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Il governo non arretri in Libia. Parla Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia

Non arretrate di un metro. È l’appello che lancia Eni al governo italiano mentre la Libia prova a curare le sue ferite con una (esile) tregua concordata a Tripoli fra la Settima Brigata e le forze del governo di Fayez al-Sarraj con la mediazione del Segretario generale dell’Onu Ghassan Salamé. A Cernobbio, durante il Forum The European House Ambrosetti ospitato come ogni anno dalla splendida Villa D’Este, il presidente di Eni Emma Marcegaglia si dice ottimista ai microfoni di Formiche.net: “Il governo italiano si sta muovendo nel modo giusto, riteniamo corretta la scelta di rimanere in Libia”. Il timore di un incubo guerra civile alle porte dopo una settimana di scontri nella capitale in cui hanno perso la vita 61 persone impone una decisione tanto alla diplomazia italiana quanto ai suoi asset strategici nel Paese nordafricano, fra cui Eni, che in Libia è presente dal 1959 e vanta concessioni fino al 2042 per il petrolio e fino al 2047 per il gas.

È il caso di fare un passo indietro? Il mondo diplomatico ha per il momento risposto con un sonoro no. La Farnesina ha richiamato il personale non indispensabile dell’ambasciata italiana a Tripoli, minacciata questa settimana da un razzo Grad (che è atterrato senza danni sostanziali) ma non ha alcuna intenzione di chiuderla. Per conto suo il ministro degli Esteri Moavero Milanesi ha cercato di gettare acqua sul fuoco sulle tensioni con i francesi, accusati da una parte del governo gialloblu di destabilizzare intenzionalmente la Libia. Insomma, per il momento l’Italia resta a Tripoli. Una scelta netta che compiace i vertici di Eni.  “C’è una tregua, la situazione è migliorata, anche se l’emergenza rimane – ci spiega Marcegaglia – Abbiamo riportato i nostri espatriati in Italia. La produzione è rimasta sostanzialmente in linea con la precedente, non ci sono stati cali sostanziali, ovviamente se la crisi dovesse continuare un calo ci potrebbe essere”. Certo, rimane l’interrogativo sui progetti in fase di avviamento. È il caso, riferisce Milano Finanza (MF), del piano con cui Eni vuole ammodernare il parco centrali elettriche in Libia assieme alla società eletttrica libica Gecol. Marcegaglia mette le mani avanti: “La messa in funzione di nuovi progetti verrà ritardata. Il nostro gas alimenta le centrali elettriche libiche, ora il consumo di energia è diminuito e vengono meno le manutenzioni alle centrali”.

Non diverso il giudizio sulle mosse del governo espresso dal vice-presidente e direttore Relazioni Internazionali del Cane a sei zampe Lapo Pistelli, che affida a Formiche.net il suo appello a Moavero: “Non ci dimentichiamo che l’ambasciata italiana è una delle pochissime ambasciate aperte a Tripoli; nessun passo indietro, il governo fa bene a tenere la posizione”. Quanto al rischio sicurezza con cui deve fare i conti il gigante energetico italiano in Libia, riflesso in un leggero calo del titolo, Pistelli garantisce che al momento la presenza dell’azienda rimane solida. “Sono oscillazioni abbastanza regolari. Il fatto significativo è che da inizio anno il titolo ha avuto un rendimento sensibilmente superiore a quello della borsa di Milano e si colloca oggi fra le major al quinto posto mondiale. È un titolo solido, che aiuta la ripresa del prezzo al barile sui mercati generali, e lo conferma il collocamento di ieri negli Stati Uniti di bond a 5-10 anni che hanno avuto una domanda cinque volte superiore all’offerta”. Non preoccupa neanche la debolezza dell’esecutivo di Tripoli riconosciuto dall’Onu. Sarraj rimane l’unico interlocutore di Eni: “Premettendo che il nostro primo interlocutore rimane la Noc, ci tengo a dire che il rapporto con le autorità di Tripoli è sempre stato molto solido; la gran parte delle nostre attività sono collocate nell’Ovest e nel Sud del Paese, ad Est abbiamo solo alcuni impianti. Non siamo preoccupati. Abbiamo sempre usato cautela e abbiamo sistemi di sicurezza collaudati, guardiamo la situazione con molta attenzione ma siamo abituati a lavorare in Paesi complicati”.

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