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I francesi non possono essere giustificati sul deficit. Vi spiego perché. Parla Sommella

repubblicano macron

Italia e Francia mai così lontane, se il metro di misura è il deficit. Parigi ha appena annunciato che nel 2019 ridurrà le tasse ma ricorrendo a del sano disavanzo: per il prossimo anno Emmanuel Macron prevede tagli fiscali per 24,8 miliardi di euro, nel tentativo di dare impulso all’economia e creare più posti di lavoro.

Questa la manovra francese in sintesi: viene prevista un’ulteriore riduzione alle pensioni e alle prestazioni sociali mentre altri 4.100 posti di lavoro verranno tagliati nel settore pubblico solo nel 2019, in particolare nel ministero dei conti pubblici e del Lavoro (nel quinquennio saranno invece 120 mila). Inoltre, nella finanziaria, si prevedono imposte più alte sulla benzina e sulle sigarette. Numeri alla mano, si tratta di una manovra da 19 miliardi di tagli alle tasse per le imprese e di 6 miliardi di sgravi fiscali per le famiglie, compresa una sforbiciata alle imposte sulla casa.

Dove sta il problema? Per finanziare il menù, il deficit pubblico del Paese dovrebbe aumentare dal 2,6% del pil di quest’anno al 2,8% l’anno prossimo, comunque sotto al 3% ma ben oltre la soglia psicologica del 2,5%. Proprio mentre in Italia si discute se sforare o meno l’1,6%, il tetto che il ministro dell’Economia Giovanni Tria, vorrebbe fissare nel Def. Formiche.net ha interpellato sulla questione Roberto Sommella, giornalista e saggista, autore di diverse pubblicazioni sull’Europa.

Sommella, la Francia ha appena annuciato un probabile sforamento del deficit al 2,8% per finanziare un taglio strutturale delle tasse. Un’ipotesi che forse stona un po’ in un Europa che non indugia certo a chiedere all’Italia il rispetto dei patti di bilancio. Come stanno le cose?

Più che stonare è ingiustificata, anche se sappiamo bene che la finanza pubblica ormai è come la fisica, nulla si crea e niente si distrugge. La Francia da quando esiste il vincolo del 3% ed è entrato in vigore l’euro, raramente ha rispettato questo tetto, nonostante abbia un debito assoluto pressoché pari a quello italiano e vicino al 100% di Pil. A inizio millennio l’ha anche superato insieme alla Germania e mai nessuno che davvero la incalzasse. Unica vera differenza con l’Italia, che pesa sui mercati ma che è anch’essa ingiustificata, è la doppia AA assegnata dalle agenzie di rating contro la nostra tripla BBB. Ma siamo noi che dovremmo essere molto più alti in classifica e mi sorprende che nessuno lo reclami.

Il ministro dell’Economia Tria è impegnato in un delicato esercizio contabile per non oltrepassare la soglia del 2% del deficit sul Pil. Perché non può essere disinvolto come a quanto pare può essere Parigi?

Perché comanda da sempre il direttorio franco-tedesco, sia nell’imporre le misure dell’austerity, a Italia, Grecia, Portogallo e Spagna, sia nel chiudere un occhio sulle ristrutturazioni bancarie in Germania fatte con soldi pubblici (227 miliardi di euro) o sull’invadenza dello Stato nell’economia francese. Così non si può andare avanti. Da anni lo sostengo e lo scrivo, compreso nel mio ultimo libro in uscita Gli Arrabbiati, dove ho fatto qualche calcolo su vincitori e vinti in dieci anni da Lehman Brothers.

Cosa ha scoperto?

Dal 2008 ad oggi, l’Europa è divisa in due e distanziata da Usa e Cina. Il Pil della Grecia è ancora indietro del 24%, quello italiano del 6%. Tutto il resto è un segno positivo nell’ultima decade: Spagna +2% , Giappone +4,7%, Francia +6,7% , Germania +10,9%, Gran Bretagna + 11%, Stati Uniti + 14%, Irlanda +38%, per non dire della Cina, che ha più che raddoppiato la ricchezza nazionale. Decisamente qualcosa non ha funzionato nell’area euro, la turbofinanza e la digitalizzazione, combinate con le misure d’austerità targate Berlino, hanno creato queste faglie tra economie che hanno la stessa moneta. Occorre intervenire contro questi squilibri altrimenti tra meno di un anno saremo all’anarchia finanziaria.

L’annuncio francese riporta in auge il tema dell’Europa a due velocità, dei figli e figliastri. C’è chi può e chi non può… Eppure c’è chi parla necessità di rinsaldare l’Unione. Qual è il vero volto di Bruxelles?

Da europeista sono un po’ sconfortato ma intimamente convinto di una cosa: l’Italia è l’ago della bilancia, può staccare la spina o rianimare un’Unione Europea senza anima politica, a patto che vari riforme credibili e non faccia aumentare il debito con spese infruttifere che non incrementano la domanda interna e gli investimenti. A quel punto discutere di qualche decimale di Pil sarebbe grottesco. In gioco c’è l’Europa non la manovra di bilancio italiana.

La Francia il prossimo anno ha stimato una crescita (tagliata al ribasso ad agosto) all’1,7% contro l’1% italiano. Qualcuno potrebbe dire crescono di più, è giusto che abbiano più spazio sul deficit, dunque aumentando il denominatore possono tenere in equilibrio i conti. Ma tutto questo basta a giustificare una mossa impensabile in Italia?

No. L’Italia ha un grandissimo debito ma anche una ricchezza finanziaria che è il doppio. È vero, il debito va tagliato e l’evasione fiscale va perseguita senza quartiere, ma si devono anche permettere da Bruxelles misure per rilanciare la crescita. Se il governo Conte combinerà bene flat tax, riforma Fornero e reddito di cittadinanza può riuscirci. D’altronde sono anni che si fanno misure restrittive, perché non provarci? Non sarà affatto facile ma sarebbe scandaloso se qualcuno pensasse di lasciar fare tutto alla Francia, imbrigliando l’Italia. Dell’Unione Europea non resterebbe nulla.

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