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Divisi sì ma ora uniti per salvare l’Europa. Il leader che serve al Pd

Di Guelfo Guelfi
politica, pd, toscana,

Noi. L’Internazionale democratica futura umanità? Non ce la fa nemmeno a diventare una cosa di cui si discute: la data del Congresso del Pd. Il secondo partito del nostro Paese alle ultime elezioni, da cui è uscito pesantemente sconfitto, non risale all’attenzione se non di cronisti mesti che non hanno di meglio da fare che intingere il dito nella piaga. Oggi pare si acceleri, alcuni dicono si terrà a gennaio 2019. Ma quattro mesi sono sufficienti per trovarsi immersi in scenari sorprendenti. Non sappiamo chi siamo oggi, figuriamoci domani. D’altra parte quando si dovrebbe tenere? Quando si doveva tenere? Io non saprei. Il fatto è che non può essere ignorata la gravità della crisi, l’agenda delle cose che accadono, il rendiconto di fatti: modi, conseguenze che preoccupano fino allo spavento.

Si è detto che la crisi è nelle cose del mondo. Stanno male tutti. I cattivi pensieri si insediano un po’ ovunque e si dispongono in fretta a trasformarsi in pratica. Quindi un’urgenza c’è. Gli argini vanno costruiti ora. Fosse anche col secchiello e la paletta come chiudeva ieri Adriano Sofri. Già considerare il secchiello e la paletta ha il sapore di una battuta sarcastica ed invece cita uno dei tre articoli più letti in Cina al tempo della rivoluzione culturale: Come Yu Kung rimosse la montagna.

Questo significa tre cose. La prima è che una sconfitta come quella che abbiamo subito non si supera fingendo di non averne colpa. Brucerà a lungo. Senza scuse, senza sacrificio, senza pentimento, senza spirito di servizio non si va da nessuna parte. La seconda è che far spazio significa sostenere chi diverso ha la freschezza, la condizione, il coraggio. Farsi pesci nell’acqua, tanto per rimanere in tema e a Mao (dittatore capace di metafore fiorite). Promuovere e sostenere nella condizione di vita, di lavoro, di relazione sociale tutte le anse di resistenza, di proposta, di contro offensiva. La terza è sapere che non si è soli, che in ogni angolo del mondo la qualità della vita lotta per trovare se stessa, il suo cammino, il suo destino. Penso ai democratici ungheresi, ai turchi, ai polacchi, agli ucraini, ai curdi, ai democratici che persero cedendo il posto a Donald Trump.

L’elenco è lungo anche se io mi fermo. Non si salvano che pochi lembi di terra. Ovunque, in ogni angolo del nostro pianeta c’è la ragione e chi la sostiene. Ovunque c’è chi cerca, chi scava, chi percorre la strada. Ora non ho niente contro i convegni, le adunate.

Ci sono andato anch’io e credo che continuerò a farlo. Trovo solo, come dire? sproporzionata la malattia e l’atteggiamento di chi vorrebbe curare. Gli orfiniani, i franceschiniani, Zingaretti, Calenda, e Leopolda. In questi spazi quanti saranno i testimoni delle lotte per la vita impegnati in ogni parte del mondo che si proporranno al centro dei confronti? Pochi? Nessuno? Se potessi sognerei che invece coloro che qui si pensano leader, ancora leader, nonostante tutto leader, si mettano al telefono, intraprendano viaggi, inviino messaggeri, per avere al più presto un summit. Oggetto: l’Europa un continente da salvare. Ora, tutti insieme. Da quel pulpito potremo vedere come. E i distinguo andranno tenuti molto sotto controllo.

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