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Così il leader separatista filorusso Zakharchenko è stato ucciso a Donetsk

Il leader separatista ucraino, capo della Repubblica popolare di Donetsk (Dnr), Alexander Zakharchenko, è morto, ammazzato da un’esplosione che la sua portavoce ha definito “un attentato”. L’assassinio è avvenuto nel pomeriggio di ieri, attorno alle 5:45, in un locale di Donetsk, il Separ Cafe (dove Separ sta per separatisti, il posto si descriveva come il punto di ritrovo ideale per “incontri tra compagni combattenti”). Zakharchenko si trovava lì insieme a Alexander “Tashkent” Timofeyev, che della Dnr è il tesoriere, rimasto ferito insieme ad altre due persone.

La polizia ha fermato alcuni ucraini che sarebbero considerati i responsabili dell’attacco, ma sulla vicenda c’è molta poca chiarezza. La morte di Zakharchenko, storico leader dei ribelli filorussi, come ha detto Aric Toler, analista del sito di approfondimento Bellingcat, è il più importante evento che accade in Ucraina dal febbraio 2015 — quando dopo un anno di scontri furono firmati gli accordi di deconflicting a Minsk, rimasti non implementati dalle parti in causa (Ucraina, repubbliche separatiste, Russia).

Ci sono almeno tre ipotesi, tutte credibili, su chi sia stato l’autore dell’assassinio. In ordine sparso: l’intelligence ucraina potrebbe aver ucciso il leader separatista per tagliare la testa al potere interno alla Dnr, e renderla così più vulnerabile, anche in previsione dei conseguenti scontri per la successione; le faide interne tra leader separatisti, da tempo in lotta per il potere; un repulisti russo, perché rumors davano da un po’ Zakharchenko fuori dall’orbita di Mosca, che invece l’aveva sostenuto per anni. Poi c’è il complotto, immancabile in un contesto dove qualsiasi informazione passa pesanti filtri propagandistici e alterazioni: l’attentato è avvenuto a soli 400 metri dalla sede dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza europea che ha il compito di monitorare sul campo la situazione nel Donbas ribelle. C’è un nesso, dicono i teorici della cospirazione — è un caso, dicono le prove e la logica.

Kiev ha già dichiarato la propria estraneità sull’accaduto, ma non è certo un alibi: gli operativi dello Sbu ucraino (i servizi segreti interni) non sono nuovi a lavoretti clandestini. Una portavoce degli 007 dice che la morte è da ricercare nelle lotte interne “ai terroristi e ai loro sponsor russi” (per Kiev i terroristi sono i ribelli filo-russi, ndr).

La portavoce del ministero degli Esteri russo, la star della propaganda del Cremlino in certe situazioni, Maria Zakharova, ha invece già incolpato quello che a Mosca chiamano “il regime ucraino”, ossia il legittimo governo di Kiev. Ed è indirettamente un’altra dichiarazione sull’estraneità al coinvolgimento — il “partito della guerra” di Kiev “ha violato i suoi impegni di pace e ha deciso un bagno di sangue”, ha detto Zakharova.

Zakharchenko era un uomo chiave tra i ribelli filo-russi: fin dall’inizio ha svolto un ruolo centrale nell’operazione militare separatista sostenuta dalla Russia. All’inizio del 2014, subito dopo che il governo filo-russo dell’Ucraina era stato rovesciato dalla rivoluzione del Maidan, ha preso parte all’occupazione dell’amministrazione regionale di Donetsk da parte di persone che hanno dichiarato di protestare contro le nuove autorità filo-occidentali. Più tardi quell’anno, fu scelto come primo ministro della proclamata Repubblica popolare di Donetsk dal suo parlamento, il “Consiglio Supremo”.

Era stato nel ruolo da allora, assumendo poi il titolo di presidente, ed era tra i firmatari dell’accordo di pace in stallo siglato a Minsk. È stato ferito due volte in combattimento e sopravvissuto a un’esplosione di un’autobomba già nell’agosto 2014.

Zakharchenko non il primo leader a essere ucciso a Donetsk: nell’ottobre del 2016 toccò al mitico comandante “Motorola”, al secolo Arsen Pavlov, condottiero separatista saltato in aria nell’ascensore del palazzo dove viveva. A febbraio del 2017, un altro  importante comandante militare, “Givi”, Mikhail Tolstykh, è morto quando un Rpg è stato sparato contro la finestra del suo ufficio.

 


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