Nel giorno in cui Atlantia scopre le carte sull’accordo siglato 10 anni fa con il governo per le concessioni autostradali (qui l’articolo con i dettagli), arriva un attacco su larga scala dell’esecutivo legastellato alle decine di concessionari italiani. Genova e la sua tragedia bruciano ancora troppo, motivo per il quale questo pomeriggio il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ascoltato alla Camera si è mantenuto sull’offensiva nei confronti di Autostrade ma non solo. In generale tutti i titolari di una concessione in qualche modo legata alle infrastrutture sono ufficialmente nel mirino.
Primo, il governo metterà al più presto mano alle concessioni più sensibili, opzionando laddove necessario la nazionalizzazione dell’infrastruttura o del servizio. Uno spettro agitato contro la stessa Autostrade proprio all’indomani del crollo di ponte Morandi. Per farlo Toninelli ha annunciato per settembre la convocazione in massa dei maggiori titolari di concessione in Italia. Missione non certo facile perché l’affidamento di una concessione è un contratto a tutti gli effetti con tanto di penali da pagare in caso di revoca prima della scadenza naturale.
Secondo, la stessa società controllata dalla famiglia Benetton per mezzo di Atlantia (partecipata al 30% dalla cassaforte di famiglia Edizione), dovrà fornire a Palazzo Chigi entro pochi giorni una relazione dettagliata all’esecutivo in cui indica gli interventi fatti sul ponte e i prossimi investimenti in materia di manutenzione viaria.
In mezzo a tutto questo, l’attacco frontale al sistema concessioni stradali inaugurato oltre 20 anni fa con il governo D’Alema. Toninelli è partito da basi numeriche, mettendo sul banco degli imputati il saldo negativo tra gli utili incassati da tariffe e pedaggi e gli investimenti stanziati. “I dati a disposizione evidenziano, nel corso degli anni, una progressiva riduzione di spesa, la quale è passata da un importo medio di 2 miliardi degli anni 2000 a 950 milioni del 2017”.
La spesa progressiva per investimenti nel periodo regolatorio 2008 – 2017, ha attaccato il ministro, “ammonta a 16,4 miliardi e risulta inferiore rispetto alle previsioni riportate dai Piani Finanziari nel medesimo periodo di riferimento, pari a 25,4 miliardi di euro, corrispondente ad una percentuale di attuazione del 64,87%. Questo dimostra ancora una volta l’esigenza di intervenire su un sistema malato, che non ha giustificazioni né corrispondenze negli altri Paesi europei”.
Poi l’affondo ai concessionari: “Questo governo farà di tutto per rivedere integralmente il sistema delle concessioni e degli obblighi convenzionali, valutando di volta in volta se l’interesse pubblico sia meglio tutelato da forme di nazionalizzazione oppure dalla rinegoziazione dei contratti in essere in modo che siano meno sbilanciati a favore dei concessionari”.