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Maduro, i militari spiati e la strategia (smart) degli Usa

Lo scorso fine settimana, il quotidiano The New York Times ha svelato una serie di riunioni segrete tra ex comandanti venezuelani e rappresentanti del governo americano (qui l’articolo di Formiche.net). Intitolato “Il governo Trump ha discusso un possibile colpo di Stato con militari ribelli in Venezuela”, l’articolo lasciava aperta l’ipotesi di un intervento militare nel Paese sudamericano come soluzione alla crisi politica e umanitaria.

Tuttavia, per Francisco Toro, opinionista del quotidiano The Washington Post, la dinamica è stata ben diversa. Sono stati gli ufficiali militari a cercare il contatto con i diplomatici americani: “In tre diversi incontri, i funzionari americani si sono seduti e hanno ascoltato i cospiratori, ma non hanno raggiunto alcun accordo con loro e non hanno offerto alcun sostegno […] Ben lontano da una dimostrazione di aggressività da parte degli Usa in Venezuela, la vicenda dimostra come funzionari dell’amministrazione Trump cercano di mantenere la pace”.

È vero, l’istinto di Trump è quello di colpire il regime di Maduro, ma l’entourage della sicurezza americana, dal Dipartimento di Stato al Pentagono, fa resistenza. Intervenire in maniera violenta – diretta o indirettamente – in Venezuela sarebbe mettere a repentaglio anni di impegno e lavoro diplomatico per ricostruire l’immagine degli Stati Uniti.

Oltre al fatto che, secondo Toro, l’ipotesi di mettere in scena un colpo di Stato contro Maduro è – e rimarrà – praticamente impossibile: “Il corpo di ufficiale militare venezuelano è probabilmente uno dei corpi più intensamente spiati sulla terra. Per volere di Maduro, il governo lavora a stretto contatto con l’agenzia di intelligence di Cuba, G2, che ha agenti incorporati nell’esercito, ministeri e agenzie”. L’addestramento è dei migliori: la Stasi della Germania Est e dal KGB. Quella di Cuba è un’operazione di sorveglianza comunista intensiva, come quella vista nel film Le vite degli altri”. È dunque praticamente impossibile per i militari venezuelani comunicare fra loro senza essere ascoltati. La prova di questo è che tra le richieste fatte agli americani c’era proprio il sostegno logistico con radio criptate.

Tuttavia, i funzionari americani hanno agito strategicamente. “Consapevoli del fatto che i militari venezuelani che chiedevano aiuto erano probabilmente corrotti, o coinvolte nel traffico di droga o di violazioni dei diritti umani (o tutti e tre), i funzionari sono stati prudenti – si legge nell’articolo del Washington Post -. Si sono seduti, hanno ascoltato con intelligenza. Preoccupati di essere coinvolti, si sono allontanati da un piano che probabilmente avrebbe fallito. Grazie a Dio”.

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