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Il no deal sulla Brexit è all’orizzonte (e per gli esperti non è un problema)

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L’ex leader dei Tory, Iain Duncan Smith, qualche settimana fa ha dichiarato, “se non avremo un accordo commerciale con l’Ue, ci limiteremo a negoziare i termini dell’Organizzazione mondiale del commercio, che è il modo in cui la maggior parte dei paesi commerciano tra loro. Non sarebbe un rammarico. Con l’ipotesi ‘no deal’ non ci schianteremo, al contrario, ripeto, ci sposteremo verso le regole dell’OMC, che è il modo in cui Ue e Usa commerciano al momento”. Anche l’ex ministro per lo sviluppo internazionale, Priti Patel, dopo un silenzio durato qualche mese, ha ritenuto opportuno rilasciare una dichiarazione in merito: “Dovremmo essere liberi di creare nuovi accordi commerciali in tutto il mondo e abbandonare il protezionismo dell’Ue. Questa sarebbe davvero una cosa positiva e che dovremmo celebrare. Niente di cui rammaricarci”.
A metà luglio, un sondaggio ComRes rilevava che il 39% degli inglesi è dell’idea che il primo ministro “dovrebbe optare per un no deal e il Regno Unito lasciare l’Ue senza legami”. Sarebbe, invece, il 20%, a tifare per il White paper di May: il piano partorito ai Chequers che per i critici non è nient’altro che tenere un piede dentro e uno fuori dalla Brexit. È certo che il dibattito su come proseguire con il divorzio da Bruxelles sta infiammando il Paese. Ed è scontro aperto tra economisti.
Quando qualche giorno fa il governatore della Banca d’Inghilterra si è detto estremamente preoccupato per la possibilità del no deal, i conservatori non l’hanno presa bene. Le dichiarazioni di Carney sono state viste come nient’altro che il tentativo di suscitare paure negli inglesi e orientare il governo ad accettare un accordo che legherà la Gran Bretagna a Bruxelles. D’altronde sono parole che s’inseriscono in settimane di polemiche in cui si è detto che il Regno Unito sarebbe andato incontro a scenari da incubo: supermercati saccheggiati e diabetici senza insulina erano le previsioni più rosee. E nel frattempo si inseguivano gli annunci di grandi aziende che chiedevano di lasciare il Regno Unito, salvo poi smentire. Come il caso di Jaguar e Land Rover che sono state costrette ad ammettere di non aver minacciato niente di simile.
Secondo David Collins, professore di diritto Internazionale ed economia della City alla Università di Londra, i moniti dei Remainers su quelle che potrebbero essere le conseguenze del no deal, stanno cominciando ad assomigliare a un gioco al rialzo degno dei Monty Python. Persino Doug Gurr, capo di Amazon nel Regno Unito, si è inserito nel dibattito. Pare, infatti, che abbia detto a Dominic Raab  – capo negoziatore della Brexit per l’Inghilterra – che senza un accordo con Bruxelles il Paese andrà incontro a veri e propri “disordini civili”, “quindici giorni dopo il brusco divorzio e la Gran Bretagna sarà nel caos”, ha concluso bruscamente.
Il professor Collins, però, ha fatto notare che il non garantire un accordo di libero scambio con l’Ue significa semplicemente che il Regno Unito negozierà con l’Ue alle condizioni stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Il governo dovrebbe, fin dall’inizio, secondo il professore, presentare l’opzione dell’OMC come valida alternativa alla linea dura dell’Unione europea. Gli scambi commerciali dell’organizzazione mondiale del commercio impongono a Bruxelles di mantenere i confini il più possibile privi di attrito e le norme interne vietano la discriminazione di prodotti esteri.
Liberarsi dell’unione doganale dell’Unione Europea, infatti, permetterebbe al Regno Unito di incrementare il commercio con gli altri paesi del mondo, sfruttando le regole dell’OMC che consentono ai paesi di offrire accordi commerciali preferenziali alle nazioni con cui negoziano. E mentre Collins dimostra come non ci sarebbe nulla da temere, e che anzi il Paese vivrebbe di un effetto traino notevole, altri fanno notare che l’accordo dei Chequers voluto dalla May costringerebbe gli inglesi ad aderire ad una versione debole del mercato unico e dell’unione doganale. Le prospettive suggeriscono una consistente privazione di libertà.
Quel che risulta evidente, ad ogni modo, è che non è una buona strategia darsi per disperati come invece ha fatto il governo fino a qualche settimana fa, salvo, poi, aggiustare un po’ il tiro. Quanto a resto, è tutto da vedere e per le vere novità ci sarà da aspettare l’autunno. Intanto il no deal resta all’orizzonte.
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