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Perché Salah al-Aruri, numero due di Hamas, è atteso a Gaza

Salah al-Aruri è il numero due di Hamas, vicino al leader Yiahya Sinwar. Ha costruito l’infrastruttura politica e militare di Hamas nella West Bank. Dopo diciotto anni nelle prigioni israeliane, è esiliato in Giordania, Turchia, Qatar e Siria – ogni volta espulso per le sue attività terroristiche. Al-Aruri ha pianificato e coordinato decine di azioni terroristiche, compresi il rapimento e l’assassinio dei tre ragazzi autostoppisti nel 2014. Vicino alla dirigenza iraniana sin dagli anni ’90, al-Aruri è stato personaggio chiave nel riavvicinamento tra Hamas e il regime di Teheran, dopo la rottura dovuta alle posizioni anti-Assad dell’organizzazione terroristica che domina Gaza.

Dopo alcuni articoli comparsi sulla stampa, la dirigenza di Hamas ha confermato che al-Aruri arriverà a Gaza questa sera 3 agosto per discutere con il leader Sinwar dell’accordo regionale cui lavorano Egitto, Israele, Onu e forse anche Stati Uniti. Hamas ha ufficialmente confermato la notizia dopo aver avuto l’assicurazione da parte di Israele che non ci sarebbero stati tentativi di eliminare il leader di Hamas.

Hamas ha concordato due cessate il fuoco che non ha rispettato e che hanno riguardato solo i missili, mentre gli aquiloni incendiari continuano a esser lanciati. Il ministro della Difesa israeliano Avigdor Liberman, (in foto), ha annunciato che Israele interromperà la fornitura di gas in conseguenza all’interrotto lancio di aquiloni che causa occasionali scontri al confine con Gaza.

Dopo la vasta operazione militare della settimana scorsa, sono continuati i tentativi di portare Hamas a trattare su un accordo che tolga parzialmente le sanzioni su Gaza e che porti un cessate il fuoco più duraturo. In particolare Egitto e Onu hanno lavorato quotidianamente per convincere Hamas ad arrivare a un accordo, mentre il coinvolgimento di Israele sarebbe rimasto più “discreto”. Così anche il coinvolgimento degli Stati Uniti, boicottati da Anp e da Hamas successivamente allo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme.

Al-Aruri ha avuto un ruolo centrale nelle negoziazioni che nel 2011 hanno portato alla liberazione del soldato israeliano rapito da Hamas nel 2006 e circa 1,027 palestinesi e arabi israeliani che stavano scontando nelle carceri israeliane pene per reati legati al terrorismo. La sua venuta a Gaza ha portato un vento di ottimismo e di speranza per un futuro prossimo accordo con Hamas che dovrebbe portare benefici alla popolazione di Gaza e tranquillità nel sud di Israele e nelle comunità israeliane nella West Bank.

Non è chiaro quale sia il vero scopo di questo incontro. Al-Aruri è stato lo stesso leader di Hamas che ha arruolato e riattivato cellule con gli stessi condannati liberati nel 2011. È la mente di diversi attentati terroristici che negli ultimi anni hanno coinvolto un minimo numero di persone, diminuendo il rischio di scontri con le forze dell’ordine. Non è ancora chiaro se sia Hamas o quale altro gruppo terroristico che pianifica la propaganda internet che radicalizza giovani palestinesi e li porta a compiere attentati isolati. L’ultimo è accaduto il 26 luglio: Mohammed Tareq Yussef, di 17 anni, si è introdotto nell’insediamento di Adam ed ha accoltellato tre israeliani uccidendone uno.

Già a gennaio di quest’anno il Servizio di Sicurezza Generale aveva messo in guardia le autorità israeliane di fronte a una nuova ondata di attacchi terroristici nella West Bank, che ha raggiunto il picco a maggio con più di 300 azioni condotte da singoli verso soldati e civili israeliani.

L’Egitto ha dimostrato la capacità di portare Hamas a brevi tregue. Le pressioni di Anp, Egitto e Israele hanno portato a una breve crisi di Hamas con una parziale rivolta della popolazione, ma il rinnovato sostegno dell’Iran ha nuovamente rafforzato l’organizzazione terroristica.

Sinwar e al-Arari non credono in un accordo con Israele e mirano a conquistare anche la West Bank. Un accordo potrebbe portare tranquillità nel medio periodo almeno a Gaza e maggiori minacce nella West Bank. Dovessero fallire i negoziati, nuovo scontri sarebbero l’immediata conseguenza.

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