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Savona, Tria, il Quirinale, la manovra e il rapporto con la Cina. Parla Pelanda

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Perché il ministro Paolo Savona, persona mite e silenziosa, ha sentito il bisogno di mandare una lettera ad alcuni giornali economici rispolverando i principi di una buona, per quanto per lui ovvia, prassi di politica economica attiva? Parte da qui il ragionamento che Carlo Pelanda, professore di Economia all’Università Guglielmo Marconi di Roma ha affidato questa mattina alle pagine de La Verità. A lui, che più volte ha lavorato fianco a fianco con il ministro degli Affari europei del governo gialloverde, abbiamo chiesto cosa bolle nella pentola dell’esecutivo messo a dura prova dalle ipotesi di un possibile attacco speculativo nonché dal tragico disastro che ha colpito la città di Genova. Ma non solo. Quello che preoccupa Pelanda è “la guerra civile interna”, quella “voglia matta di mettere in difficoltà questa maggioranza fino a prevalicare l’interesse nazionale”. In quanto a Tria, riuscirà nel suo viaggio in Cina a far fruttare bene i suoi buoni rapporti con i cinesi senza scontentare gli Stati Uniti. Non ci sono dubbi.

Lo stupore di Pelanda è ben argomentato: “Se Savona si sente costretto a mandare una lettera ai giornali con la scusa di alcune polemiche fatte sulla stampa, ribadisce la linea di politica attiva e scrive che questa è la logica giusta, vuol dire che all’interno del governo sta succedendo qualcosa”.
Ovvero? “Che qualcuno sta inserendo una logica non economica per logiche diverse”, dichiara il professore dell’Università Marconi a Formiche.net. Vediamo di chi si tratterebbe. “La mia sensazione è che il governo abbia un po’ paura, che si stanno facendo impressionare da quei tipici giochi di condizionamento molto italiani”, afferma Pelanda. Ad esempio? “C’è un eccesso di prudenza da parte del Quirinale, magari anche per buoni ragioni, che spinge per l’euro conformismo probabilmente per timore che una politica attiva posso risultare non credibile agli occhi della Commissione europea. A questo dobbiamo aggiungere il terrorismo perpetrato dai fondi italiani su quelli che possono essere i rischi da parte delle agenzie di rating”.

In sintesi il pensiero di Savona spiegato da Pelanda: “Per Savona ci sono tutte le possibilità di proporre una politica economica attiva in cui noi mettiamo nei calcoli previsionali l’incasso dei futuri investimenti, pubblici e privati. Ma il ministro vede probabilmente che l’impostazione più attiva che il governo ha dimostrato di avere a luglio comincia ad avere degli scossoni. Quello che dice sul Sole 24 ore e su Milano Finanza sono concetti che insegniamo nelle università. Cioè lo standard della politica economica è che di fronte ad un rischio di recessione e di sfiducia da parte del mercato sulla stabilità del debito dimostra di riuscire a fare crescita. In quello che ha detto Savona ci sono cifre fattibili. Ma poniamo che siano di meno. Solo per il fatto di presentarsi alla Commissione europea con una previsione attiva e credibile, mostrando dove muovo gli investimenti e dimostrando per il 2019 una crescita superiore all’1%, il deficit e l’equilibrio del bilancio verrebbero calcolati su questo scenario più ottimistico”.

Questa sarebbe per Pelanda la linea più logica. Il confronto con l’ex ministro Padoan è presto fatto: “Negli ultimi tre anni invece l’approccio è stato quello di adeguarsi alle previsioni, cercando l’equilibrio di bilancio a scapito delle risorse di sviluppo. Una reazione difensiva di estremo euro conformismo. È stato sorprendente per un professore assistere alla politica statica dell’ex ministro dell’Economia, condizionato da logiche non economiche, le stesse che in questo momento sembrano bloccare Tria, il quale nella sua intervista al Sole 24 Ore ha dato, senza fornire numeri, la stessa impostazione di Savona, quella cioè di una politica economica attiva con forte leva di investimenti”.

Una precisazione il professore vuole farla: “Savona non mette in dubbio di tenere il deficit entro i limiti imposti dall’Europa, ma serve un documento previsionale sulla crescita che tenga conto degli investimenti. Penso che sia sconcertato dal vedere che questo semplicissimo punto logico non riesca a fare breccia”. Poi per un attimo prova a mettersi nei panni di Tria: “Capisco che se ti trovi contro la Ragioneria dello Stato, e il Quirinale che non ti sostiene, sei accerchiato”.

E da qui la risposta all’interrogativo che ci siamo posti all’inizio di questa intervista: “Mi ha colpito molto il fatto che lui da una posizione governativa esprimesse quelle posizioni. La mia idea è che Savona sia intervenuto con quella lettera per cercare di aiutare in qualche modo Tria ad affermare una logica economica che abbia senso in una situazione dove il governo sta mostrando di avere paura. C’è un triumvirato in Italia, c’è il Quirinale a cui fa riferimento tutta la burocrazia strategica che antagonizza questa maggioranza, e poi ci sono Salvini e Di Maio. Un triumvirato dove però ognuno si taglia le proprie fette. E Savona, che è una persona molto silenziosa, ma con un’enorme esperienza alle spalle, sta cercando di dare l’immagine che ci sia qualcuno che sappia governare”.

La conclusione è dunque: “Non si può governare con la paura. Ci sono risorse e strumenti. E mentre scriviamo questa intervista sembra svanire la possibilità di un’alternativa esterna, un fondo sovrano di Mosca, per fare quadrare i conti italiani prefigurata questa mattina su La Stampa. “È chiaro che nel caso peggiore se la Bce non aiuta qualcun altro deve farlo. Ci sarà un aiuto da parte degli americani, uno scambio con i cinesi, e qualora servisse anche dei russi. È chiaro che se questa operazione venisse fatta malamente creerebbe seri problemi con l’unica sponda forte dell’Italia, gli Usa”, commenta il professore.

In quanto alla imminente missione di Tria in Cina Pelanda non ha dubbi: “Non credo che Tria vada in Cina per mettersi in ginocchio e chiedere aiuto. Il punto è difendersi dalla concorrenza degli altri europei sui terminali di alcuni transiti della cosiddetta via della seta. Se poi la Cina compra un po’ di debito italiano ben venga”, commenta Pelanda. Perché effettivamente un problema c’è: “In questo momento nel mercato globale si sta riducendo la liquidità perché le banche centrali, a parte quella giapponese, stanno man mano riducendo la massa di liquidità che era servita negli anni passati a comprare titoli di debito. In più c’è una fuga dei capitali verso il dollaro e una percezione dei rischi piuttosto elevata per l’Italia. Questo potrebbe portare a ridurre la platea di compratori di debito italiano”.

“Ma – sottolinea l’esperto – non dimentichiamo che chi ha in mano il mercato finanziario è il potere americano, non quello cinese. Dal momento che l’Italia ha stabilito un rapporto privilegiato con la gli Stati Uniti, deve stare attenta a mantenere un equilibrio nei rapporti con la Russia e con la Cina, altrimenti si fa fregare dai concorrenti. La Germania ha fatto finta di arrendersi a Trump e ha bloccato alcuni investimenti cinesi in Germania, ma sottobanco vanno d’amore e d’accordo. Lo stesso con Putin. Motivo per cui Trump ci tiene molto ad avere un’alleanza con l’Italia per avere un cuneo dentro l’Eurozona. Per l’Italia ciò può essere vantaggioso ma non può mettersi contro Russia e Cina”.

I rapporti di Tria con la Cina non sono in discussione. “La sintonia del nostro Paese con gli Stati Uniti contro Francia e Germania non impedisce di mantenere delle buone relazioni con la Cina, lì dove queste non siano viste in funzione anti americana. Tria è consapevole che Conte e Trump si sono messi d’accordo su una serie di cose, non ultimo un sostegno degli Stati Uniti se il mercato andasse giù pesante sulla speculazione sul debito italiano. Idea di un’alleanza privilegiata con l’Italia che il Presidente americano ha inteso ribadire in occasione del crollo del ponte di Genova”, spiega Pelanda ricordando il recente viaggio di Conte a Washington“, commenta Pelanda.
Nessun problema per il 5% di Atlantia detenuto da un fondo cinese dopo la presa di posizione del governo Conte nei confronti di Autostrade per l’Italia: “I governi non ragionano così. La visita di un ministro dell’economia si concentra su alcune questioni di dettaglio, mentre per le questioni sistemiche è il primo ministro che interviene”.

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