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Da Mercurio a Marte. L’Italia e l’esplorazione spaziale secondo Battiston

Il prossimo futuro promette di rivoluzionare la conoscenza umana del Sistema solare. Ne abbiamo parlato con il professor Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Nel giro di un paio d’anni, partiranno infatti due tra le più ambiziose missioni esplorative, dirette a scoprire i segreti di Mercurio e Marte. In entrambe, il contributo italiano è di primo livello, tra l’altro in un momento in cui il Paese ha messo in piedi uno sforzo coordinato per conquistarsi un ruolo da protagonista nel campo del volo suborbitale. Questo passa anche dalla collaborazione con la prima potenza spaziale, gli Stati Uniti, come ha ricordato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel recente viaggio a Washington. Tutto ciò mentre si appresta a partire questa sera la missione di Aeolus, il cacciatore di venti dell’Esa che vuole rivoluzionare la meteorologia. A portarlo in orbita sarà un Vega, il lanciatore made in Italy realizzato da Avio (l’azienda guidata da Giulio Ranzo), chiamato a confermare il record che ad ora segna undici successi di fila. Inoltre, c’è tecnologia italiana anche su Aladin, l’unico strumento a bordo. I potenti trasmettitori laser che permetteranno di misurare i venti dallo spazio sono stati realizzati da Leonardo, il campione nazionale guidato da Alessandro Profumo, negli stabilimenti di Campi Bisenzio e Pomezia.

Presidente, in rampa di lancio tra le missioni esplorative c’è BepiColombo, in partenza a ottobre direzione Mercurio. Quali sono gli obiettivi?

BepiColombo è una delle più ambiziose missioni programmate dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Mercurio è il pianeta più vicino al Sole ed insieme a Venere, Terra e Marte costituisce la famiglia dei Pianeti terrestri, ossia quelli più vicini alla nostra stella, più piccoli, più caldi e composti prevalentemente di roccia e metalli. Lo studio di Mercurio è quindi importante per definire e validare i modelli di formazione ed evoluzione dell’intero Sistema solare, nonché per comprendere le condizioni limite favorevoli alla nascita della vita sul nostro e su altri pianeti.

E quale è il contributo italiano?

L’Italia dà un contributo molto importante alla missione. Quattro degli undici esperimenti programmati sono italiani, tutti di alto profilo scientifico: Simbio-Sys, un sistema integrato di osservazione e caratterizzazione della superficie del pianeta, realizzato da Leonardo; l’accelerometro ad alta sensibilità Isa; il trasmettitore a microonde More; e l’esperimento Serena. In particolare, quest’ultimo studierà l’ambiente particellare e ci permetterà di conoscere meglio il campo magnetico di Mercurio, le sue caratteristiche fisiche e il suo ambiente influenzato fortemente dalla vicinanza con il Sole, dal quale riceve una quantità di radiazione pari a dieci volte quella che riceve la Terra. Condurre esperimenti con una missione sul pianeta più vicino al Sole comporta delle grandi difficoltà tecniche: l’ambiente in cui la sonda dovrà operare avrà un’escursione termica con temperature che andranno da più 400 gradi a meno 200, si tratta di una grande sfida tecnologica, una base per poter realizzare veicoli spaziali che in futuro potranno spingersi oltre i confini del sistema solare.

Il contributo italiano è rilevantissimo anche per un’altra missione su cui c’è grande attesa: ExoMars 2020. Cosa si aspetta dal programma, anche considerando la recente scoperta (italiana) di acqua sul Pianeta Rosso?

L’acqua liquida nel sottosuolo di Marte è una delle più importanti scoperte degli ultimi anni. Ma non è casuale. Sono decenni che il sistema spaziale italiano è impegnato nelle ricerche su Marte insieme all’Esa e alla Nasa. I risultati di Marsis (il radar realizzato in Italia da Thales Alenia Space che ha permesso di individuare acqua liquida nel sottosuolo marziano, ndr) oltre a confermare l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia sono un’ulteriore riprova dell’importanza di ExoMars che nel 2020 arriverà sul Pianeta rosso alla ricerca di tracce di vita. La possibilità di trapanare il suolo marziano fino a due metri di profondità, e quindi di andare oltre la superficie sterilizzata dai raggi cosmici, promette importanti scoperte scientifiche.

Nel frattempo, nel territorio nazionale tiene banco il tema del suborbitale. L’Italia può davvero essere il riferimento in Europa per questo tipo di voli?

È un’importante occasione per l’Italia di capitalizzare la sua esperienza in un settore strategico della Space economy in grado di attrarre capitali privati. Nel 2015, con l’IXV, siamo stati il Paese guida del primo e unico esempio di navicella di volo suborbitale europeo (con un lanciatore Vega), la quale ha eseguito un servizio punto-punto partendo dalla Guyana francese e ammarando nel Mar della Cina. Da quell’esperienza, dall’esperienza di Virgin Galactic (l’azienda americana, guidata da Richard Branson, che punta sul volo suborbitale, ndr) e dalla collaborazione tra le nostre agenzia e i nostri sistemi industriali può nascere qualcosa di importante per il sistema spaziale italiano. Aziende come Virgin, Sitael e Altec (partecipata di Thales Alenia Space e Asi) sono il mix ideale per realizzare in Italia un progetto ambizioso, in preparazione degli sviluppi futuri in grado di sfruttare lunghi periodi di microgravità per la realizzazione e lo studio di nuovi materiali in orbita, in particolare nel settore biomedico e farmaceutico.

Nel recente viaggio a Washington, il presidente del Consiglio ha fatto esplicito riferimento alla collaborazione tra Asi e Nasa…

Sono state parole importanti, collegate all’eccellente incontro che c’è stato tra le due agenzie nel corso del recente salone dell’aerospazio di Farnborough, quando ho incontrato Jim Bridenstine, neo administrator della Nasa. Allora, è stata analizzata l’intensa collaborazione tra i due Paesi nell’esplorazione spaziale e sul tema del suborbitale come settore di sviluppo tecnologico che coinvolge il comparto industriale di entrambi i Paesi. Il riferimento è a una forte e consolidata collaborazione, per la quale basti ricordare gli accordi tra Asi e Nasa sugli MPLM che l’Italia ha fornito per la realizzazione della Stazione spaziale internazionale in cambio dell’utilizzo di voli per i nostri astronauti. Ancora una volta lo spazio unisce Italia e Stati Uniti.

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