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Draghi è (sempre più) Mr. Europa

Draghi

Draghi c’è. E meno male. C’era attesa per questo pomeriggio per l’audizione al parlamento europeo del presidente della Bce, prossimo a chiudere il programma di acquisto di titoli pubblici per sostenere i debiti sovrani dell’eurozona. Il messaggio arrivato da Draghi è risultato quanto di più rassicurante si potesse ascoltare. E cioè, anche se il Qe sta per concludersi, la Bce continuerà a vigilare sulla stabilità monetaria, riservandosi di intervenire prontamente nelle situazioni di crisi. Francoforte, insomma, continuerà a tenere alta la guardia.

“In linea con quanto deciso a Riga di ridurre il ritmo degli acquisti netti di titoli a 15 miliardi di euro a partire da ottobre sino alla fine dell’anno a questi punto prevediamo che, a condizione dei dati in arrivo che confermino le nostre previsioni a medio termine dell’inflazione, cesseremo gli acquisti”,  che questo però “non significa che la nostra politica monetaria cesserà di essere accomodante”. Il linguaggio è tipico della Bce, ma il senso è fin troppo chiaro.

Non è davvero mancato l’ottimismo nell’intervento di Draghi davanti alla platea del parlamento europeo. “A dieci anni dallo scoppio della crisi e dalle misure per farvi fronte, oggi il lavoro non è ancora finito ma stiamo raccogliendo i frutti dei nostri sforzi” con la “crescita positiva da oltre 5 anni, la disoccupazione al minimo da novembre 2008” e con il reddito disponibile delle famiglie “in crescita al tasso più alto da 10 anni”, ha chiarito Draghi.

Altro concetto, le politiche fiscali dell’eurozona, ancora troppo eterogenei nel Vecchio Continente. “I rischi per l’eurozona possono ancora essere visti come ampiamente bilanciati, nonostante siano diventate più prominenti recentemente le minaccia del protezionismo, delle vulnerabilità nei mercati emergenti e della volatilità dei mercati finanziari, oltre al fatto che le politiche fiscali in diversi stati membri dell’eurozona potrebbero essere meno neutrali di quanto atteso tempo fa”.

In ogni caso, se ci sarà qualcuno che dovrà sperare nella vigilanza della, Bce più degli altri, sarà proprio l’Italia, che sta già pagando il conto di mesi di spread fuorigiri. “Ho detto che le parole hanno fatto danni in Italia perché famiglie e imprese pagano tassi più alti di prima”, ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi. Sui nuovi prestiti “le banche hanno aumentato i tassi di un importo attorno ai 20 punti base soprattutto alle Pmi” e in misura simile alle famiglie sul credito al consumo”.


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