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Contro il pugno duro di Salvini, i vescovi hanno teso la mano. Ecco perché

Chiesa

“Liberi i profughi”. È il titolo di Avvenire a dare in una parola la valutazione più importante sulla vicenda dei profughi della nave Diciotti. Basta pensare a qual è la condizione in cui si trovi chi poi viene liberato. Mettendo questo titolo insieme alle affermazioni del presidente di Caritas Italiana, cardinale Francesco Montenegro, si ha l’impressione che siano stati loro, insieme al presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, i protagonisti di un’operazione che forse potremmo chiamare il nuovo capolavoro diplomatico del segretario di Stato Pietro Parolin: la definizione degli aderenti e delle quote di partecipazione per consentire l’accoglienza per i disperati della Diciotti. Difficile infatti pensare a un’azione di questa portata, che coinvolge forse non casualmente l’Irlanda, Paese dove si è recato proprio in queste ore Papa Francesco, senza la regia del segretario di Stato vaticano. La presenza irlandese indica un segnale di attenzione a Francesco? Forse sì, come ne raccoglie certamente la preoccupazione l’adesione della Cei, spiegata così dal portavoce, don Ivan Maffeis: “Non era più sostenibile la situazione e per questo la Chiesa italiana ha deciso di aprire le porte, nel rispetto dei principi espressi più volte dal Papa”. Il risultato di un’azione diplomatica importante e che coinvolge la Chiesa non può non far pensare anche a Sant’Egidio.

Ma tralasciando il versante diplomatico parte proprio dal titolo di Avvenire il professor Rocco D’Ambrosio, ordinario di filosofia politica alla Gregoriana e tra i promotori della lettera ai vescovi italiani sul razzismo: “Questo titolo mi ha fatto pensare, come cristiano, alla liberazione che Gesù dona a tutti, ma anche all’ennesima schiavitù inflitta a questi fratelli e sorelle da menti perverse, criminali e, in ultimo, da chi gioca con il suo ruolo sulla pelle di innocenti. Liberi anche perché in questo Paese, ringraziando il cielo, l’assetto costituzionale regge. Nonostante tutto ci sono magistrati che fanno il proprio dovere, obbedendo solo e solamente alla legge. Liberi perché l’indignazione di diverse persone ha mosso anche soggetti istituzionali ed ecclesiali a fare di tutto. Liberi, grazie a Dio e a tutti quelli che hanno dato una mano”.

E che fosse l’ora di dare una mano lo aveva affermato proprio il cardinale Montenegro, pochi giorni fa: “Ci sono uomini e donne sofferenti su quella nave. A volte mi viene da pensare che se a bordo della nave Diciotti ci fossero stati degli animali li avremmo trattati meglio, perché se abbandono un cane in autostrada vengo perseguito, mentre possiamo abbandonare esseri umani in mezzo al mare”. In questa intervista a Vatican Insider il cardinale Francesco Montenegro, presidente di Caritas, ha rappresentato così il pensiero più in sintonia con l’idea di Francesco di Chiesa ospedale da campo, consapevole che la partita in gioco nel porto di Catania era innanzitutto la partita della dignità umana di quei profughi, di quelle donne, di quei bambini, ma anche del Vangelo.

L’ospedale da campo di Jorge Mario Bergoglio non sarà mai strutturato in padiglioni, con primari e strutture gerarchiche, altrimenti la Chiesa cesserebbe di essere Chiesa e diventerebbe una sorte di Confindustria dei vescovi. I cardinali Bassetti e Montenegro ne sono stati i migliori interpreti in questa circostanza, probabilmente sotto l’accorta regia del diplomatico per eccellenza, il cardinale Parolin, mentre intorno alla nave Diciotti si alzavano muri. “Accogliamoli noi, non possono più restare lassù”. Queste parole attribuite da alcuni giornali a Papa Francesco indicano con plausibile precisione lo spirito proprio dell’ospedale da campo che Bergoglio sta cucendo su una Chiesa che a dire il vero ha anche sacche di resistenza. Incuriosisce ad esempio la scelta dell’arcivescovo di Catania di delegare il direttore della Caritas diocesana a pronunciarsi in merito. E i toni in questi giorni sono diventati sorprendenti. È ancora il cardinale Montenegro ad aver detto le parole più chiare al riguardo: “Nelle parrocchie oltre ai riti e alle devozioni, dobbiamo dar spazio alla Parola e all’annuncio”.

Se un giornale on line arriva a parlare e con favore della teologia della prosperità, argomento elitario ma importante visto che ritiene povertà e malattia indici di un non amore di Dio e al centro di un importante studio firmato da Antonio Spadaro e Marcelo Figueroa, questo potrebbe accadere perché questa teologia portatrice di un vangelo tutto nuovo deve far presa anche in Europa, non soltanto in alcune nuove realtà americane.

In sostanza dando il via a questa operazione di salvataggio si può dire che le alte sfere vaticane abbiano avviato nel migliore dei modi le celebrazioni del cinquantacinquesimo anniversario del più famoso discorso di Martin Luther King, che alla fine di agosto del 1963 nel suo famoso discorso “I have a dream” disse: “O impariamo a vivere come fratelli e sorelle o periremo tutti come degli stolti”. La salvezza dei disperati della Diciotti è anche figlia di quel sogno evangelico.

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