Tornano oggi in vigore parte delle sanzioni statunitensi contro l’Iran, come conseguenza della decisione resa esplicita da Trump l’8 maggio scorso di far ritirare gli Usa dall’accordo sul nucleare con Teheran. Nella Repubblica Islamica gli effetti del ritiro di Washington si fanno sentire già da tempo, e la fragile ripresa che aveva caratterizzato il periodo successivo alla chiusura dell’accordo ha da qualche mese lasciato il posto a un peggioramento progressivo delle condizioni di vita degli iraniani.
In questo contesto, il nuovo Focus dell’Ispi cerca di capire quali possono essere le prospettive per l’Unione europea, che a differenza degli Usa ha scelto di non uscire dall’accordo stretto nel 2015, e per l’Italia, che come è noto ha interessi economici non indifferenti nel mercato iraniano.
Come chiarisce l’analisi di Annalisa Perteghella, l’interscambio italiano con l’Iran è infatti il primo in Europa e ha ormai superato la quota precedente le sanzioni. La sospensione, nel 2015, delle sanzioni secondarie Usa, che “colpiscono i soggetti non statunitensi che intrattengono relazioni economiche e commerciali con l’Iran…ha significato la possibilità di riprendere le transazioni economiche e commerciali con l’Iran”. Con la loro reimposizione, l’Italia “rischia di essere gravemente penalizzata dalla reintroduzione delle sanzioni secondarie Usa”.
LA STRATEGIA AMERICANA
La decisione dell’amministrazione Trump di abbandonare l’accordo sul nucleare è parte della più grande strategia, definita dalla stessa amministrazione Usa “della massima espansione”, che punta a “stimolare il cambiamento del Paese attraverso il suo rinnovato isolamento economico”. Oltre alla strategia di pressione economica, Stella Morgana, PhD candidate alla Leiden University, suggerisce che “da dicembre 2017 l’amministrazione americana si spende in diverse attività finalizzate a fomentare pubblicamente i focolai del malcontento in Iran. Nel tentativo di erodere il consenso del regime di Teheran”. Fa parte di questa “guerra di parole” anche il recente accreditamento a Washington del gruppo dei Mojaheddin-e Khalq, un gruppo radicale dell’opposizione iraniana in esilio che, tuttavia, come spiega Perteghella nel suo approfondimento, “difficilmente può essere considerato un’alternativa auspicabile all’attuale regime.
LE CONSEGUENZE SULLA POLITICA INTERNA IRANIANA
Se non altro, la pressione esercitata dagli Usa nei confronti del regime di Teheran, sembra abbia avuto l’effetto di “ricompattare la classe politica iraniana attorno alla figura del presidente, al fine ultimo di assicurare la sopravvivenza della Repubblica islamica”. Tuttavia, avvertono i ricercatori Ispi, la debolezza di Rouhani suggerisce che “assisteremo nei prossimi mesi a uno spostamento dell’asse della politica iraniana verso le fazioni più conservatrici”. Sul fronte esterno invece, restano attivi i canali di dialogo con l’Ue, India, Cina e Russia. Nel frattempo, come spiega Perteghella nel suo commentary, “a Teheran torna prepotente le retorica sull’economia di resistenza”, una strategia già sperimentata in occasione delle sanzioni del 2012 e che punta sulla produzione interna come sostituto delle importazioni.
L’ITALIA E L’EUROPA
Come detto, il naufragio dell’accordo sul nucleare non rischia solo di “aprire un nuovo fronte di instabilità regionale,”, con conseguenze negative per tutti i Paesi della regione e per quelle nazioni europee che in questi anni hanno sofferto gli effetti del caos mediorientale. La reintroduzione delle sanzioni ha anche importanti ricadute di natura economica per i Paesi europei. Come ricordano nella loro analisi Annalisa Pertheghella e Tiziana Corda , l’Italia, nel 2017 ha visto crescere il suo interscambio con Teheran del 97% rispetto al 2016, arrivando a toccare quota 5 miliardi di euro. La capacità di risposta del nostro Paese alla reintroduzione delle sanzioni è, secondo i ricercatori Ispi, “legata all’azione in sede europea”. Tuttavia, “Bruxelles si scontra con la limitatezza delle opzioni a disposizione per mettere a riparo le proprie imprese da sanzioni che hanno portata globale”.