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L’Italia non fallirà e la fine del Qe non aprirà il baratro. Parla Davide Cipparrone

No, l’Italia non fallirà e l’Europa se la terrà anche bella stretta. I giorni difficili dello spread a 300 punti base sono alle spalle, almeno per ora, e allora forse è tempo di fare un po’ di chiarezza a 360° e capire se parole come debito, 3%, deficit fanno così paura oppure si possono in qualche modo esorcizzare. Formiche.net ha interpellato chi il mercato lo conosce bene, Davide Cipparrone, director  e partner del network Mangusta Risk Uk, che in questi mesi ha seguito molto da vicino i non sempre idilliaci rapporti tra mercati e Italia.

L’ITALIA? NON FALLISCE

“Bisogna fare un’operazione verità sull’Italia, che certo ha tanti problemi, a comincare dal debito, ma non per questo vuol dire che è condannata”, premette Cipparrone. “Ci sono delle ragioni tecniche e molto solide a giustificare questa visione. Tanto per cominciare l’Italia ha un bilancio trasparente con conti visibili a tutti e non come la Grecia che invece i suoi numeri li ha truccati. Questo è già molto perché tocca in pieno il tema della credibilità. Punto secondo rimane un Paese ricco e con un elevato appeal. Ma non è tutto”.

LA BCE CONTINUERÀ A PROTEGGERE (ANCHE) L’ITALIA

C’è un altro fattore che gioca a favore dello Stivale: qualcosa che si chiama Bce. “Un aspetto che finora è passato sottotraccia è che con la fine del Qe l’economia non entrerà in una fase restrittiva bensì rimarrà in un momento di grande espansione. E il motivo è questo. Finora per finanziare l’acquisto di titoli pubblici, tra cui i nostri Btp, la Banca centrale ha stampato moneta. Ora che il programma  sta ufficialmente per terminare, bisogna però tener conto dell’enorme mole di titoli acquistati che a loro volta garantiscono delle cedole, anche alla stessa Bce che li ha sottoscritti. E quando quelle cedole saranno staccate e dunque liquidate Francoforte si ritroverà in mano nuova liquidità con cui acquistare altri titoli. Insomma il circolo non si ferma. Certamente si smette di stampare moneta ma la sottoscrizione di debito da parte della Bce non si esaurirà con la fine del Qe. Per questo dico che anche l’Italia potrà continuare a contare su un ombrello che la ripari dalla speculazione”.

IL MITO DELL’ITALEXIT 

Un’ultima considerazione sempre in chiave ottimista riguarda il rapport tra Italia ed Europa. “In queste settimane abbiamo spesso sentito parlare di Italexit”, sottolinea Cipparrone. “Ma forse quando si parla di questo bisognerebbe fare attenzione. L’Ue non ha nessuna convenienza a far uscire l’Italia, è consapevole che non può permettersi di buttarla fuori. Stiamo parlando della seconda manifattura nel Vecchio Continente. Non si parla solo di soldi, ma di Stati, è differente. Senza considerare le enormi difficoltà tecniche che questo comporterebbe”.

CHE COSA HA FATTO (DAVVERO) SALIRE LO SPREAD

Però allora c’è un’altra domanda da farsi. E cioè, se davvero l’Italia è e rimane un pilastro dell’Unione e comunque non ci sono ragioni vere per immaginarne il default, perché nelle settimane passate lo spread ha dato la prova di un’effettiva scarsa fiducia nel Paese e nel suo governo. La lettura che dà Cipparrone è questa. “L’aspetto importante, da capire, è che per il mercato è l’incertezza il vero problema. L’investitore vuole innanzitutto capire che cosa vuole fare un governo, quali misure mettere in atto. In quest’ottica dire che voglio sfondare il 3% del deficit può sembrare meno grave di non far capire che cosa voglio fare. Far passare un messaggio incerto, con una comunicazione dubbia, mette l’investitore nelle condizioni di non sapere quanto può valere il titolo e dunque crea un’incertezza sul prezzo di quel titolo. Nel dubbio, chiede un più alto premio per sottoscriverlo e dunque lo spread sale. In sintesi possiamo dire che il rischio ha più chances di essere prezzato rispetto all’incertezza”.

ECCO COME RAGIONA IL MERCATO

L’esperto insiste. “Il mercato non è ideologico, è spartano, non gliene importa nulla del colore del governo o se Trump è bello o è brutto. Conta solo quello che fa. Se domani un altro governo fa un annuncio che appare come un qualcosa di assurdo, è possibile che il mercato ci creda e non si agiti più di tanto. L’importante è farlo e non far capire che non si sa bene cosa fare”.

QUEI 38 MILIARDI FUGGITI DALL’ITALIA

E che dire di quei famosi 38 miliardi disinvestiti a cavallo della scorsa primavera (maggio-giugno)? “I soldi per la verità hanno cominciato a uscire già da aprile, quando non era chiaro che tipo di governo si stesse delineando. L’incertezza ha innescato la fuga dei capitali e la monetizzazione del Btp. Se dal voto del 4 marzo fosse uscita una compagine governativa chiara, con un assetto stabile, i soldi sarebbero con ogni probabilità rimasti, a prescidere dal colore. Il mercato, come ho detto, dinnanzi all’incertezza si pone in questo modo: è come se dicesse ‘fammi intanto portare via i soldi, poi in caso li faccio rientrare’. Anche perchè non bisogna dimenticare che questo governo non è mai stato presentato così com’è ora agli elettori. C’erano la Lega e i 5 Stelle e correvano da soli, ora stanno insieme. Non era per così dire ‘prevista’ la cosa. Anche per questo il mercato si è in un certo senso spaventato.

UNA NUOVA VIA PER L’EUROPA?

L’ultimo pensiero è per così dire più politico. Cipparrone vede nell’operato del governo gialloverde un nuovo modo di rapportarsi con Bruxelles, che può per così dire contagiare anche le altre cancellerie europee. “Ho l’impressione che questo governo abbia aperto una nuova strada nel dialogo con l’Ue: battere i pugni, picchiare duro per ottenere delle cose. Lo hanno fatto per esempio sui migranti, ottenendo che delle navi andassero a finire in Spagna. E farà così anche sulla manovra. Picchierà duro, minaccerà, per arrivare a delle contropartite. E non saranno i soli a farlo”.

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