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I laburisti aprono al referendum bis sulla Brexit, ma Corbyn frena

Jeremy Corbyn vorrebbe disperatamente smettere di parlare d’Europa, anche perché i suoi piani tendono ad altro. Per il leader laburista, e i suoi più stretti consiglieri, la Brexit è una seccatura: è l’unico argomento che ritengono abbia il potenziale per far saltare in aria la strategia elettorale dei laburisti.
Corbyn non è mai stato completamente a suo agio con quest’Europa, e non ha mai fatto mistero del desiderio di abbandonarla. Corbyn è un ben noto euroscettico, ha votato contro l’adesione nel 1975, ha votato contro il trattato di Maastricht nel 1993 e ha votato contro il trattato di Lisbona nel 2009. Nel corso degli anni ha fatto una serie di commenti fortemente anti-Ue.

E anche se non tutta la sinistra inglese è esattamente d’accordo con questa visione delle cose, la squadra che segue il leader laburista ha da tempo concluso che opporsi totalmente alla Brexit sarebbe la via certa per uno scontro culturale deleterio per il partito. Il timore è quello di annichilire il semplice interesse economico tra gli elettori con nuove linee di divisione politica, forgiate intorno ai rischi di una perdita d’identità, che separano la leadership laburista da una parte della sua base appartenente alla classe operaia che ha appoggiato l’uscita dall’Ue.

Il mondo che gravita attorno al Partito laburista – fatto di sindacati, movimenti e associazioni, tra cui spicca Momentum, che con oltre 35mila membri rappresenta un bacino di consensi fondamentale per Corbyn – ha fatto sentire la propria voce. E dopo mesi di silenzi e dichiarazioni a mezza bocca, gli ambienti più vicini al segretario laburista hanno pronunciato la parola tabù, ovvero People’s Vote, che significa un secondo referendum sulla Brexit. Una contraddizione esplicita della linea ufficiale del partito.
Un calcolo che è stato espresso nel corso di tutta la conferenza di partito a Liverpool. Len McCluskey, il più importante sindacalista del Regno Unito, ha dichiarato che un’opposizione alla Brexit rischia di alienare gli elettori di cui Corbyn ha fortemente bisogno se vuole avere qualche possibilità di arrivare al numero 10. McCluskey è dell’idea che se i laburisti si rivoltassero completamente contro la Brexit, i Tories potrebbero ottenere solo consensi notevoli e a spese del Labour.

D’altronde il mondo che gravita attorno al Partito laburista – fatto di sindacati, movimenti e associazioni, tra cui spicca Momentum, che con oltre 35 mila membri rappresenta un bacino di consensi fondamentale per Corbyn – ha fatto sentire la propria voce. E dopo mesi di silenzi e dichiarazioni a mezza bocca, gli ambienti più vicini al segretario laburista hanno pronunciato la parola tabù, ovvero People’s Vote, che significa un secondo referendum sulla Brexit. Una contraddizione esplicita della linea ufficiale del partito.

Lo stesso Corbyn ha accennato a questo problema in un’intervista alla BBC domenica, “nella proposta di un secondo referendum, volevo riformare l’Ue [ma] il 40% degli elettori laburisti ha votato per andarsene”. Il cancelliere Ombra, John McDonnell, ha aggiunto: “Nessuna opzione è esclusa. È una discussione ipotetica… ma ci sarà un’ulteriore dibattito su ciò che può essere concordato in Parlamento sulla scheda elettorale del secondo referendum”. La resistenza morbida di Corbyn verso la Brexit stona con il sentimento dominante del suo elettorato. Finora, il calcolo politico dell’opposizione è stato quello di mantenere un orientamento ambiguo, non troppo distante da quello del governo, per non perdere i voti dei laburisti che avevano votato per il Leave. Inoltre, l’euroscettico Corbyn e il suo entourage – che fin dagli anni Settanta si battono contro la “tirannia di Bruxelles” – non avevano voglia di una battaglia in cui non credono fino in fondo. E la folta opposizione interna del leader laburista lo ha ripetutamente bersagliato per la sua opposizione giudicata troppo soft.
Allo stesso tempo, qualsiasi segnale che i laburisti facciano marcia indietro sul referendum sarà immediatamente preso al volo dal partito conservatore.

Il segretario per la Brexit, Dominic Raab, sempre domenica aveva dipinto la spinta a rovesciare il risultato del referendum come parte di un più ampio elitismo europeo. “L’Ue ha l’abitudine di respingere i voti democratici”, ha detto. “E una delle cose che dà veramente origine all’estremismo che stiamo vedendo alimentare i movimenti populisti attraverso l’Europa continentale, è quest’idea che quando le persone hanno la loro opinione, vengono rimandate al tavolo da disegno perché l’élite in Europa non ama la risposta”. E proprio questo aspetto provoca non poca riluttanza in Corbyn: non si opporrà mai in modo più duro alla Brexit.
Il sottosuolo laburista mormora sulla Brexit, ma non sarà facile fare cambiare la posizione di Corbyn. Innanzitutto perché il capo del partito difficilmente cambia idea su ciò che ha sostenuto – a torto o a ragione – per tutta la sua vita politica. Poi, rimane forte la tentazione di aspettare che il Partito conservatore anneghi nelle sue divisioni interne, senza riuscire a trovare un accordo sul divorzio con l’Europa.

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