si vedono, richiedono del tempo e sono costantemente monitorati. La “Mega esercitazione navale in Siria” dal 1° all’otto settembre appena annunciata va vista anche come supporto tattico all’imminente offensiva cui si stanno preparando le forze di al-Assad per la definitiva conquista dell’area e della città di Idlib (cfr. Formiche.net di ieri). Certamente, questo è vero nell’immediato. Ma la portata, come si può evincere dal contesto, dalla lunga preparazione e visto anche l’inconsueto dispiego di forze, potrebbe in futuro mostrarsi più ampia e di profondità strategica molto avanzata.
Non è male ricordare che le flotte, che, pur avendone tutte le più sofisticate capacità, difficilmente sparano e fanno male, e che quindi sono un mezzo ideale, sempre preferito in prima istanza dai Governi “forti” per tentare di imporre la propria politica senza incorrere in troppi guai. Certo, l’offensiva di Idlib potrà essere sostenuta da qualche lancio di cruise, tanto per rendere la pariglia alla recente “azione punitiva” americana, e da un interdizione di tipo missilistico dei corridoi di transito per un eventuale supporto aereo Usa o israeliano. Ma è secondario.
La preparazione ad una presenza navale importante dura da troppo tempo. Era il 2013 quando tutte le navi da guerra russe del Mediterraneo venivano raggruppate sotto un unico comando, che faceva capo a Sebastopoli, la roccaforte nel Mar Nero. Ma allora le navi erano solo un quindicina. Oggi sono raddoppiate, più moderne ed efficienti. Quindi, diamolo pure per scontato e ricordiamocelo bene: non solo accademia, e non solo Idlib.