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Caro Padoan, l’Europa può sopravvivere solo crescendo. Firmato Savona

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Padoan chiama, Savona risponde. L”ex ministro dell’Economia per quasi cinque lunghi anni e il ministro per le politiche europee, teorico della nuova Europa, da far risorgere su nuove basi economiche e sociali. Ieri Padoan ha commentato dalle colonne del Foglio, il documento con cui Savona disegna il new deal europeo (qui il documento completo pubblicato su Formiche.net).

Attenzione, Padoan non è in totale disaccordo con Savona, anzi, condivide molto. Per esempio la necessità indicata dall’attuale ministro di una politica economica basata sia sull’offerta, sia sulla domanda ma anche il bisogno di investimenti pubblico e privati, che svolgono un ruolo centrale. Infine, Padoan si è detto d’accordo sulla governance europea, in particolare della zona euro, che deve essere modificata per sostenere queste linee programmatiche.

Savona però oggi sul Sole 24 Ore, nel rispondere all’ex responsabile del Tesoro, rileva i punti di minor contatto. Padoan, scrive Savona, “è in invece in dissenso sul ruolo che attribuisco alla Bce di operare al fine di azzerare gli spread sui tassi dell’interesse. E conclude (Padoan, ndr) la sua analisi ricordando ciò che l’Italia, invero con molto garbo omette di auto-citarsi, ha proposto per avviare a soluzione i tre punti di concordanza della nostra analisi. Tuttavia non concordo sul fatto che siano stati fatti passi avanti a Bruxelles o a Francoforte. La politica economica europea resta ancorata fermamente alle condizioni dell’offerta. Sarei tentato di chiudere questa mia replica affermando che sono d’accordo con lui, se non avessi il dovere di dire perché e precisare il quadro entro cui l’azzeramento dello spread si può realizzare”.

Savona entra dunque nel merito. “La mia tesi è che alla nascita dell’Euro-sistema furono commessi due errori: non furono assegnati alla Bce pieni e indipendenti poteri per esercitare le funzioni di prestatore di ultima istanza anche sui debiti sovrani, né furono sistemati gli eccessi di debito pubblico rispetto al 60% del Pil prima dell’avvio dell’euro. Draghi si è abilmente ritagliato la prima funzione dopo la crisi finanziaria del 2008, ma ha impiegato oltre tre anni per farlo, da cui deduco che non ha questo potere nei limiti quantitativi e temporali che vengono esaminati nel documento in questione”.

“Mi dicono che la Bce ritiene di averli e Lorenzo Bini Smaghi (ex membro del board Bce, ndr) si è fatto portavoce di questa tesi invitandomi a leggere lo Statuto della Banca centrale, cosa che ho fatto più volte per il dubbio che deve restare caratteristica di ogni persona non mossa da pregiudizi, senza trovare argomenti per cambiare idea, deludendo lui e le persone che la pensano come lui, che il mio obiettivo non è indebolire l’istituzione o negarne l’utilità. Sarei comunque curioso di conoscere perché egli reagisce all’idea di rafforzare i poteri della Bce senza discuterli, anche perché non sono solo quelli citati da Padoan”.

Spostando l’analisi sul discorso debito/pil “insisto che, se non vogliamo portare alla spaccatura dell’Euro-sistema e dell’Unione, si deve riuscire a innalzare e a far convergere i saggi di crescita reale degli Stati-membri, ossia avviare una politica economica che concili l’offerta con la domanda, preferibilmente dal lato degli investimenti. Occorre riaprire ovunque in Europa la speranza di crescita dell’occupazione e di tutela del welfare. Proprio ieri l’Interim Economic Outlook dell’Ocse insisteva che questa è la via di uscita dalla crisi deflazionistica mondiale causata dalla vecchia finanza sregolata e dalle nuove barriere tariffarie”.

Questo perché “se innalziamo la crescita reale e la facciamo convergere per tutti i Paesi membri con una buona politica fiscale, se sistemiamo razionalmente gli eccessi di debito pubblico sul Pil (il documento avanza una proposta) e manteniamo i bilanci pubblici in equilibrio, ossia facciamo crescere la spesa pubblica a ritmi inferiori al saggio di crescita nominale del Pil, vi è una forte probabilità che gli spread si azzerino. Padoan obietta che non esiste un clima politico adatto per sperare che la proposta venga accettata? Il clima lo creano i gruppi dirigenti, ossia è creatura politica non è nei fatti, ossia non è ineluttabile. Questa è la sfida che ci attende, ovunque siamo impegnati. Non si farà nulla? Il voto darà la risposta”.

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