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Ecco l’avviso (papale papale) degli Usa a chi fa affari con l’Iran

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A poche ore dall’apertura della 73° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il menu non sembra aver subito particolari modifiche. Tra i piatti forti della settimana di lavori ci sarà senz’altro la questione iraniana. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Bahram Qasemi ha confermato la presenza del presidente Hassan Rohani nella Grande Mela. Da quando è presidente, Rohani ha sempre partecipato alla sessione annuale dell’Onu, ma la sua presenza quest’anno non era affatto scontata. I rapporti fra Washington e Teheran sono all’osso da quando l’amministrazione Usa ha deciso di ritirare il Paese dall’accordo sul nucleare del 2015 (Jcpoa) e di dare il via a un embargo commerciale contro il regime dell’ayatollah Ali Khamenei. Il presidente americano Donald Trump condurrà i lavori del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul Medio Oriente con lo scopo dichiarato di portare all’attenzione dei presenti le preoccupazioni della Casa Bianca e dei suoi alleati circa l’espansione dei pasdaran iraniani nella regione.

Il clima alla vigilia è tesissimo. Su twitter va in onda da un paio di settimane un’invettiva del ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif contro Trump, accusato di “distruggere la credibilità degli Stati Uniti e dei loro alleati con piccoli giochetti” e di “fare il bullo” con gli Stati che fanno affari con Teheran.

Trump è troppo impegnato a seguire ora per ora l’evoluzione dell’uragano Florence e della macchina dei soccorsi, test cruciale in vista delle elezioni di midterms. Al ministro iraniano risponde a tono il segretario di Stato Mike Pompeo, che avvia soddisfatto il countdown per la seconda ondata di sanzioni secondarie su petrolio, energia e banche prevista per il 4 novembre. “Dal 4 novembre ci sarà un nuovo set di regole per chiunque voglia impegnarsi in un’attività economica col regime iraniano” – ha annunciato il n.1 del Dipartimento di Stato – “Diversi Paesi hanno già preso provvedimenti per abbandonare l’Iran”.

C’è spazio poi per una polemica tutta americana. John Kerry, segretario di Stato sotto l’amministrazione Obama, è finito nell’occhio del ciclone per aver incontrato alti ufficiali iraniani nel momento di massima tensione fra Washington e Teheran. L’accusa di portare avanti una “diplomazia ombra” è partita dallo stesso Trump, che ha twittato indignato chiedendo a Kerry se prima di convocare “davanti all’amministrazione Trump” gli ufficiali iraniani si fosse “registrato secondo il Foreign Agents Registration Act”, una legge risalente al 1938 che obbliga gli agenti stranieri a rendere pubbliche le relazioni, ed eventuali finanziamenti, con i rispettivi governi. Per tutta risposta in un’intervista alla Hbo Kerry ha definito  il presidente una persona “insicura come una ragazzina”, invitandolo a preoccuparsi piuttosto “dell’incontro fra Paul Manafort ((l’ex capo della sua campagna elettorale, ndr) con Robert Mueller“. “Ciò che John Kerry ha fatto con l’accordo sul nucleare iraniano, il primo sponsor al mondo del terrore, è incredibile, senza precedenti, contrario alla politica estera americana” – ha cinguettato Pompeo di rimando – “l’accordo ha fallito, lascialo andare”.

Scaramucce a parte, da Capitol Hill gli alti ufficiali del Dipartimento di Stato seguiranno con attenzione i lavori dell’Assemblea Onu, e soprattutto del Consiglio di Sicurezza. Sarà importante capire quanto efficace è l’effetto deterrente delle sanzioni secondarie Usa sui Paesi, alleati e non, che storicamente fanno affari con Teheran. Fra questi c’è l’Italia, che con l’Iran ha in ballo commesse e accordi commerciali non da poco. In un’intervista al Corriere della Sera l’ambasciatore Usa in Italia Lewis Eisenberg, da uomo di affari qual è, ha detto di comprendere le preoccupazioni italiane, ma ha anche fatto capire che il tempo stringe: “Con gli occhi dell’uomo d’affari, non del diplomatico, so che uno non vuole mai perdere affari, né in corso né futuri. In questo caso sono futuri. Ritengo che adesso l’Italia dovrebbe compiere ogni passo che può per proteggere se stessa. Riconoscendo che il 4 novembre diventeranno operative altre nostre sanzioni verso Teheran”. Il pacchetto di sanzioni secondarie annunciato dal Dipartimento del Tesoro Usa ha avuto l’effetto di mettere sull’attenti tanto gli alleati europei quanto potenze come Cina e India sul prosieguo degli affari con Teheran, costringendoli a un aut-aut cui è difficile sfuggire. Dal canto suo il governo Rohani ostenta una certa serenità. Il portavoce Qasemi questo lunedì ha annunciato che ci sarà a New York una riunione dei firmatari del Jcpoa, esclusi gli Stati Uniti, per discutere di come far rivivere l’accordo. L’Europa, ha aggiunto, si è mostrata disponibile a garantire l’accesso del petrolio iraniano nel Vecchio Continente. Sempre che trovino effettivo riscontro, le dichiarazioni del portavoce non saranno facilmente digerite dalla Casa Bianca.

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