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Il colloquio di Bergoglio con i gesuiti. Il primo abuso è quello di potere e di coscienza

coscienza papa

“Non sapevo che in Irlanda ci fossero anche situazioni di madri non sposate con figli alle quali hanno portato via i bambini. Ascoltare questo mi ha toccato il cuore in maniera particolare. Oggi la ministra per l’Infanzia e la Gioventù mi ha parlato di questo problema, e poi mi ha fatto arrivare un memorandum. Io vorrei chiedervi un aiuto speciale: aiutate la Chiesa in Irlanda a farla finita con questa storia. E cosa intendo per farla finita? Non intendo semplicemente voltare pagina, ma cercare rimedio, riparazione, tutto ciò che è necessario per guarire le ferite e ridare vita a tanta gente. La lettera che ho scritto di recente al popolo di Dio parla della vergogna per gli abusi. Voglio ribadirlo qui e comunicarlo a voi oggi. Io ho capito una cosa con grande chiarezza: questo dramma degli abusi, specialmente quando è di proporzioni ampie e dà grande scandalo – pensiamo al caso del Cile e qui in Irlanda o negli Stati Uniti –, ha alle spalle situazioni di Chiesa segnate da elitismo e clericalismo, una incapacità di vicinanza al popolo di Dio. L’elitismo, il clericalismo favoriscono ogni forma di abuso. E l’abuso sessuale non è il primo. Il primo è l’abuso di potere e di coscienza. Vi chiedo aiuto per questo. Coraggio! Siate coraggiosi! Davvero non riuscivo a credere a storie che ho visto ben documentate. Le ho sentite qui nell’altra stanza e sono rimasto commosso profondamente. Questa è una speciale missione per voi: fare pulizia, cambiare le coscienze, non aver paura di chiamare le cose con il loro nome.”

Così Francesco ha aperto il suo incontro privato con i gesuiti irlandesi il 25 agosto scorso. Anche questa volta è La Civiltà Cattolica a rendere disponibile la trascrizione di questo colloquio privato tra il papa e i gesuiti, come accade in occasione di tutti i suoi viaggi. In questo caso si tratta di un colloquio di grande rilievo e attualità per i drammatici sviluppi che la questione degli abusi ha avuto nei giorni successivi.

Dopo aver rinnovato il suo elogio del discernimento, categoria fondamentale per essere e rimanere liberi, visto che nel discernimento fatto davanti a Dio si manifesta lo Spirito Santo aiutandoci a trovare strade che altrimenti non avremmo né immaginato né percorso, il papa risponde ad alcune domande dei gesuiti presenti. E ovviamente il tema degli abusi sessuali è citato immediatamente. Brendan McManus chiede che cosa è possibile fare concretamente contro gli abusi. Il Papa risponde così: “Dobbiamo denunciare i casi dei quali veniamo a conoscenza. E l’abuso sessuale è conseguenza dell’abuso di potere e di coscienza, come dicevo prima. L’abuso di potere esiste: chi tra di noi non conosce un vescovo autoritario? Sempre nella Chiesa sono esistiti superiori religiosi o vescovi autoritari. E l’autoritarismo è clericalismo.

A volte si confonde l’invio in missione in maniera autorevole e decisa con l’autoritarismo. E invece sono due cose diverse. Bisogna vincere l’autoritarismo e riscoprire l’obbedienza dell’invio in missione.” Elitismo, clericalismo, autoritarismo: sono parole importanti che segnano una discontinuità evidente rispetto a vecchi sistemi di pensiero che, ad esempio quando esplose lo scandalo di Boston, denunciando la gravità dell’abuso sessuale sottolineavano comunque la necessità di contestualizzarlo, soprattutto in tempi che conoscono l’abuso sessuale in tante forme, purtroppo, alcune anche turistiche, ad esempio. Qui il discorso è molto diverso, Bergoglio cerca di sanare il problema ecclesiale indicando le cause interne di una erronea concezione che può determinare un accostamento all’abuso di potere e di coscienza, soffermandosi quindi su autorità e autoritarismo. La forza del rifiuto del clericalismo rinvigorisce la visione della Chiesa come popolo di Dio, quindi una Chiesa dove gli unti del Signore sono tutti i membri del popolo di Dio, quindi anche i laici.

L’incontro prosegue e un gesuita che ricorda al papa di essersi incontrato tanti anni torna sulle responsabilità dei casi di abusi. Francesco comincia a rispondere affermando che bisogna rendere conto delle responsabilità e farlo secondo la struttura propria della Chiesa, cioè delle Chiese locali. Ma entra nella stanza il responsabile del viaggio, che chiede al Papa di concludere l’incontro, perché si è in ritardo sulla tabella di marcia.

Il colloquio è breve ma di grande rilevanza perché ripropone a presbiteri i punti importantissimi della lettera che Bergoglio ha scritto a tutti i cattolici cileni dopo la nota drammatica vicenda di Osorno, poi estesasi. Lì Francesco afferma senza possibili equivoci che ogni battezzato deve essere coinvolto nello sforzo di rinnovamento ecclesiale. “E’ impossibile immaginare una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio. Di più: ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita.

Ciò si manifesta con chiarezza in un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa – molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza – quale è il clericalismo, quell’atteggiamento che “non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente”. Il clericalismo, favorito sia dagli stessi sacerdoti sia dai laici, genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo. Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo.” Passare al coinvolgimento vero e fattivo di tutti i battezzati nella conversione ecclesiale è la vera, grandissima sfida che l’oggi pone alla Chiesa cattolica.



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