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Aspettando la manovra lo spread ricorda ancora una volta che le parole sono importanti

La sensibilità conta, il tatto anche. Mentre la manovra prende lentamente corpo, non sensa sprint e retromarce, l’occhio dello spread rimane bene aperto e vigile sull’Italia. E su Palazzo Chigi, impegnato fino a ieri nella scrittura della manovra d’autunno. Al Tesoro si lavorerà ancora qualche giorno, giusto il tempo di gettare le fondamenta della ex Finanziaria. Poi, dopo la pausa estiva, bisognerà costruire il resto della casa, compreso il tetto.

Il testo della manovra, quello vero, vedrà la luce solo a settembre, quando una volta individuate le misure da inserire, bisognerà trovare le relative coperture. Nel frattempo però l’unica certezza è che il differenziale Btp-Bund continua ad rappresentare il vero metro di misura del governo gialloverde.

Era già successo con Mps (qui l’articolo di Formiche.net) e anche ieri i mercati hanno dato prova della loro estrema sensibilità. Ieri mattina l’intervista dai toni rassicuranti del ministro Tria al Sole 24 Ore, aveva prodotto dei risultati, facendo scendere  lo spread a 243 punti base, per poi ripiegare ancora a quota 241. Tutto bene se non fosse che a fine giornata, tardo pomeriggio, alcune dichiarazioni rese dal vicepremier Luigi Di Maio e rilanciate da Bloomberg hanno fatto di nuovo alzare la temperatura a 252 punti base. Il concetto riportato dall’agenzia statunitense esprimeva la volontà del governo italiano di giocare duro con l’Ue quando ci sarà da trattare sulla legge di Bilancio. E lo spread ha immediatamente tratto le sue conclusioni.

Ancora una considerazione sullo spread. A maggio, prima che si materializzassero i contenuti del contratto gialloverde, lo spread era a quota 130. Da quel momento il differenziale si è mantenuto costantemente sopra i 200 punti base (stamattina è a 248). Questo significa solo una cosa. Che i mercati e gli investitori sono in attesa di capire, non senza punte di nervosismo, l’effettiva natura della manovra, vero banco di prova per Di Maio e Salvini.

A questo punto è evidente come la prudenza debba essere la filosofia della legge di Bilancio. Nel secondo vertice di ieri sera (prima di cena) a Palazzo Chigi, è rispuntata l’ipotesi di aumentare l’Iva. Sono 12 miliardi abbondanti che il governo aveva intenzione di utilizzare per finanziare la flat tax e il reddito di cittadinanza. La revisione della Fornero, invece, dovrebbe trovare copertura nel taglio alle agevolazioni e nella soluzione amichevole delle liti fiscali, che dovrebbe fruttare più o meno 4 miliardi di euro, praticamente il costo inziale della cosiddetta quota 100 (64 anni + 36 di contributi). Ci sarebbe poi un piccolo giallo, quello degli 80 euro concepiti dall’ex premier Matteo Renzi che si starebbe pensando di abolire, anche se Salvini ha smentito il tutto, così come l’aumento dell’Iva.

Dietrofront che per Renato Brunetta nascondono invece la realtà. “Chiunque conosce l’abc delle dinamiche politiche e istituzionali sa bene che le indiscrezioni giornalistiche sull’attività di governo vengono ignorate oppure vengono smentite con un intervento del Ministro competente per delega, in questo caso Tria, o direttamente da Palazzo Chigi. L’intervento del vicepremier e ministro degli Interni, chiaramente a titolo personale e politico, serve semmai a confermare che queste valutazioni sono effettivamente in corso”.

Tutto questo non fa che riportare il ragionamento al punto di partenza. E cioè che mentre si lavora alla manovra non bisogna perdere d’occhio lo spread. Nemmeno per un minuto.

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