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Salvini e Orban, ecco la coalizione che governerà la Ue. Parla Picchi

L’internazionale sovranista alle europee, il patto Salvini-Orban, il caso Diciotti, la doccia fredda europea sull’operazione Sophia. Guglielmo Picchi, sottosegretario agli Esteri, già consigliere di politica estera di Matteo Salvini, non nasconde la sua delusione per come l’Ue sta rispondendo alle richieste di aiuto italiane. Ma c’è un’occasione di riscatto. Le elezioni europee – spiega in questa intervista a Formiche.net – saranno il preludio di una nuova Europa dei popoli. Per il nome del nuovo movimento ci sarà tempo. “Chiamatela internazionale sovranista o populista, i fatti parlano: saremo in tanti”.

È contento dell’incontro fra Salvini e Orban?

Orban non solo è un amico dell’Italia, ma anche un leader riconosciuto da altri Paesi cui in molti inizieranno a guardare con attenzione.

Come fa a essere amico dell’Italia il leader di un Paese che non ha mai accettato di aiutarci?

Non vedo contraddizioni nell’allineamento con Orban. La posizione di Salvini è chiara: i migranti non li vogliamo. Li riportiamo in Libia o qualcuno ci dà una mano? Noi continueremo a fare di tutto per non farli arrivare. Non ci sono trattati bilaterali per i rimpatri, basta un volo di sola andata. Se mi presento al controllo immigrazione degli Stati Uniti senza visto nessuno telefonerà alla Farnesina. Mi mettono sul primo aereo per tornare indietro.

E chi ha diritto d’asilo?

Noi non abbiamo il problema di accogliere chi ha diritto d’asilo. Gli aventi diritto d’asilo, cosa ben diversa dai richiedenti asilo, sono sempre stati accettati. Parliamo di numeri minori. Diverso è il richiedente asilo portato dalle ong che, pur non avendo diritto, riesce a far ricorso e rimane per due anni sul suolo italiano a carico dei cittadini. Un cittadino marocchino non ha nessun diritto d’asilo, perché in Marocco non c’è la guerra né persecuzioni politiche. In questi casi i rimpatri devono essere automatizzati.

I migranti scesi dopo dieci giorni dalla nave Diciotti sono ora in un centro gestito da una prefettura. È servito a qualcosa il braccio di ferro?

Ecco il risultato: oggi l’ultima Ong che faceva da traghettatore di migranti dalla Libia ha rinunciato alle sue operazioni (Open Arms, ndr). Ora dobbiamo spiegare anche alla Guardia Costiera che è meglio restare nelle proprie acque territoriali senza stare troppo a Sud. Più vicino sta alle nostre coste meno rischi ci sono di incontrare un barcone.

Continua l’empasse sulla riforma di Dublino. Come uscirne fuori?

Per riformare Dublino serve una maggioranza di blocco. Fino ad oggi questa maggioranza era costituita da Orban e gli altri tre Stati di Visegrad. Ora si sono aggiunti anche croati e sloveni, e siamo a sei Paesi. Con l’Austria e l’Italia siamo a otto. Le proposte che vengono da questo blocco non potranno più essere ignorate.

Una riforma è stata già presentata dal Parlamento, ma poi è naufragata anche grazie al no italiano…

La riforma di francesi e tedeschi si basa tutta sulle ricollocazioni ma non è questo il problema. La soluzione è non fare arrivare più migranti in Europa. Questo è il punto politico che si confonde. Gli altri vogliono gestire i flussi, noi li vogliamo fermare. Se i migranti non arrivano più la riforma non sarà più un problema urgente. Oggi è un’emergenza, ma finisce di esserlo nel momento in cui creiamo un sistema europeo che sigilli i confini nazionali. I francesi già lo fanno a Bardonecchia e Ventimiglia, checché ne dica Macron. Per di più se atterri all’aeroporto di Charles De Gaulle sei costretto a fare i controlli con gli extracomunitari, senza un passaggio preferenziale per i cittadini europei.

La richiesta di una rotazione dei porti nell’operazione Sophia portata a Bruxelles da Elisabetta Trenta è stata respinta. Ora Salvini minaccia di abbandonarla..

Certo che dobbiamo abbandonarla. Sono tutti bravi a parlare, ma i porti sono nostri, e ora sono chiusi. Non teniamo in piedi una missione militare per fare contenti gli altri Paesi, che così possono restare a guardare mentre i migranti vengono da noi. Sono deluso, perché mi rendo conto quanto miope sia l’attuale élite europea che ha in mano la Commissione e molti dei governi in carica. Non ce l’ho con i francesi, ma mi rendo conto che hanno un governo che va contro gli interessi dei popoli europei perché pensa solo a se stesso.

Conte ha convocato a Roma una conferenza internazionale sulla Libia a settembre. La cabina di regia Italia-Usa sarà decisiva per stabilizzare il Paese?

L’apporto della comunità internazionale è ancora fondamentale per stabilizzare la Libia. Due Paesi servono più degli altri. Uno è la Russia, perché è interlocutore indispensabile per parlare con Al Sisi e Haftar, l’altro sono gli Stati Uniti, perché gli americani sono presenti in tutta la regione e sono ancora determinanti. In questo quadro si deve inserire una mediazione italiana. Indire le elezioni a dicembre mentre a Tripoli continuano a spararsi mi sembra velleitario.

Macron ha detto ai suoi ambasciatori che con la Russia bisogna tenere un dialogo aperto. Su questo non è così lontano da Salvini..

Solo un folle può non considerare la Federazione russa come un interlocutore. È una potenza nucleare, presente in qualsiasi scenario geopolitico, da cui non si può prescindere in politica estera. Macron era convinto di avere chissà quale rapporto con gli americani. Ora ha scoperto che non è così, tanto sulla politica economica quanto su dossier diplomatici come l’accordo sul nucleare iraniano. Dopo averci ripetuto per anni che siamo brutti e cattivi perché parliamo con Putin ha capito che con la Russia bisogna parlarci, così come lo ha capito Angela Merkel. Mi sembra più una scelta dettata dal cartellino giallo di Trump che da ragioni strategiche.

I russi stanno conducendo un’imponente esercitazione navale al largo delle coste siriane in vista dell’offensiva per riprendere Idlib. C’è da preoccuparsi?

I russi hanno liberato Palmira e hanno sconfitto boots on the ground l’Isis in Siria. La riconquista dell’integrità territoriale siriana è nell’interesse di tutti. Fin quando la Siria non sarà riconquistata è meglio lasciare lo status quo, per stabilizzare la regione e fermare le ondate migratorie verso l’Europa. Dopo si dovrà parlare di una transizione dal regime di Damasco. Non ci siamo dimenticati di Assad.

Torniamo alla politica. Quanto lontano può andare alle europee la Lega delle Leghe di Salvini?

Parto da una constatazione: il prossimo Parlamento Europeo non avrà i britannici, che erano un nucleo fondamentale del Partito Socialista Europeo. È evidente dunque che popolari e socialisti insieme non avranno una maggioranza per dare una governance al Parlamento. Nel nostro campo ci sono una serie di forze che alle scorse elezioni godevano di consensi limitati e che in questo momento partecipano a una coalizione di governo o sono le principali forze di opposizione nei rispettivi Paesi.

Ad esempio?

Qualche giorno fa ho incontrato a Berlino Alice Weidel, la leader di Afd, un partito che oggi nei sondaggi è al 17-18% e che quindi potrebbe eleggere 23-24 eurodeputati. La Lega nel 2014 prese il 6%, a questo turno andrà molto bene. E poi c’è Orban.

Che è nel Ppe..

Premesso che le alleanze nell’Europarlamento spesso rispondono a ragioni prettamente numeriche – il caso Farage-Grillo docet – credo che si formerà un nuovo blocco di forze conservatrici e populiste con cui all’indomani delle elezioni i popolari potranno trovare un’intesa. I Democratici Svedesi, il Front National, la Lega, Afd, i conservatori polacchi di Kaczynski. Chiamatela internazionale sovranista o populista, i fatti parlano: saremo in tanti. È un movimento ancora in fase di formazione, che sta trovando nella figura di Salvini un potenziale leader.

Popolari e populisti insieme?

Orban è un popolare, Salvini è un populista. È un’alleanza che funziona in tanti comuni italiani ma anche in alcuni Paesi europei, penso all’Austria o alla Baviera, dove alle prossime elezioni non è esclusa un’intesa di governo fra Csu e Afd. Potrebbe funzionare anche alle europee. Dopotutto nel Ppe i popolari vecchio stampo come Juncker stanno diventando minoritari, lasciando spazio a gente più sensibile alle tematiche sovraniste come Seehofer e Kurtz.

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