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Le elezioni amministrative in Israele: una nuova fase per la rappresentanza araba?

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In un Paese piccolo come Israele le elezioni amministrative sembrano avere poca importanza. Da qualche anno però le campagne elettorali delle maggiori città israeliane indicano cambiamenti sociali e politici di portata nazionale. Le elezioni a Gerusalemme, per esempio, dànno idea dei rapporti di forza tra laici, religiosi sionisti e haredim (anche ultra-ortodossi); a Haifa, tradizionalmente città “rossa”, si può capire l’indebolimento della sinistra a favore dei partiti di centro; a Tel Aviv si percepisce il futuro dei laici e ultra liberali. Quest’anno vi è un’altra novità, cioè una nuova organizzazione politica delle minoranze arabe. Per la prima volta parteciperà alle elezioni municipali di Gerusalemme la lista araba “Gerusalemme dei gerosolimitani”, e la lista araba alle elezioni di Tel Aviv-Giaffa, “La mia Giaffa”.

Dopo la Guerra dei Sei Giorni, Israele considera la città come unita e indivisibile. La popolazione araba di Gerusalemme costituisce circa il 40% dei residenti, che vive secondo uno statuto speciale. La maggior parte dei residenti arabi di Gerusalemme si considera palestinese e non accetta la cittadinanza israeliana, benché negli ultimi dieci anni sia aumentato il numero di richiedenti passaporto israeliano. La politica palestinese ha sempre rifiutato di riconoscere l’amministrazione israeliana, e per questo motivo la maggior parte dei residenti arabi non ha mai partecipato alle elezioni.

I quartieri arabi di Gerusalemme sono stati prevalentemente autonomi, con un proprio sistema scolastico sottoposto alle autorità palestinesi e un libero territorio di attività politica delle varie fazioni palestinesi. Dallo scoppio dell’Intifada Al-Aqsa, Israele ha progressivamente aumentato il controllo sui quartieri arabi, ma le differenze strutturali e sociali rimangono radicali. Solo il 9-11% (secondo diverse statistiche) del bilancio municipale è dedicato ai quartieri arabi. Il governo Netanyahu ha deciso di occuparsi della città con il programma “Portare il cambiamento”, inaugurato a maggio 2018 con un bilancio di circa mezzo miliardo di euro destinato al miglioramento delle infrastrutture (trasporti, scuole, strade, pianificazione urbana), alle attività culturali e all’adozione del sistema scolastico israeliano. C’è chi vede questa mossa come un passo per la “normalizzazione” e il consolidamento del controllo israeliano sulla città.

Non così Ramadan Dabbash, medico del quartiere arabo Sur Baher, che ha fondato un partito di gerosolimitani arabi per la partecipazione alla vita della città. Dabbash, che si è unito al Likud nel 2014, ha in programma un doppio cambiamento: portare al Consiglio Municipale la voce dei residenti arabi, delle loro esigenze e dei loro interessi, e cambiare la posizione politica di boicottaggio contro l’amministrazione israeliana. Dabbash potrebbe essere il primo consigliere arabo della città e il suo programma è molto pragmatico: pianificazione urbana, finanziamenti per scuole, reti di trasporto pubblico, servizi per giovani.

Intanto, l’organizzazione delle elezioni a Gerusalemme è stata criticata: solo 6 seggi sono stati aperti nei quartieri arabi, di cui 3 nel quartiere misto Bet Safafa e con i 3 rimanenti che dovrebbero servire 80,000 votanti l’uno (rispetto alla media di 2,000 votanti per seggio nei quartieri ebraici).

La seconda novità è a Tel Aviv-Giaffa, alle cui elezioni parteciperà la lista araba “La mia Giaffa” con due candidati, Abed Abu Shuhada e Lisa Hinania, giovani trentenni che vogliono rappresentare i residenti arabi della città. Alla presentazione del loro programma politico la scorsa settimana, i due candidati hanno specificato che intendono rappresentare tutti i cittadini di Giaffa, ebrei e arabi, ma con un particolare riferimento alla popolazione araba, marginalizzata da quelle che sono considerate politiche municipali discriminatorie.

Al contrario di Gerusalemme, Giaffa soffre meno di carenza di infrastrutture pubbliche, ma la differenza di investimenti nei servizi culturali ed educativi tra nord Tel Aviv e Giaffa è indice, secondo i candidati, di una discriminazione verso i cittadini arabi della città. Il loro obiettivo è riportare la comunità araba e la cultura araba al centro del discorso politico, sociale e culturale. Giaffa ospita varie istituzioni culturali che offrono servizi sia in ebraico sia in arabo, e ha visto di recente uno sviluppo delle iniziative sociali comuni. L’aspirazione dei due candidati è di riportare la cultura araba al centro delle attività culturali e politiche della città, dopo anni di marginalizzazione. In secondo luogo, i candidati sottolineano l’importanza dei servizi sociali alle fasce più deboli della popolazione araba che sono state spinte ai confini della città dopo la trasformazione del centro storico di Giaffa.

La partecipazione politica della comunità araba nella città di Haifa è invece consolidata. Per tradizione, uno dei vice sindaci è arabo e il consiglio comunale comprende sia consiglieri legati al partito arabo Balad (di ispirazione pan-arabista), sia consiglieri arabi del partito misto Hadash/Jabha. Quest’anno invece una candidata sindaca della comunità russa ha iniziato una campagna elettorale rivolta ai numerosi cittadini che vivono prevalentemente in circoli russofoni (asili, istituzioni culturali, negozi ecc.).

All’ombra delle numerose critiche sulla legge che dichiara Israele Stato-nazione del popolo ebraico e non fa menzione delle minoranze, c’è una mobilitazione politica delle comunità arabe per la rappresentanza locale che può andare oltre le narrative sull’identità e i discorsi sull’appartenenza nazionale.

Questo cambiamento potrà avere un effetto anche sui partiti arabi nazionali, spesso criticati dalle stesse comunità arabe per la loro maggiore attenzione alle questioni legate al conflitto e minore interesse ad avanzare le esigenze delle varie comunità di lingua araba.

Le nuove idee e i nuovi volti degli intraprendenti politici locali si focalizzano sugli interessi e i bisogni delle comunità. Tuttavia è ancora da vedere come saranno trattate le differenze socio-economiche tra le comunità cristiane e quelle musulmane, con diversi interessi e necessità. Rappresentare una comunità così diversificata è un complesso progetto politico che può unificare le diversità contro un comune avversario (le amministrazioni israeliane a Gerusalemme, il progetto sionista a livello nazionale, la narrativa ebraica a Tel Aviv), oppure può essere l’inizio di un’effettiva partecipazione che rappresenti un nuovo modello di politica delle minoranze.


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