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Riforme, proteste e non-crescita: le tre spine di Macron

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Non solo una popolarità in ribasso per il Presidente francese Emmanuel Macron, ma una serie di concause che stanno determinando performances negative per l’economia francese. In primis le decisioni strategiche del governo che, in sostanza, hanno effettivamente accelerato il rallentamento dell’attività industriale, pesando sui consumi.

Sullo sfondo, un trend negativo caratterizzato dai numeri relativi alla crescita, dai cali di popolarità e dalla possibilitàò che alcune aziende possano guardare alla Germania.

TREND

I numeri dell’economia francese dicono che dopo un rialzo fatto registrare a fine 2017 e un tasso pari al 2,3%, la crescita è rallentata bruscamente nel 2018. Nel primo e nel secondo trimestre il Pil della Francia è cresciuto solo dello 0,2%. Due le cause: l’aumento del prezzo del petrolio, 7 punti in più rispetto alle previsioni, e il calo della domanda internazionale indirizzata alla Francia.

Il governo ha quindi ridotto la sua previsione per la crescita economica e aumentato le previsioni di debito e deficit, ammettendo così il momento critico. Ma c’è un annuncio che non è stato gradito dai francesi: Macron vorrebbe convincere gli elettori francesi, sempre più scettici, che la ricetta giusta per promuovere posti di lavoro e crescita passa per il taglio del deficit. Ma per quest’ultima manovra l’esecutivo ha già annunciato che limiterà le pensioni al di sotto dell’inflazione nei prossimi anni e rinvierà una riduzione delle imposte pianificata per le imprese. Di fatto un doppio colpo a cittadini e aziende che non l’hanno presa bene.

PREVISIONI

E’stato il ministro delle finanze Bruno Le Maire ad annunciare che il bilancio del 2019 si baserà su una previsione di crescita dell’1,7% invece del 2% come fatto trapelare la scorsa primavera. Per cui una crescita così più bassa rispetto a cinque mesi fa, osservano gli analisti, non può che essere direttamente proporzionale ad una variazione del deficit di bilancio, contribuendo ad alzare l’asticella dei sospetti sul reale stato di salute dell’economia francese, zavorrata dal debito nazionale che attualmente è al 98,5% del PIL (avvicinandosi pericolosamente alla soglia “simbolica” del 100%).

A non sorridere è anche il comportamento europeo del Paese, con il suo posizionamento dietro altre grandi economie del blocco valutario: circostanza che ha prodotto l’accumulo di ampi deficit commerciali e di bilancio oltre ad una disoccupazione elevata a lungo termine.

Poi Le Maire ha gettato acqua sul fuoco, aggiungendo che sì la crescita è “un po ‘inferiore alle attese, ma la crescita economica rimane solida, anche se penso che possiamo ancora fare molto meglio e accelerare il ritmo”. Ma il macro dato resta quello, anche nell’immaginario collettivo dei francesi.

Mentre nel giugno scorso il 54% degli intervistati dal sondaggista Kantar Sofres appoggiavano la politica macroniana, oggi sono ben sette francesi su dieci a criticarla. A incidere anche l’affare Benalla (atteso dall’audizione in commissione d’inchiesta parlamentare), le polemiche sulla piscina di Begancon e le dimissioni dei suoi due più fidati ministri Nicolas Hulot e Laura Flessel.

RIFORME

Un altro tassello utile a comprendere lo status quo della Francia si ritrova nel vademecum di riforme sul welfare promesse da Macron, che in questo anno hanno trovato la forte opposizione di lavoratori e cittadini scesi in piazza per protestare.

Le misure più controverse includono un tetto alle ammende giudiziarie commissionate dal tribunale per i licenziamenti, e una disposizione che consente alle piccole imprese di negoziare direttamente con i lavoratori non sindacalizzati. E’questo nelle sue intenzioni in primo passo per “rinnovare l’architettura del blocco economico” e riavviare l’economia della Francia, accanto all’aumento dell’innovazione e alla riduzione del ruolo dello stato nell’economia.

Non è facile “ma spero sia efficace”, disse Macron tempo fa alla rivista francese Le Point, aggiungendo che la riforma del mercato del lavoro è una riforma di “profonda trasformazione”. Il primo effetto è stato quello di tracciare un solco con il maggiore sindacato francese Cfdt, che si è sempre detto “deluso” dai cambiamenti.

Una situazione di tensione che si riflette nelle parole che ieri ha affidato ad una classe di studenti di Laval, dove era in visita quando ha detto: “Alcuni giorni sono facili, altri non lo sono.”

AGENDA

In questi giorni però Macron ha in agenda anche altre priorità, certamente non primarie come i conti pubblici, ma altamente significative come le nomine in seno all’Ue e le noie di politica interna.

Se dovesse essere un francese a succedere sulla poltrona di Mario Draghi alla Bce, Macron non si farà cogliere di sorpesa, per cui ha già pronta la lista dei papabili con tre nomi su tutti: il numero uno del Fmi Christine Lagarde, il governatore della Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau, e il membro del consiglio esecutivo della Bce Benoit Coeure.

Inoltre a novembre ci sarà la delicata visita a Cipro dove incontrerà Nicos Anastasiades, con cui farà il punto sulle indagini di Total nella Zee del gas.

twitter@FDepalo

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