Da 1.500 a 10mila unità. Così Bruxelles intende poteziare Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera guidata da Fabrice Leggeri, la cui struttura sarà al centro del vertice di Salisburgo di mercoledì e giovedì prossimi.
La decisione è informalmente stata presa dopo un pre vertice tra la cancelliera tedesca Merkel e il premier austriaco Kurtz e tra lo stesso Kurtz e il francese Macron. Obiettivo, disporre di più uomini e più mezzi anche per affrontare un altro nodo: quello del dialogo con i paesi africani.
BERLINO&VIENNA
La politica parla e decide, gli agenti operano in mare: ok all’implementazione di una struttura che dovrà, nel brevissimo periodo, avere una dotazione sensibilmente maggiore: è il punto di partenza della nuova strategia europea sui migranti, ma c’è un nodo secondo Merkel: manca un interlocutore unico africano che faccia sintesi su esigenze e prerogative e il rischio è che alla fine l’Ue dovrà parlare con 53 paesi. Con tutte le conseguenze del caso.
“Siamo d’accordo con le priorità della Presidenza austriaca nell’Ue, – ha osservato Merkel – e cioè che dobbiamo migliorare la protezione delle frontiere esterne. In questo ambito Jean-Claude Juncker ha presentato un pacchetto di proposte, che accolgo con favore. Allo stesso tempo, dobbiamo dare peso all’Africa nei paesi di origine. In questo contesto, è importante riconsiderare la questione e, se necessario, avere una divisione del lavoro, perché l’Africa ha 53 paesi e non si può trattare con tutti”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’omologo austriaco Kurtz: “Sosteniamo le proposte di Jean-Claude Juncker che raffigurano qualcosa che chiediamo da tempo, vale a dire il rafforzamento di Frontex con più personale, non in futuro, ma già nel 2020, nonché un’estensione del mandato affinché Frontex possa cooperare con i paesi di transito. Oltre a ciò, nel mese di dicembre convocheremo un incontro con i paesi africani insieme con il Presidente dell’Unione africana Kagame, dove approfondiremo la cooperazione tra i paesi africani e l’Ue”.
SALISBURGO
A Salisburgo si farà il punto sullo stato delle cose, sia alla luce dell’accordo Ue-Turchia che con le due macro incognite che si chiamano Siria e Libia: è stato calcolato che, in caso di attacco prolungato a Idlib, si causerebbe un movimento migratorio di almeno 80mila persone che, come primo approdo, finirebbero in Grecia, nelle isole dell’Egeo orientale. Un fazzoletto di acque dove già si registra un’emergenza certificata, come all’hotspot di Moria a Lesbos, dove a fronte di una capacità di 3000 migranti ve ne sono 5500 e complessivamente 9000 sull’isola, con un altissimo rischio per l’igiene degli ospiti e degli ospitanti.
Si tratta della ragione che ha portato il commissario Ue all’immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, a immaginare nuovi trasferimenti sulla terra ferma per liberare le isole in caso di arrivo in massa dalla Siria. Ma se il fronte siriano è tale ormai da mesi, è il nuovo caos in Libia a preoccupare analisti e militari. La nuova situazione creatasi prima e dopo l’attacco dell’Isis a Tripoli ha di fatto portato molte carovane migratorie a imbarcarsi in Tunisia.
NUOVO FRONTE
I primi 50 (su 184) migranti tunisini sbarcati venerdì scorso a Lampedusa a bordo di sette barchini, sono stati rimpatriati in volo da Palermo. La questione era stata anche oggetto di una polemica tra il Viminale e Tunisi, con quest’ultima che aveva chiuso a procedure velocizzate e a rientri non espressamente menzionati negli accordi in piedi con Roma.
Ma il filo con Tunisi si è incrinato: nelle prossime ore si terrà al Viminale il vertice tematico annunciato da Salvini ma senza la presenza dell’omologo tunisino Hichem Fourati che ufficialmente “non era a conoscenza dell’appuntamento”.
Dal primo gennaio 2018 ad oggi i migranti tunisini irregolari sono stati 3.515 di cui 1.703 non rimpatriati. Come dire che si è creato un corridoio in più per bypassare il caos libico. La nuova rotta punta alle coste dell’agrigentino, con piccoli barchini, come quello arrivato oggi nei pressi della riserva naturale di Torre Salsa.
Il dado però è tratto: dal momento che il fronte turco sembra reggere per via dell’accordo economico raggiunto con Ankara, è quello del nordafrica a preoccupare Kurz, che proprio per inaugurare una fase meno tollerante con sbarchi e con paesi di partenza poco collaborativi annuncia per il prossimo dicembre l’organizzazione di un vertice Ue-Africa.
“Vogliamo concentrarci sullo sviluppo economico”, ha detto il cancelliere dopo il faccia a faccia con Emmanuel Macron che invece ha richiesto il rafforzamento del meccanismo delle espulsioni per i migranti illegali.
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