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Berlusconi e Salvini hanno bisogno uno dell’altro. Parla Giovanni Orsina

Matteo Salvini aveva cercato di derubricarla a “incontro privato”. Ma la cena brianzola con cui Silvio Berlusconi lo ha incontrato nella villa di Arcore dopo un mese e mezzo dall’ultimo appuntamento è stata tutto fuorché un incontro di cortesia. La stessa scelta di presenziare dimostra che il segretario leghista non è ancora pronto a tagliare il cordone ombelicale che continua a legarlo, sia pure con rapporti di forza capovolti, alla famiglia del centrodestra. Anche la leader di Fdi Giorgia Meloni, che ha sofferto non meno di Berlusconi il protagonismo del “capitano” in questi mesi di governo, si dice soddisfatta del faccia a faccia. Sono tante, troppe le partite aperte dove il centrodestra può fare la differenza, Salvini questo lo sa. A cominciare dalla nomina di Marcello Foa alla presidenza della Rai, che per passare il vaglio della commissione vigilanza ha bisogno dei voti azzurri. Seguono i prossimi appuntamenti elettorali. Le elezioni regionali in Abruzzo e Basilicata. Poi le europee: l’alleanza italiana fra azzurri e leghisti si può ripetere fra Ppe e sovranisti all’indomani del voto? “Difficile fare previsioni, ma l’obiettivo è chiaro: gonfiare le forze populiste a tal punto che i popolari saranno incentivati, se non obbligati, ad allearsi con loro”. Giovanni Orsina è sicuro: popolari e populisti, forzisti e leghisti hanno ancora bisogno l’uno dell’altro. Ai microfoni di Formiche.net il politologo della Luiss, fine conoscitore del Cavaliere, si mostra cauto sulla tenuta del governo gialloverde. Ma su un punto non ha dubbi: Lega e Cinque Stelle stringeranno i denti fino al voto europeo. Quel che succede dopo è un’incognita.

Professore a Salvini conviene tenere in vita il centrodestra?

Secondo me sì. Avere una sponda costante nel centrodestra gli fa comodo per diverse ragioni. Anzitutto per la pattuglia parlamentare, che non è poco. Lasciamo stare i sondaggi: dentro al Parlamento, con il centrodestra, Salvini batte i Cinque Stelle 37% a 32%. L’alleanza con il centrodestra è una ciambella di salvataggio. Tenere un filo diretto con Berlusconi gli permette di tornare alla casa madre qualora le cose si mettessero male.

Come si sposano le esternazioni d’amore con i pentastellati e le cene ad Arcore?

È ovvio che Salvini continui a definire i Cinque Stelle “seri e preparati”, sono i suoi partner di governo. Ricordiamoci però che è fin dagli esordi del rapporto col Movimento che il leader leghista ha cercato di conservare il legame con Berlusconi, facendosi “concedere” da lui il permesso di trattare con Di Maio.

Insomma, secondo lei Salvini non vuole abbandonare Berlusconi?

Non ha motivo di farlo. C’è ancora la partita delle alleanze locali nei comuni e in regioni come Lombardia, Liguria, Veneto, Abruzzo, dove il centrodestra unito fa la differenza. Salvini ha una retorica da rottamatore, ma alla prova dei fatti mi sembra che cerchi sempre di evitare la rottura, se non è proprio necessario. In questo mi pare molto diverso da Renzi.

Di Maio, Salvini e Conte dicono che il governo arriva a fine mandato. Forza Italia ce la fa?

Mi sembra difficile immaginare che Forza Italia, per lo meno nella sua forma attuale, abbia cinque anni davanti. Regga o non regga, a ogni modo, la strategia di Salvini funziona comunque: se Forza Italia regge, può far comodo come alleato; se non regge, la Lega può porsi come erede naturale dell’elettorato azzurro. In ogni caso, non c’è uno scenario per cui a Salvini convenga rompere adesso. Nessun politico è così sciocco da anticipare oggi una decisione che forse non sarà necessaria un domani.

Berlusconi ha ancora qualche carta in mano?

Berlusconi può trattare ma da una posizione di debolezza. Salvini ha tutte le convenienze a tenere vivo il centrodestra, Berlusconi molto di meno, perché resta relegato a un ruolo di subordinazione.

C’è però ancora la partita delle nomine, a cominciare dalla Rai. In commissione vigilanza il voto azzuro per Foa può fare la differenza..

Esatto. Ci sono altre partite in ballo, non strettamente politiche. Non sarebbe strano se Berlusconi fosse spaventato dalle decisioni che i Cinque Stelle potrebbero prendere sulla governance della televisione.

Quali alternative ha il Cavaliere?

Nessuna. Staccarsi da Salvini per fare opposizione con Renzi sarebbe un ovvio suicidio politico. E poi su quale terreno la potrebbe fare? I migranti? L’Europa? Una via di uscita per Forza Italia sarebbe forse proporsi come partito moderatore delle spinte leghiste, che faccia da intermediario con il Partito Popolare Europeo. Ma resta comunque una posizione subordinata. E poi, a giudicare dalla cronaca degli ultimi giorni, direi che Berlusconi ha fatto un’altra scelta.

Cioè?

Su Orban Forza Italia ha seguito la linea dettata dal Carroccio. Così rischia di perdere qualsiasi possibilità di fare da trait d’union fra popolari e sovranisti, almeno nell’immediato.

A proposito di Orban, cosa si aspetta da Salvini in vista delle elezioni europee? Strappa Orban, Kurtz e Seehofer al Ppe oppure li lascia nel partito per poi allearcisi dopo il voto?

Non mi pare che Salvini intenda stipulare un’alleanza prima delle elezioni. La partita si giocherà tutta all’indomani del voto europeo. L’obiettivo è chiaro: gonfiare le forze populiste a tal punto che i popolari saranno incentivati, se non obbligati, ad allearsi con loro e non con socialisti e liberali. Non è una scommessa facile. Le analisi del Cattaneo, pubblicate a inizio luglio, danno il fronte sovranista intorno al 25%. Cifre importanti, ma lontane anni luce da una maggioranza assoluta, e forse nemmeno tali da consentire di condizionare i popolari.

Ma se i sondaggi stessero sottostimando la sfida sovranista?

Certo, se la quota sovranista dovesse essere significativamente superiore, il Ppe si troverebbe di fronte a una scelta molto difficile. In un caso e nell’altro, a ogni modo, il fronte di Salvini costituirà una minoranza difficile da ignorare.

Rimane un problema di fondo: nei popolari convivono Angela Merkel e Viktor Orban, Manfred Weber e Sebastian Kurtz…

Salvini vorrà giocare su queste divisioni interne al Ppe. Le elezioni in Baviera saranno un’importante cartina da tornasole per capire in quale direzione si orienta il partito.

Qualche ultima considerazione sul governo Conte. Secondo lei arriva a fine corsa o la coalizione si divide sulla legge di bilancio?

Lasciamo le predizioni a Nostradamus (ride, ndr). Mi sembra che ci siano tutti i segnali per la tenuta del governo fino alle europee. Qualche scricchiolio c’è, ma una volta passata la strettoia della legge di Bilancio il traguardo dovrebbe essere il voto per l’Europarlamento.

Crede anche lei che all’opera ci sia un “partito di Conte” trasversale alla coalizione che lavora per contenere le spinte eccessive?

Fin dai primi giorni post-voto mi è parso che, più che il governo giallo-verde, questo fosse il governo giallo-verde-Quirinale. Ministri come Tria e Moavero sono una chiara assicurazione di continuità. E Conte ha assunto il ruolo non facile di mediatore fra Cinque Stelle, Lega e Quirinale.

 

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