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Fra il Colle e Salvini è guerra fredda sulla giustizia

C’è un principio che nessuno può violare, nemmeno il potere. E per difenderlo oggi è sceso in campo il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Alle cui parole hanno immediatamente fatto seguito quelle del vice premier Matteo Salvini. Il punto di partenza è quello della nave Diciotti per la quale il leader del Carroccio risulta indagato dalla procura di Palermo.

“Nessun cittadino è al di sopra della legge. La Repubblica e la sua democrazia sono presidiate da regole, il rispetto di queste è indispensabile, sempre, quale che sia l’intenzione di chi si propone di violarle”, ha detto Mattarella alla cerimonia in ricordo della nascita di Oscar Luigi Scalfaro. Al centro del suo monito l’importanza di una collaborazione tra i poteri dello Stato, il richiamo ad una giustizia senza aggettivi, né di destra né di sinistra, al di sopra delle parti come garanzia di imparzialità.

“È buona regola che i poteri statali non si atteggino ad ambienti rivali e contrapposti ma collaborino lealmente al servizio dell’interesse generale”, ha detto Mattarella. Poi ricordando le parole di Scalfaro, ha aggiunto: “Non potrà mai esservi giustizia di destra, di centro o di sinistra. Guai a porre a fianco del sostantivo giustizia un qualunque aggettivo. Alla base della democrazia due colonne stanno, entrambe salde: la libertà e la giustizia’”.

E se il Capo dello Stato non fa nomi, il leader della Lega si sente subito chiamato in causa e spavaldo fa cadere ogni dubbio: “Il Presidente Mattarella oggi ha ricordato che ‘nessuno è al di sopra della legge’. Ha ragione. Per questo io, rispettando la legge, la Costituzione e l’impegno preso con gli Italiani, ho chiuso e chiuderò i porti a scafisti e trafficanti di esseri umani. Indagatemi e processatemi, io vado avanti! Porti chiusi e cuori aperti”, ha scritto su Facebook il vicepremier e ministro dell’Interno.

Ed è richiamando la Costituzione che il Capo dello Stato fa sentire la sua voce per fare chiarezza. I magistrati non sono eletti dal popolo e non sono sottoposti al governo nella determinazione dell’azione penale, perché – come stabilito dalla Costituzione – queste prerogative sono garanzia di tutela della loro indipendenza, è il messaggio di Mattarella.

“Scalfaro – ha spiegato Mattarella riferendosi alla stagione di Tangentopoli – seppe tenere la barra dritta in un momento in cui il diffuso discredito dei partiti, con la diffidenza e la protesta dell’opinione pubblica, la crisi economica e monetaria, le bombe della protervia della mafia facevano temere il collasso del sistema democratico, trascinando, insieme al mondo politico, le stesse istituzioni della Repubblica”. “Tornare alla Costituzione – ha aggiunto – ai suoi valori autentici, ai comportamenti dei fondatori era, per lui, la strada maestra per recuperare efficacia e credibilità all’azione della politica. Riuscire a salvare le istituzioni repubblicane, e quindi l’equilibrio dei poteri disegnati dalla Costituzione, mentre tutto sembrava franare intorno a esse, fu la sua sfida: vinta. E fu anche il suo grande merito politico e istituzionale”. “Nel suo magistero presidenziale – ha ricordato il Capo dello Stato – il rispetto vicendevole tra i poteri dello Stato rappresentava, insieme, dovere istituzionale e condizione essenziale di buon funzionamento dello Stato. È buona regola, del resto, che i poteri statali non si atteggino a ambienti rivali e contrapposti ma collaborino lealmente al servizio dell’interesse generale”.

Per evitare il pericolo di “contaminazione di una ragion politica” Scalfaro si era opposto, nel corso del lavori della Costituente, “alla tendenza, espressa da parte comunista, che proponeva giudici eletti dal popolo, e contrastò quella di chi avrebbe voluto sottoporli al diretto controllo del ministero della Giustizia”. “Come hanno disposto i costituenti – ha sottolineato Mattarella – nel nostro ordinamento non esistono giudici elettivi (…) Non sono, quindi, chiamati a seguire gli orientamenti elettorali ma devono applicare la legge e le sue regole”. E queste regole “valgono per tutti, senza aree di privilegio per nessuno, neppure se investito di pubbliche funzioni; neppure per gli esponenti politici. Perché nessun cittadino è al di sopra della legge. La Repubblica e la sua democrazia sono presidiate da regole. Il rispetto di queste è indispensabile: sempre, quale che sia l’intenzione di chi si propone di violarle”.

Il vicepremier nei giorni scorsi ha duramente criticato i giudici per la sentenza sui fondi della lega e per le indagini a suo carico in particolare per la gestione della vicenda Diciotti, portando la polemica contro la magistratura a livelli altissimi. Per Salvini “c’è un pezzo di Stato che indaga un altro pezzo di Stato…”, e ci sono “giudici politicizzati non eletti da nessuno e che non rispondono a nessuno”.
Fin troppo anche per i colleghi di governo, da Luigi Di Maio al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che sono intervenuti a placare l’ira del vice premier chiedendo al collega leghista di non scatenare “una guerra” con i giudici e richiamando Salvini all’ordine: “Non scateniamo questa guerra con la magistratura o i cittadini ci diranno ‘state combattendo o state governando?'”, ha affermato Di Maio. “Mai ho inteso dire che tutti magistrati e giudici italiani fanno politica, che non lavorano o non sono obiettivi. Ma che ci sia qualche caso di giudice politicizzato mi sembra evidente. Mi è sembrata un’indagine molto curiosa, ma ho troppo rispetto per fare di tutta l’erba un fascio. Magistratura democratica? È loro diritto fare politica però poi se ne assumono la responsabilità se qualcuno gli dice che fanno politica”, aveva commentato Salvini intervistato da Mentana.

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